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PORTAFOGLI ANTIRECESSIONE – Oro, poche azioni e nervi d’acciaio

I mercati archiviano con sollievo il miglior agosto degli ultimi cinque anni ma il futuro resta molto incerto – Gli avvertimenti di Pimco – Perchè l’Italia e l’Europa riscuotono poca fiducia: i mercati vogliono quattrini e non chiacchere – Inevitabile restare liquidi e corti – Le azioni da comprare e la riscossa dell’oro.

PORTAFOGLI ANTIRECESSIONE – Oro, poche azioni e nervi d’acciaio

Il segnale che la febbre è sempre in agguato è scattato nel bel mezzo di una seduta sonnacchiosa e vacanziera, vigilia dell’ultimo week end di estate. Già, perché tra sette giorni gli operatori di tutto il mondo, incuranti dei vari fusi orari, saranno sintonizzati su Jackson Hole, Wyoming, terra di orsi e di cervi, dove Ben Bernanke illustrerà le strategie della Federal Reserve per l’autunno e non solo. Nel frattempo, i mercati finanziari archiviano con un sospiro di sollievo il miglior agosto da cinque anni a questa parte.

Ma si fanno ben poche illusioni sul prossimo futuro, come dimostra il balzo in avanti dello spread dei Btp italiani, da 408 a 433 punti base in pochi minuti, dopo che si era diffusa attorno a mezzogiorno la notizia che la Spagna si stava accingendo a chiedere l’intervento del fondo salva Stati. Il rumor è presto rientrato, ma lo spread no. A dimostrazione che gli operatori nutrono ben poca fiducia sul futuro di Eurolandia. E sul futuro dell’Italia in particolare.

Ben pochi mettono in discussione l’impegno del governo Monti o la risposta del Paese ad una cura feroce, ma questo non basta a smuovere gli scettici. Come ha dichiarato al Corriere della Sera Andrew Balls di Pimco, uno dei luogotenenti del leggendario Bill Gross, “E’ impossibile stabilizzare il debito con rendimento dei Btp decennali al 5,5-6% e una crescita nominale del Pil, inflazione inclusa, praticamente a zero. E’ matematica”.

In maniera assai più sanguigna, lo stesso Bill Gross si è espresso così sul Financial Times: “Sapete cosa vogliono da voi, cari investitori, i vari Hollande, Merkel e così via? Vogliono i vostri soldi. Vogliono che voi, illusi da piani, strategie ed accordi vari, mettiate i vostri soldi al posto dei loro. Ma siamo seri: è già difficile pensare che il debito italiano sia sostenibile, con questi tassi di crescita, anzi di decrescita dell’economia, con interessi al 4 per cento. Figuriamoci al 6 per cento”.

Parla così un signore che amministra prodotti finanziari di debito pubblico e privato per 1820 miliari di dollari, ovvero poco meno del debito pubblico italiano. Un signore che, per nostra fortuna, non sempre ci azzecca: Pimco aveva previsto il declino del debito pubblico Usa, sotto la scure del debito. Ma da allora, dai tempi della retrocessione operata da S&P, i Bond Usa sono andati a gonfie vele. Detto questo, difficile ignorare i messaggi di Pimco:
1) i mercati non si accontentano più delle chiacchiere. O l’Europa mette in campo, attraverso l’azione di Mario Draghi, quattrini veri oppure continuerà la fuga dalle aree a rischio dell’Eurozona;
2) la tregua di agosto ha retto grazie all’annuncio della Bce su prossimi acquisti di titoli italiani e spagnoli a due anni. Ma l’operazione, se non sarà sostenuta da una strategia più ampia rischia di essere controproducente.
Se la Bce si limitasse a comprare titoli a breve – commenta Balls – in realtà starebbe dicendo che crede che ci sarebbe un rischio di credito sui titoli a lungo termine”;
3) in una situazione di recessione, i titoli di debito sono meno sicuri dei beni reali. Non a caso, da un anno le gestioni di Pimco comprendono anche fondi azionari.

