Tre e non è finita. Sul PNRR il governo di Giorgia Meloni ha preso la strada della decretazione d’urgenza pur di mostrare l’interesse a raggiungere gli obiettivi del Piano. Man mano che passano le settimane e si mantiene il “confronto costante ” con la Commissione europea i decreti si sommano. Nella sua informativa di ieri al Senato il Ministro Raffaele Fitto ha detto che l’intero programma deve essere oggetto di revisione. Bisogna modificare in corsa alcuni obiettivi, dato che il governo vuole portare a casa tutti i soldi previsti. Una cosa è certa, l’intervento non ha soddisfatto le attese della vigilia. Le polemiche all’interno della maggioranza su progetti si/ progetti no, sono rimaste furori dalle valutazioni tecnico- burocratiche del Ministro. Non si è parlato della riallocazione dei soldi qualora qualche iniziativa del Piano non si dovesse realizzare. Come si rimodula la spesa ? Non si sa. Chi decide e come se un progetto va abbandonato? Dateci tempo, dice Fitto. A fine maggio presenteremo una relazione più completa. Molte questioni, dunque, ieri sono rimaste aperte facendo aumentare le incertezze sulla partita politica più complessa degli ultimi 40 anni. L’Italia rischia di fare una magra figura dopo aver portato a casa oltre 200 miliardi di euro.
IL PNRR non accantoni la transizione energetica
I decreti legge possono essere una soluzione, ma la condivisione interna prima di quella con la Commissione Eu è fondamentale per non avere fughe in avanti e lasciare delusione nei territori. Con il decreto PNRR 3 pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 21 aprile sono già stati rivisti alcuni punti. Uno altamente strategico come la transizione energetica, ieri in Senato, è stato appena sfiorato. Fitto ha ricordato si la sperimentazione dell’idrogeno nei mezzi di trasporto pubblico, ma non ha detto cosa sta accadendo per gli altri progetti che coinvolgono i Comuni e centinaia di imprese. Sul programma Repower, l’Italia ha avuto 2,7 miliardi di euro a fondo perduto. Se ne ha capacità, vi può aggiungere i soldi dei precedenti programmi non spesi. Stiamo parlando di iniziative che farebbero recuperare al Paese ritardi divenuti intollerabili, come una maggiore autonomia energetica, sperimentazioni e ricerche inb campo ambientale, incentivi per ridurre i consumi energetici di famiglie e imprese. Con il terzo decreto qualche passo avanti è stato fatto. Resta, però, da vedere cosa concretamente accadrà. In particolare se le richieste di autorizzazioni per nuovo eolico o fotovoltaico saranno sbloccate; se i progetti in itinere saranno supportati da personale qualificato ; se le revisioni di cui si parla non porteranno alla cancellazione totale dei singoli progetti ed alla contrazione dei fondi. Nel provvedimento del 21 aprile, per esempio, il Ministero della Cultura dovrà dare il proprio via libera soltanto a progetti localizzati in aree sottoposte alla sua tutela. Vuol dire restare fuori da certe aree. Lo farà o si scopriranno vecchi vincoli dimenticati ? Per le zone industriali dismesse, dove alcune Regioni stanno lavorando alle walley dell’idrogeno, ora sono richieste solo le valutazioni di impatto ambientale. Dobbiamo supporre che la deregulation sulle richieste già in corso sia rapida e che le imprese possano riaprire i cantieri. Nel decreto è scritto, ancora, che i siti dove sono già presenti impianti fotovoltaici possono accogliere altre strutture energetiche a condizione che l’area occupata non superi il 20% della superficie totale. Le società autostradali possono dare in concessione terreni per impianti da fonti rinnovabili, ma solo “sulla base di procedure ad evidenza pubblica”. Quanto agli incentivi per le nuove installazioni green, infine, il decreto aumenta da 200 a 400 milioni di euro l’impegno massimo di spesa annua per le pubbliche amministrazioni e riduce da 700 a 500 milioni di euro l’impegno massimo di spesa annua per i privati. L’operazione ha lo scoop di favorire i Comuni a presentare progetti per le rinnovabili.
Le novità sulle rinnovabili banco di prova per la burocrazia
Queste modifiche ad un parte cruciale del Piano indicano difetti di origine delle norme attuative. I ministri hanno impiegato 6 mesi per accorgersene. Ci sono, però, due punti da avere a mente. Il primo riguarda la Commissione europea, se riterrà valide gli “snellimenti” di carte rispetto a quella riforma complessiva della PA che ci era stata richiesta. Il secondo, se davvero le modifiche saranno applicate dalle Sovrintendenze, dagli Enti autorizzatori e se gli Enti pubblici saranno pronti per beneficiare dei nuovi massimali di spesa per impianti green. Non a caso, Mara Carfagna ha chiesto rassicurazioni sul 40% delle risorse destinate al Sud, dove cantieri e burocrazia sono più lenti rispetto al resto d’Italia. Oltre a ciò che dice il Presidente dell’Anci Antonio Decaro ci sono Enti che hanno difficoltà a partecipare ai bandi di gara. Nei fatti nonostante lo sforzo compiuto dal Ministro davanti ai senatori, i 19 miliardi della Terza rata ancora non ci sono e quelli della quarta al 30 giugno fanno parte del “confronto costante” con Bruxelles. Le opposizioni con il Pd danno poco credito al governo. Il capogruppo al Senato; Francesco Boccia ha detto che “Sul PNRR viene giù la maschera da parte di questo governo. Non indicano le criticità, non credono nella funzione della sanità pubblica e a rischio ci sono anche gli asilo nido. Insomma, la vita delle persone”. Come detto, a fine maggio il governo presenterà al Parlamento una relazione dettagliata sullo stato di attuazione del PNRR. Dovrebbe segnare il discrimine tra polemiche, interlocuzioni con Bruxelles, convergenza verso risultati tangibili. L’informativa di ieri doveva essere una specie di “abstract ” rispetto ai 18,8 miliardi di pagamenti ricevuti fino a dicembre dall’Ue secondo Banca d’Italia. Al prossimo giro dovrebbero essere solo un mesto ricordo.