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Polonia cresce del 4%, ma non è tutto oro quel che luccica

Nel corso del 2020 si prevede un lieve rallentamento dell’economia (+3%), con una diminuzione di export e investimenti. Con l’inflazione sopra il 2% e il debito pubblico al 50% del PIL, sugli scenari futuri pesano la carenza di manodopera e l’incertezza sugli esiti della Brexit: da Londra arrivano rimesse pari a 4 miliardi.

Polonia cresce del 4%, ma non è tutto oro quel che luccica

Per la fine di quest’anno Atradius conferma la crescita del PIL polacco a livelli sostenuti (+4%), grazie principalmente a una domanda per investimenti e consumi ancora robusta. Nel corso del 2020 si prevede un lieve rallentamento dell’economia (+3%): se, da una parte, si prevede una diminuzione di investimenti ed esportazioni, dall’altra la crescita dei consumi privati dovrebbe rimanere sostenuta dall’aumento di posti di lavoro, salari e trasferimenti sociali (si veda a questo proposito il programma di assegni per l’infanzia 500+, ora esteso anche al primo figlio). 

Dopo la deflazione nel biennio 2015-16, i prezzi al consumo hanno ricominciato a crescere nel corso del 2017, spinti dagli aumenti salariali. L’inflazione dovrebbe aumentare oltre il 2% nel biennio 2019-20: la politica monetaria è stata finora accomodante e la Banca Centrale ha mantenuto il tasso di interesse di riferimento all’1,5%. Il debito pubblico è moderato e ammonta a circa il 50% del PIL, mentre il deficit di bilancio è diminuito dal 2017 grazie all’aumento delle entrate fiscali e a una migliore riscossione delle imposte. Tuttavia, la spesa pubblica è nuovamente aumentata a causa dell’abbassamento dell’età pensionabile, della continua spesa sociale e degli investimenti pubblici in vista delle elezioni di ottobre 2019 che hanno riconfermato la maggioranza uscente. 

Non è tutto oro quel che luccica. A causa dell’ulteriore inasprimento del mercato del lavoro, il restringimento del mercato del lavoro sta diventando sempre più un problema, soprattutto nel settore manifatturiero. Secondo gli analisti la carenza di manodopera potrebbe pesare sulla potenziale crescita economica, aggravata dal prepensionamento di una quota consistente della forza lavoro in virtù dell’abbassamento dell’età pensionabile per tener fede alle promesse pre-elettorali dell’attuale maggioranza di governo. 

Inoltre, non vanno sottovalutate le preoccupazioni per l’impatto che fattori esterni come i dazi sulle importazioni statunitensi e l’incertezza sugli sviluppi della Brexit avranno su export e investimenti. Ecco allora che nell’Europa Centrale proprio l’economia polacca sembra essere la più vulnerabile alle conseguenze finanziarie ed economiche della Brexit: le rimesse annue dei polacchi residenti all’estero ammontano infatti a circa 4 miliardi di euro, di cui gran parte proveniente dal Regno Unito. Inoltre, il processo di separazione di Londra dal resto della UE potrebbe incidere sugli stessi fondi strutturali europei, che svolgono un ruolo importante nel progresso economico della Polonia. Senza dimenticare che il Regno Unito rappresenta la seconda destinazione dell’export polacco dopo la Germania e, una volta portato a termine il processo della Brexit, PiS (il partito di maggioranza al governo dal 2015) si troverebbe senza il suo più potente alleato nel Parlamento Europeo. 

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