La politica è fatta anche di segnali. E quelli che l’Italia sta mandando a Bruxelles sull’attuazione del Pnrr stanno facendo storcere il naso alla Commissione europea, che teme che il nuovo governo imbocchi una strada diversa rispetto a quella intrapresa dall’esecutivo Draghi. Preoccupazioni che oggi sono state raccolte e rilanciate dal Corriere della Sera.
Pnrr Italia: i segnali che non piacciono a Bruxelles
Un esempio su tutti riguarda una promessa – finora disattesa – fatta dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni nel corso del suo primo viaggio in Belgio. La premier aveva preannunciato l’arrivo di un decreto sul sistema di gestione del Pnrr in Italia. È trascorso un mese e del provvedimento non c’è neanche l’ombra. Nel frattempo però è stato deciso che il ministro degli Affari europei, Raffaele Fitto, che ha in mano il dossier sul Pnrr, si appoggerà sul Servizio centrale per il Pnrr della Ragioneria generale dello Stato per portare avanti il suo lavoro.
Un altro dossier tanto complicato quanto divisivo è la bozza di decreto attuativo della Legge di Concorrenza, lasciata in eredità dal vecchio esecutivo e fondamentale per raggiungere gli obiettivi in scadenza il 31 dicembre senza i quali l’Italia non potrà ricevere la nuova tranche da 21 miliardi di finanziamenti. Il nodo del contendere riguarda l’obbligo di messa a gara del trasporto pubblico locale, sul quale Comuni e Regioni continuano a temporeggiare, rischiando di far saltare l’esborso.
E che dire della legge di Bilancio? Sono due le norme che a Bruxelles proprio non sono andate giù: l’innalzamento della soglia per i pagamenti con Pos a 60 euro e l’aumento del tetto al contante a 5mila. Entrambe vengono considerate in contrasto con gli obiettivi anti evasione grazie ai quali l’Italia aveva ottenuto la prima rata di aiuti. Ma se sulla seconda il Governo è intenzionato ad andare avanti per la sua strada, mantenendo quella che era una della principali promesse elettorali del centrodestra prima delle elezioni, sui pagamenti con Pos l’Esecutivo si è detto disposto a fare un passo indietro qualora Bruxelles lo ritenesse opportuno.
In virtù di questi “segnali”, scrive il Corriere, la Commissione definirà la legge di Bilancio italiana “solo parzialmente in linea”, caso unico fra i Paesi ad alto debito insieme al Belgio.
Governo: rivedere prezzi e tempi del Pnrr
È arrivata a Roma qualche giorno fa la task force dei tecnici della Commissione europea sul Pnrr, impegnata in una serie di incontri per fare il punto sullo stato di attuazione delle misure messe in agenda dall’Italia, ma tra le più alte cariche di governo si insiste unanimemente per una revisione di alcuni dettagli del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Secondo il vicepremier e ministro delle infrastrutture, Matteo Salvini, il Pnrr “continua a essere un qualcosa che va non cambiato, ma ritoccato, rivisto” alla luce di tutto ciò che sta succedendo. In particolare, sostiene il leader leghista, vanno rivisti i tempi, perché considerato che siamo oramai a fine 2022, “chiudere tutte le opere e rendicontarle entro il 2026 mi sembra assolutamente ambizioso”. Non solo, secondo Salvini è necessario anche un aggiornamento dei prezzi. Dello stesso parere anche il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin: “Dovremo rivedere il Pnrr con l’Europa”, perché “a causa dell’inflazione, solo il mio ministero dell’Ambiente per gli interventi ha un onere maggiore di 5 miliardi”, sui 35 previsti afferma Pichetto sottolineando che “o si taglia sulle opere, o non ci stiamo dentro”, ha detto.
Il ministro degli Affari Europei Raffaele Fitto intanto fa sapere che nei prossimi giorni verrà comunicata la reale situazione di spesa del Pnrr. All’inizio, ricorda, la previsione di spesa del piano nazionale di ripresa e resilienza era di 42 miliardi di euro alla fine di quest’anno, questa programmazione è stata rivista al ribasso a 33 miliardi e poi ridotta a settembre a 22 miliardi. “Nei prossimi giorni noi prenderemo atto di quanto si è speso” ma “temo che la percentuale di spesa non sarà molto alta e sarà distante dai 22 miliardi di euro. L’indicatore della spesa è molto preoccupante, perché se mettiamo insieme tutte le risorse disponibili e le proiettiamo al 2026 è chiaro che c’è bisogno di un confronto a livello europeo e nazionale”.