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Pop Vicenza e Veneto Banca: tutte le tappe dell’operazione Intesa

Dopo la disponibilità espressa dalla banca guidata da Messina a rilevare le due banche venete, restano da risolvere i problemi legati al perfezionamento dell’operazione (dagli Npl agli esuberi), a partire dal decreto che deve dare veste giuridica all’intervento statale per finire con la nuova autorizzazione di Bruxelles

Pop Vicenza e Veneto Banca: tutte le tappe dell’operazione Intesa

Intesa Sanpaolo è disposta a fare la sua parte. L’acquisto di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca avverrà però solo a precise condizioni, con determinate garanzie e soprattutto riguarderà solo la parte sana dei due istituti veneti, al resto dovrà pensarci il Governo.

Esclusa sin dall’inizio qualsiasi tipo di operazione che vada ad intaccare il coefficiente patrimoniale (Cet1) o che incida sulla politica di dividendi intrapresa da Ca’de Sass. Di un eventuale aumento di capitale, come fatto per esempio da Banco Santander per l’acquisto del Banco Popular, Carlo Messina non vuole nemmeno sentire parlare.

L’offerta approvata ieri, 21 giugno, dal cda di Intesa prevede inoltre che l’acquisizione avvenga “a fronte di un corrispettivo simbolico”. La prima banca d’Italia è dunque disposta ad intervenire per salvare il salvabile, ma non ha nessuna intenzione di rimetterci.

BANCHE VENETE: CHI PAGA PER GLI NPL?
Per questo motivo sono già in molti a pensare che l’operazione potrebbe imitare quella già realizzata da Ubi Banca per l’acquisto di tre delle quattro Good Bank (Banca Etruria, Banca Marche e CariChieti), ma con una differenza sostanziale. In quel caso per le bad Bank, ovvero il veicolo in cui confluiscono gli Npl e le attività in perdita degli istituti, pagò il fondo Interbancario (Fitd) finanziato dalle banche italiane. In questo a metterci i soldi dovrebbe essere il Tesoro. Cinque miliardi ci sono già: le risorse che il MEF aveva pensato di utilizzare per la ricapitalizzazione precauzionale dei due istituti veneti adesso potrebbero servire per le bad bank. Ma per coprire l’intero ammontare dei crediti deteriorati in pancia a Pop Vicenza e Veneto Banca ce ne vogliono altri cinque, che al momento non si sa come e dove verranno reperiti.

BPVI E VENETO BANCA: LA NORMATIVA
Questo uno dei primi problemi da risolvere per portare a termine l’accordo entro luglio. Non solo, perché per arrivare al salvataggio dei due istituti si dovranno superare diversi passaggi importanti, primo fra tutti la “cornice legislativa, approvata e definitiva” posta da Intesa come condizione imprescindibile all’acquisizione.

La questione in questo frangente è tutta politica. Come detto, per finanziare le bad bank sarà necessario un intervento statale. Il Mef non potrà però prendere neanche un euro dei 20 miliardi previsti dal decreto “salva risparmio” per aiutare le banche in difficoltà, a meno che non si intervenga con un ulteriore decreto che ne ampli il raggio d’azione, inglobando all’interno del nuovo provvedimento anche il decreto approvato la settimana scorsa che ha sospeso il rimborso degli 85 milioni del bond junior di Veneto Banca. In alternativa potrebbe arrivare un emendamento proprio al decreto di venerdì scorso nell’ambito del quale Pop Vicenza e Veneto Banca verrebbero messe in amministrazione straordinaria, scindendo gli asset tra good e bad bank. Entrambe le mosse, rischiano però di suscitare ulteriori polemiche politiche dopo quelle già vissute sotto Natale, che Governo e Partito Democratico vorrebbero evitare. Le avvisaglie della battaglia d’opposizione della Lega e dei Cinque Stelle, che sulle banche vendono demagogia a piene mani, ci sono tutte.

Nel frattempo in Veneto l’attuale gestione dei due istituti è ormai vicina alla conclusione. In base alle indiscrezioni, il cda della Popolare di Vicenza di martedì 27 giugno sarà l’ultimo prima della decadenza che porterà al passaggio di consegne ai commissari liquidatori la cui nomina viene considerata possibile in breve tempo. Per quanto riguarda Veneto Banca, si prevede di anticipare il cda indetto per luglio alla settimana prossima.

Per quanto riguarda l’iter di liquidazione della banca, sarà il ministro dell’Economia, su proposta di via Nazionale, a disporre con decreto l’operazione. A Bankitalia il compito di nominare i commissari liquidatori e il Comitato di Sorveglianza. 

IL NODO ESUBERI 
Il secondo passaggio da affrontare, non meno delicato del primo, riguarda gli esuberi. Anche in questo caso la domanda è: “chi pagherà per quanto accadrà?” Le stime degli ultimi giorni parlano di quasi 4mila persone a rischio, ma la cifra definitiva sarà impossibile da calcolare prima che tutti i dettagli dell’operazione vengano concordati. Intesa è già stata chiara: dovrà avere delle garanzie circa la “copertura degli oneri di integrazione e razionalizzazione connessi all’acquisizione”. La soluzione potrebbe dunque essere quella di rifinanziare il fondo esuberi, attraverso il quale gestire le migliaia di uscite sul tavolo.

IL VIA LIBERA DELLA UE
Ultimo scoglio da superare, ancora una volta aguzzo, sarà la Ue. Le Autorità comunitarie, non senza sforzo, avevano detto sì al vecchio piano, ma i cambiamenti nati in seguito all’offerta presentata da Intesa Sanpaolo all’advisor Rothschild richiederanno ulteriori riflessioni e il sì non è per nulla scontato. La Commissione Ue dovrà dare il via libera allo schema di liquidazione ordinata previsto per le due venete, accettando che le bad bank passino sotto il controllo diretto dello Stato in assenza di un burden sharing, condizione invece prevista dalla normativa comunitaria.

ATTENZIONE ALL’ANTITRUST 
Da non sottovalutare infine un possibile intervento dell’Antitrust nazionale. Nel caso in cui l’acquisizione andasse in porto, Intesa Sanpaolo potrebbe sbaragliare la concorrenza di tutti gli altri istituti nel Nordest. Agli sportelli già aperti (800), si sommeranno quelli di BpVi e di Veneto Banca e non è detto che Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato accetti la nuova realtà senza fiatare.

Nonostante la svolta sancita di Intesa, la strada che porterà alla risoluzione del caos veneto rimane ancora tutta in salita, anche perché i nodi sopra descritti dovranno essere risolti nel più breve tempo possibile allo scopo di evitare il crac definitivo. A differenza di quanto accaduto nel recente passato però, stavolta sembra esserci davvero una luce in fondo al tunnel.

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