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Pnrr, Upb: “Gare in ritardo, spesa al 14,7% conclusi solo il 6,3% dei progetti”

Imagoeconomica

Ritardi nelle gare e nella conclusione dei progetti, spesa complessiva pari solo al 14,7% delle risorse, modifiche che potrebbero costringere l’Italia a ricorrere maggiormente al mercato. Questo lo stato dell’arte del Pnrr che emerge dalla Memoria sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza consegnata dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio (Upb) alle commissioni parlamentari. Una valutazione che si è avvalsa dell’integrazione dei dati contenuti nel sistema di monitoraggio e rendicontazione ReGiS disponibili al 26 novembre.

Pnrr: spesi 28,1 miliardi di euro

A che punto è il Pnrr? Secondo i numeri forniti dall’Upb, al 26 novembre 2023 erano stati spesi complessivamente 28,1 miliardi di euro, il 14,7% delle risorse europee: 1,3 miliardi nel 2020 (tutto il programmato per l’anno), 6,2 miliardi nel 2021 (leggermente più di quanto programmato), 18,1 miliardi nel 2022 (leggermente più di quanto programmato) e 2,5 miliardi nel 2023 (il 7,4 per cento del programmato). Tra le missioni più in ritardo, tra l’altro, c’è quella relativa alla salute, evidenzia l’ente guidato da Lilia Cavallari.

“Le misure che hanno assorbito maggiori risorse sono quelle relative agli incentivi ai privati: il rafforzamento dell’Ecobonus e del Sismabonus conta più di 8,7 miliardi, il credito di imposta per i beni strumentali (Industria 4.0) oltre 5,4”, sottolinea l’Upb.

Pnrr: concluso solo il 6,3% dei progetti avviati

“I progetti avviati hanno sinora richiesto l’impegno di 66,4 miliardi su tutto l’orizzonte previsto per la realizzazione, dei quali 19,2 miliardi si sono tradotti in spesa effettiva con pagamenti alle imprese assegnatarie dei lavori o erogazione dei benefici. Questa spesa include i crediti di imposta ma non gli incentivi e le agevolazioni fiscali, che dovrebbero portare la somma complessiva dei pagamenti all’ammontare risultante in ReGiS a tutto il 26 novembre 2023, pari a 28,1 miliardi”, spiega l’Upb.

A livello pratico, i progetti avviati dagli attuatori sono 231.140: 95.502 al Nord, 36.528 al Centro, 81.609 al Mezzogiorno, 17.501 di ambito nazionale. Di questi, al 26 novembre 2023, risultano conclusi 14.631, il 6,3 per cento, percentuale che si ottiene facendo una media tra i vari territori: il 9% del Nord, il 5,3% del Centro e il quasi 5% del Mezzogiorno. “I progetti di ambito nazionale mostrano il grado di conclusione più basso, spiegabile plausibilmente con il fatto che si tratta di interventi infrastrutturali su larga scala”, si legge nella memoria. “I ritardi dei progetti originano sin dalle prime fasi, messa a bando e assegnazione dei lavori, spiega l’Upb, che poi approfondisce: “I ritardi in fase di progettazione esecutiva e assegnazione (le due fasi necessarie per la messa a bando e per l’avvio dei lavori) contano, ciascuna, per quasi un terzo di tutti i ritardi e, se si escludono i casi non classificati, per oltre il 62 per cento dei ritardi di cui si conosce la fase. È in ritardo poco più del 75 per cento delle fasi. Nel complesso, la quota di situazioni di ritardo e di fasi concluse evidenzia la fase di assegnazione (selezione dell’impresa cui affidare la realizzazione) come il “collo di bottiglia”: chi lo riesce a superare riesce poi a ottenere risultati migliori nelle fasi successive”.

Dalla tabella fornita dall’ente guidato da Lilia Cavallari emerge che, scorporando i progetti nelle varie fasi di realizzazione, 206mila progetti su 215mila (96%) sono in ritardo. La fase di progettazione esecutiva mostra ritardi in più del 92% dei casi, anche se “in questo caso possono esservi giustificazioni tecniche connesse all’adattamento dei progetti alle condizioni territoriali e ambientali”, sopra la media i collaudi che presentando ritardi “solo” nel 69% dei progetti arrivati a quello stadio.

Pnnr tra assegnazioni e pagamenti

Va meglio se si guarda all’assegnazione delle risorse ai soggetti attuatori. Secondo i dati del cruscotto Regis “emerge uno stadio sufficientemente avanzato dell’assegnazione delle risorse ai soggetti attuatori: ammontano a 141,7 miliardi i progetti finanziati, oltre il 71 per cento del Pnrr”. Al netto di incentivi e agevolazioni fiscali, il rapporto tra spesa programmata e le risorse del Pnnr è al 71%, mentre quello tra pagamenti effettuati e risorse impegnate si attesta al 14,5%. Includendo incentivi e agevolazioni, il primo rapporto raggiunge il 90%, mentre il secondo il 29% “In sintesi – fa sapere l’Upb – sembrerebbe esserci una soddisfacente allocazione delle risorse su progetti identificati dai soggetti attuatori (è stato deciso che cosa fare), ma resta basso il livello dei pagamenti per i lavori di realizzazione degli stessi”.

La revisione del Pnrr

Dopo il via libera della Commissione Europea alla revisione del Pnrr chiesta dall’Italia, l’Upb sottolinea che le modifiche “non coincidono integralmente con quelle proposte dal Governo la scorsa estate. A titolo di esempio, erano stati previsti definanziamenti per circa 16 miliardi a fronte degli attuali 8,3; le risorse previste per il capitolo RePowerEU ammontavano a circa 19 miliardi rispetto agli 11,2 attuali”. L’Upb analizza poi i differimenti degli obiettivi da centrare sia in termini di milestone che di target. “Per il semestre in corso, corrispondente alla quinta rata (che dovrebbe arrivare nel 2024), vi è una riduzione di 17 obiettivi (da 69 a 52); già nel primo semestre 2024 (quello relativo alla sesta rata) si registrano 8 M&T in più da raggiungere (da 31 a 39), di cui 6 relativi al capitolo RePowerEU (M7). Infine, è il secondo semestre 2026 (quello corrispondente alla decima e ultima rata) che registra il maggiore incremento di M&T, che passano da 120 a 173 obiettivi. Anche in questo caso l’aumento è in parte riconducibile alle
scadenze legate al capitolo RePowerEU”. Se mancano 105,9 miliardi di finanziamenti, la quinta e sesta rata si riducono di circa 11 miliardi mentre la decima passa da 20,7 miliardi agli attuali 32,7.

Da tutto ciò potrebbero arrivare effetti in termini di finanza pubblica tutti da valutare: “Potrebbe emergere la necessità di un maggiore ricorso al mercato a meno di riduzioni compensative di spese in altre voci del bilancio dello Stato”.

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Categories: Politica