E’ in questa cornice che Piazza Affari si accinge a vivere gli ultimi 100 giorni del 2012: il rally di agosto ha permesso,in pratica, di azzerare le perdite accumulate dai listini da marzo in poi. Ma il rimbalzo ha solo parzialmente compensato il “gap” che separa la Borsa italiana dal resto d’Europa, come dimostrano gli indicatori di bilancio. Prendiamo, ad esempio, il caso della Fiat che, nonostante lo scivolone di ieri, chiude l’ultimo mese con un rialzo di poco superiore al 14 per cento: il rapporto tra il Tev (Total Enterprise Value) e l’Ebitda (margine operativo lordo) , che misura la redditività aziendale è pari ad un terzo circa della media dei concorrenti europei, compresi quelli che se la passano peggio del Lingotto.

Guai a sopravvalutare l’analisi fondamentale in una congiuntura così esasperata. Ma è un fatto che nella Borsa italiana non mancano di certo le storie di ristrutturazione, magari appena abbozzate. E’ questo, ad esempio, il caso di Monte Paschi, che ha appena avviato un’operazione di cambiamento in profondità, che investirà anche il ruolo dell’azionista di riferimento. Certo, l’economia in recessione non offre spazi di crescita generalizzata, ma si possono individuare storie di turnaround in tre categorie:
a) i titoli con forte vocazione all’export, meglio se bilanciati tra mercati americani ed asiatici. Un occhio particolare lo meritano le aziende con una forte esposizione al mercato russo, che si sta aprendo al Wto.
b) I gruppi in via di ristrutturazione, con un occhio di riguardo a chi saprà vendere gli asset “no core” con una plusvalenza sui valori di carico. Come dimostra la vicenda di Prelios e di Risanamento. Può essere il caso delle Generali, ma la vera scommessa a rischio potrebbe essere proprio la Fiat, vuoi nel caso (improbabile) di una cessione dell’Alfa vuoi nell’eventualità (più concreta) che Sergio Marchionne riesca a piazzare uno stabilimento italiano a gruppi stranieri (Pomigliano a Mazda, in particolare).
c) le (poche) aziende che trarranno immediato giovamento dall’apertura dei cantieri delle grandi opere, dell’avvio dell’agenda digitale e di quanto potrà essere deciso dal governo in tempi stretti.

I prossimi saranno, insomma, mesi turbolenti ma non privi d’opportunità. Da affrontare con estrema prudenza, vista la mole impressionante di incognite di questo finale d’anno bisesto, il sesto della grande crisi. E’ inevitabile restar liquidi e “corti”, limitando le sortite ad una quota limitata del portafoglio. Consapevoli che buona parte del futuro dell’eurozona si gioca a settembre. Sarà decisiva la decisione della Consulta tedesca del 12 settembre sulla legittimità dell’Esm, cui la Merkel fornirà 190 miliardi sui 700 a disposizione della Bce. Facile che la Bce sveli la sua strategia anti spread solo dopo la sentenza di Karlhsrue, in prossimità di una decisione (o dell’ennesimo rinvio) sula Grecia. In mezzo, facile previsione, a numerose sortite di segno opposto di falchi e colombe in volo a pochi mesi dalle elezioni tedesche. Inutile farsi illusioni: sarà una navigazione ad alto rischio anche perché la riduzione dello stock di debito richiederà molti anni anche in presenza di una monetizzazione che alla fine risulterà essere piuttosto aggressiva.

Non ci saranno solo problemi strutturali, ma anche questioni di congiuntura politica. L’avvicinarsi delle elezioni farà crescere in Germania la tentazione di dire e fare di nuovo qualcosa di ostile ai grandi debitori. In America il fiscal cliff si avvicina in un clima pessimo di colpi bassi tra i contendenti per la Csa Bianca che hanno investito lo stesso Ben Benanke. Dalla Cina arrivano notizie allarmanti sulla gravità della recessione in atto che presto andranno a combinarsi con la fase cruciale delle alleanze in vista del congresso del Pcc.

In questo quadro, forse, il vincitore potrebbe rivelarsi l’oro che nelle ultime settimane ha dato cenni di grande vitalità. Il salto di qualità delle politiche monetarie e l’avvicinarsi della fine dell’anno, tradizionalmente favorevole, potrebbero restituirgli almeno parte del lustro

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