Oggetto di desiderio, propaganda politica, spreco di risorse pubbliche o opera pubblica strategica con indubbi connotati ambientali? Nessun rappresentante politico in 65 anni è sfuggito alla suggestione di collegare la Sicilia alla terraferma con il ponte sullo stretto di Messina. Unindustria Calabria, Sicindustria, Confindustria Catania e Confindustria Siracusa ci credono ancora e ridanno attualità ad un progetto che renderebbe finalmente giustizia di mille illusioni.
In un dossier ricco di dati e valutazioni socioeconomiche, gli industriali ripercorrono gli incredibili passaggi della lunga e tormentata storia italiana, tragicommedia per il Sud. “Prenderò in seria considerazione la costruzione del ponte sullo Stretto di Messina”, ha detto pochi giorni fa Giuseppe Conte. Ma al premier, e non solo, Confindustria di Sicilia e Calabria ricordano che quell’illusione è costata fino a oggi 960 milioni di euro, ha coinvolto 300 progettisti, 100 tra società, enti e atenei. Mentre da Messina a Villa San Giovanni ci vuole ancora oggi un’ora di traghetto, se va bene. E le due sponde distano appena 3,3 km.
La cifra monstre, spiega il dossier, è stata calcolata dalla Corte dei conti. Una struttura pubblica – Società Stretto di Messina Spa – dal 1981, anno della sua costituzione, al 2013, anno della liquidazione, ha speso 958.292 milioni di euro. Ma anche la sua liquidazione è stata caricata sulle spalle dei contribuenti con quasi due milioni l’anno nel 2014 e 2015 e 1,5 milioni per il 2016 per spese e contenziosi. Sembrava finita, ma ancora mentre Conte diceva di voler prendere in considerazione l’opera, quella vecchia Spa “è attaccata al respiratore artificiale di un commissario liquidatore che percepisce un compenso annuo di 160 mila euro oltre alle spese legali di un contenzioso giudiziario con l’affidataria dei lavori Eurolink”.
Uno spaccato incredibile che ha attraversato governi di tutti i colori e che come opera pubblica strategica ha, invece, connotazioni ambientali sostenibili di indubbio valore. Dalla mobilità interregionale e nazionale agli spostamenti giornalieri, alla riduzione del traffico dei traghetti, al disinquinamento delle acque. Confindustria dice che il ponte può essere edificato in 6 anni con un costo massimo di 8,5 miliardi e un rendimento economico intorno al 9%.
Qualcuno a Roma è pronto a superare incertezze di qualsiasi tipo, a sfidare controverse concezioni sulle infrastrutture utili al Paese? Se sì, il dossier indica tre punti: un piano di date e scadenze certe e indifferibili; una tabella di marcia rigorosa con un sistema di responsabilità per gli impegni non mantenuti; un piano di spesa complessivo, comprensivo di finanziamenti pubblici e privati. Infine, visto che i Commissari non sono mai passati di moda, nominarne uno nuovo di zecca “che garantisca flessibilità e celerità e rispetto dei termini durante tutte le fasi di progettazione e di realizzazione”. Insomma, da ieri il premier ha un elemento in più per prendere una decisione definitiva è credibile. Dopo 65 anni.