L’economia polacca si è dimostrata relativamente resiliente nel primo trimestre del 2020, grazie principalmente a una struttura economica diversificata e alla scarsa esposizione ai settori maggiormente colpiti dalla pandemia. Il Pil è diminuito dello 0,4% rispetto al trimestre precedente, trainato da un calo significativo dei consumi privati, mentre gli investimenti sono diminuiti solo in misura moderata, dal momento che l’edilizia ha continuato a espandersi e la produzione industriale ha registrato solo una lieve contrazione. Dai dati della Commissione Europea, il Pil dovrebbe crollare nel secondo trimestre per poi riprendersi gradualmente, lasciando la crescita del Pil intorno al -4,5% quest’anno e al 4,3% nel 2021, superiore alla media dell’Eurozona (-8%). Nonostante le misure messe in atto dal governo, i consumi privati dovrebbero risentire della pandemia, dal momento che i consumatori accumulano risparmi precauzionali e trattengono la spesa in uno scenario di distanziamento sociale ed elevata incertezza. Secondo Atradius, nonostante la riduzione prevista (-4,8%, contro una media dell’Eurozona del -9,6%), l’aumento dei pagamenti governativi alle famiglie e ai pensionati, insieme alle agevolazioni fiscali, continuano a sostenere i consumi privati, che rappresentano il 58% del Pil, riducendo così la vulnerabilità agli shock esterni (come già dimostrato evitando la recessione nella crisi del credito del 2009). Assieme alle interruzioni della catena di approvvigionamento e al calo degli ordini in marzo e aprile, la scarsa fiducia delle imprese avrà probabilmente un impatto sugli investimenti, che si prevede crolleranno nel secondo trimestre per riprendersi solo parzialmente. Inoltre, nel 2020 la domanda dei principali partner commerciali polacchi avrà molto probabilmente un impatto negativo sulle esportazioni, in particolare nei settori di trasporti e turismo. Tuttavia, anche qui il calo previsto (-4,3%) è molto minore rispetto alla media export nell’Eurozona (-11,1%), dal momento che la performance economica è meno dipendente dalle esportazioni rispetto a partner come Repubblica Ceca, Ungheria o Slovacchia.
L’inflazione HICP ha subito un’accelerazione significativa alla fine del 2019 e all’inizio di quest’anno, trainata da un aumento sostenuto dei prezzi di servizi e prodotti alimentari. Tuttavia, il rallentamento della crescita dei salari e la debolezza della domanda causata dalla pandemia dovrebbero porre fine a una tendenza di quasi due anni di aumenti ininterrotti dell’inflazione, che dovrebbe diminuire nella seconda metà di quest’anno e all’inizio del 2021. Di conseguenza, l’inflazione HICP dovrebbe raggiungere quest’anno una media del 2,7% e raggiungere il 2,8% nel 2021 con la ripresa dell’attività economica.
Il bilancio è sotto controllo nonostante le misure sociali: il disavanzo è rimasto relativamente basso dal 2017, con gli analisti che stimano per l’anno scorso l’1,0% del Pil. I trasferimenti alle famiglie saranno infatti compensati da maggiori contributi e imposte dirette grazie a un mercato del lavoro favorevole e crescita solida. Un aumento delle accise è previsto per quest’anno, mentre il bilancio beneficerà inoltre della vendita di frequenze di telecomunicazioni e certificati di emissioni di CO2. Il debito pubblico rimane anch’esso sostenibile anche se in aumento, stimato al 56% del Pil (47% nel 2019), soggetto a un certo rischio valutario e vulnerabile al sentimento degli investitori internazionali. Il saldo delle conti correnti è risultato leggermente negativo nel 2018 e si stima che rimarrà tale area nel biennio 2019-20. Il commercio di servizi continua a registrare un surplus, sostenuto dai servizi di trasporto all’estero, e il commercio di beni continua a crescere nonostante il rallentamento globale. I saldi del reddito primario e secondario rimangono negativi: il saldo negativo del reddito primario è dovuto principalmente ai redditi da investimento, quello secondario dal saldo negativo del settore bancario. Le misure di stimolo fiscale per sostenere l’economia, comprese le garanzie di credito, rappresentano il 13% del Pil, pari a 70 miliardi di euro. La Polonia beneficerà in gran parte del fondo Next Generation EU, creato per aiutare i paesi a riprendersi dalla recessione, e da ulteriori sovvenzioni UE. La politica monetaria è stata finora accomodante, con la Banca Centrale che ha abbassato il tasso di interesse di riferimento tre volte dal marzo 2016, fino a raggiungere il minimo storico dello 0,1% lo scorso luglio. Il disavanzo di bilancio dovrebbe allora aumentare dell’8,5% nel 2020 (da 0,8% nel 2019).
Coface pone l’accento si alcuni settori gravemente colpiti dalla crisi economica. Nel settore delle costruzioni i margini operativi sono molto stretti, con un aumento del rischio di credito principalmente per gli operatori più piccoli. A causa della recessione, le imprese sono sempre più interessate al rinvio dei progetti e alla riduzione dei volumi degli ordini: si prevede allora un aumento di ritardi e insolvenze nei pagamenti. A causa del deterioramento della domanda da parte degli acquirenti, macchine, metalli e industrie siderurgiche stanno soffrendo; a loro volta l’industria dei beni di consumo durevoli, i grossisti tessili e i dettaglianti sono stati influenzati negativamente da blocchi temporanei, minore fiducia dei consumatori e aumento della disoccupazione. La forza finanziaria di molte imprese si è così gravemente deteriorata e si prevede un aumento delle insolvenze in questi comparti.
Nonostante la resilienza economica, le prospettive di crescita a medio termine sono limitate: a causa dell’ulteriore inasprimento del mercato del lavoro, la carenza di lavoratori sta diventando sempre più un problema, riducendo la capacità produttiva soprattutto nel settore manifatturiero. La mancanza di manodopera potrebbe pesare pesantemente sulla crescita potenziale, aggravata dal prepensionamento di una quota elevata della forza lavoro a causa dell’abbassamento dell’età pensionabile. Ecco allora che nella regione l’economia polacca appare più vulnerabile alle ricadute finanziarie ed economiche in caso di fallimento dei negoziati tra UE e Regno Unito. Le rimesse annuali dei polacchi che vivono all’estero ammontano a circa 7 miliardi di euro nel 2019, gran parte della quali dal Regno Unito. Nel lungo termine, l’uscita di Londra dall’UE potrebbe avere un impatto sui fondi strutturali europei, che svolgono un ruolo essenziale nel progresso economico di Varsavia.