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Popolare di Bari, il peso della mancata spa e le nostalgie della Casmez

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Vicine al territorio” è da sempre l’imperativo dei partiti dell’industria bancaria, Abi in testa, delle Fondazioni bancarie e dei movimenti cooperativi. Un imperativo che non solo ha ostacolato la riforma e ristrutturazione del sistema bancario italiano, ereditato da una economia chiusa e largamente a preindustriale, ma ha anche causato i più drammatici fallimenti, come dimostra il caso della Banca Popolare di Bari. Si aggiunga che lo stesso imperativo da sempre ostacola la trasformazione in società per azioni delle banche popolari, le casse di risparmio e le banche di credito cooperativo.

Non vi nulla da stupirsi se la “vicinanza al territorio” con lo sviluppo degli affari si sia trasformata in “amicizia” con il territorio e in analoga amicizia con prenditori di fondi che non avrebbero superato i requisiti minimi di affidabilità imprenditoriale e patrimoniale. Il rifiuto di molte istituzioni creditizie, come la Popolare di Bari, ad adottare la veste giuridica della società per azioni sottende la volontà di mantenere assetti di governance meno trasparenti e più favorevoli alla compromissione con i desiderata di imprenditori incapaci o collusi con interessi indecifrabili e con la politica del territorio.

Non deve dunque stupire che da molte parti politiche, grillini in testa, si auspichi l’istituzione di una banca pubblica per il Mezzogiorno che dovrebbe nascere sulle ceneri della banca popolare di Bari anche per garantire la “presenza sul territorio” ereditata dalla defunta banca popolare. Si porrebbero così rinverdire i fasti e i nefasti della Cassa per il Mezzogiorno.

Meglio sarebbe che il governo, educato dalla cocente esperienza della popolare di Bari, adottasse alcuni provvedimenti che imponessero:

  1. l’immediata adozione della veste della spa a tutti gli istituti di credito ancora riluttanti come la BCC-Banche di credito cooperative e le Banche popolari ancora resistenti;
  2. imponesse l’adozione di valori patrimoniali minimi tali da favorire l’aggregazione e la crescita dimensionale degli istituti di credito più piccoli ragionevolmente più esposti al rischio di controparte, a quello operativo e procedurale nell’erogazione del credito;
  3. eliminare dai testi unici bancari e finanziari le norme speciali per gli istituti di credito che ne limitano la contendibilità chiudendo entro mura non scalabili assetti proprietari e di governance inefficienti nell’erogazione del credito.

Infine, nel caso della Banca Popolare di Bari, per il rispetto presente e futuro dei contribuenti italiani, dopo avere effettuato il salvataggio e la necessaria adozione della veste della spa, offrila, con iniziale offerta pubblica di vendita, a investitori privati che superino la soglia del 30 per cento. Ciò consentirebbe di realizzare entrate da assegnare alla riduzione del debito pubblico. Ne soffrirebbe la “vicinanza al territorio”, ma ne guadagnerebbe l’esercizio del credito da erogare secondo le necessità del territorio e non secondo le convenienze relazionali.

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