Al vertice della Banca Popolare di Vicenza, che per effetto del decreto Renzi, è obbligata a trasformarsi in spa entro 18 mesi, è crisi aperta. Salvo colpi di scena, il dissidio tra la vecchia guardia capitanata dal presidente e padre-padrone Gianni Zonin (77 anni) e la nuova generazione rappresentata dall’ad Samuele Sorato (54 anni) è destinato ad arrivare al redde rationem nelle prossime ore e tutti i pronostici della vigilia dicono che martedì, dopo l’incontro in agenda con Zonin, Sorato rassegnerà le dimissioni.
Al posto di Sorato il presidente sarebbe intenzionato a far tornare per terza volta un banchiere di lungo corso come Divo Gronchi.
Nubi oscure incombono dunque sul futuro della Popolare di Vicenza, che, secondo quanto scrive oggi il “Corriere della Sera”, è meno roseo di quanto appare e che, dopo la pesante svalutazione delle azioni, ha comunicato ai sindacati la chiusura di 150 delle 654 filiali attuali e 200 esuberi su 5.500 dipendenti.
Le difficoltà che incontra la bancadi Zonin, su cui pesa anche un’indagine della Consob, pare destinata ad allontanare forse sempre la prospettiva di un matrimonio con Veneto Banca, i cui vertici non hanno mai mostrato di gradire particolarmente nel tinmore di una cannibalizzazione vicentina e di eccessive sovrapposizioni tra due banche adiacenti.
Le prossime ore saranno comunque decisive per la Popolare di Vicenza e per l’impero bancario di Gianni Zonin che mostra ormai più di una crepa, che non potrà più essere nascosta dallo scudo del voto capitario, abolito dalla recente riforma Renzi delle maggiori banche popolari.