La decadenza della sanità pubblica spinge sempre più italiani a curarsi in strutture private. Secondo una ricerca inedita di Kpmg, che rielabora dati Ania, nel giro di quattro anni la spesa privata in salute aumenterà di oltre il 50%. Uno scenario negativo per i cittadini, sempre meno tutelati dallo Stato sociale, ma più che fecondo per le compagnie assicurative, che già da tempo si stanno buttando a capofitto in questo mercato ricchissimo.
Nel 2017 il business delle polizze sanitarie aveva già sfondato quota 6 miliardi di euro, cifra destinata a impennarsi vertiginosamente nei prossimi anni. Dall’analisi di Kpmg, anticipata oggi su Repubblica, emerge che nel 2017 la spesa dello Stato in sanità ammontava a 117 miliardi di euro, mentre quella privata era di 40 miliardi. Nel 2023, però, la spesa pubblica rimarrà sostanzialmente stabile, mentre quella privata schizzerà a 65 miliardi. A quel punto, ipotizzando che la penetrazione delle polizze assicurative rimanga stabile al 15%, gli introiti delle compagnie arriveranno a sfiorare i 10 miliardi.
Ad oggi, fra le assicurazioni italiane, la più attiva in campo sanitario è Unipol, con 585 milioni di premi pagati nel 2017 (nel dettaglio, 228 fanno riferimento a UnipolSai e 357 a UniSalute, controllata nata nel 1995 e decollata negli ultimi anni). Seguono Generali con 476 milioni e Rbm (un vero e proprio caso imprenditoriale, considerando che si tratta di una compagnia nata appena otto anni fa) con 430. Subito fuori dal podio, ma molto staccata, c’è Allianz (217 milioni), che a sua volta precede di molto Reale Mutua, in quinta posizione con 122 milioni. Chiudono la top-10 Intesa Sanpaolo Assicura (88 milioni), Axa Assicurazioni (77 milioni), Cattolica (66 milioni), Europ Assistance (62 milioni) e CreditRas (42 milioni).
A testimonianza del peso sempre crescente di questo settore per le compagnie assicurative, il colosso francese Axa sta progettando di creare a livello mondiale un chief medical officer per far fronte alle nuove sfide.
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