Con il decreto Aiuti approvato lunedì, il Governo ha stanziato quasi 9 miliardi di euro per le opere del Pnrr. Lo ha scritto mercoledì Il Sole 24 Ore, spiegando che l’obiettivo principale di queste risorse è far fronte all’inflazione di energia e materie prime, che ha decisamente compromesso la realizzabilità del piano.
Pnrr: l’inflazione ha messo il governo davanti a un bivio
Quando il Pnrr è stato preparato, infatti, le quotazioni erano molto diverse da quelle di oggi, per cui gli stanziamenti previsti non sono più sufficienti a completare tutte le opere programmate.
L’Esecutivo si è trovato così davanti a un bivio: riscrivere buona parte del Pnrr (se non tutto), oppure rafforzarne la dotazione finanziaria per coprire il surplus di costi. Alla fine, anche per evitare un’eccessiva dilatazione dei tempi, si è scelto si seguire la seconda strada, ed è proprio a questo che servono quasi tutte le risorse aggiuntive stanziate con il decreto Aiuti.
In sostanza, scrive il quotidiano di Confindustria, lo scopo è “evitare un ‘piano B’ che, senza un intervento deciso, si sarebbe reso inevitabilmente necessario per assorbire i maggiori costi” e la chiusura dei cantieri infrastrutturali già avviati: nel 2021, infatti, sono stati realizzati i primi lavori del Recovery Plan per un valore pari a 2,5 miliardi di euro.
La ripartizione degli investimenti
Il decreto Aiuti destina 8,7 miliardi al piano di ripresa e resilienza. Nel dettaglio, gli investimenti in corso o comunque già instradati saranno rafforzati con 700 milioni nel 2022 più altri 500 milioni nel 2023. Si tratta di soldi destinati alle grandi opere, in gran parte ferroviarie. Ma “la posta più alta, suddivisa in cinque annualità, dal 2022 al 2026 – spiega ancora il Sole 24 Ore – è quella di 7,5 miliardi per correggere al rialzo, con i nuovi prezzari, gli importi di costo delle opere inserite nel Pnrr, ma ancora non avviate”.