La sua qualifica ufficiale è un po’ criptica e la descrive come Executive Director Sales&Marketing Imprese di Intesa Sanpaolo, ma tutti sanno che in realtà Anna Roscio è “la signora delle Pmi”, come la definì tempo fa il Corriere della sera, e cioè delle piccole, piccolissime e medie imprese che sono clienti della prima banca italiana. Ecco perché il suo è un osservatorio unico che, al di là e oltre gli scenari macroeconomici, ha il polso vero dello stato di salute del nostro tessuto industriale. Come stanno dunque le Pmi italiane e quali sono le sfide che le attendono dopo la pandemia e a guerra Russia-Ucraina in corso? Anna Roscio lo racconta in questa intervista a FIRSTonline.
Dottoressa Roscio, lei è considerata la signora delle Pmi che fanno capo a Intesa Sanpaolo e il suo è perciò un osservatorio straordinario per valutare lo stato di salute delle piccole e medie aziende italiane dopo la pandemia e in costanza di una guerra che batte alle porte dell’Europa: come stanno oggi le nostre Pmi?
“Lo stato di salute è buono. E, anzi, le imprese che sono riuscite a superare le varie crisi ne sono uscite rafforzate, più solide e strutturate, anche finanziariamente. Gli indici di fiducia delle aziende sono tutti in aumento, anche per quelle piccole: è un buon segnale, se un imprenditore ha fiducia si muove poi sia sul fronte degli investimenti, sia delle assunzioni. Le meno fiduciose sono semmai le imprese molto piccole, che sono anche le più esposte alle dinamiche inflattive, che meno riescono a spostare gli apprezzamenti sul cliente e che hanno più sofferto per la crisi energetica”.
Come hanno chiuso i bilanci lo scorso anno?
“Il 2022 si è chiuso con bilanci complessivamente buoni, se pure condizionati in parte dalla spirale dei prezzi. Vediamo che c’è una buona propensione agli investimenti da parte delle imprese, che durante la pandemia hanno visto crescere la propria liquidità, e questo è un fattore evidentemente positivo. Nelle nostre sessioni di formazione per le PMI, così come nei numerosi incontri in azienda, invitiamo gli imprenditori a gestire lucidamente i frangenti di incertezza. In questa fase, per esempio, siamo convinti che sia importante introdurre nella strategia delle imprese una sana copertura dei rischi finanziari o industriali, propensione che le piccole realtà ancora non hanno”.
Tra i vari settori merceologici, quali sono quelli che tra le Pmi hanno un ritmo di crescita più accentuato e quelli che invece soffrono?
“Il mondo dell’energia e in particolare del fotovoltaico e delle energie rinnovabili sta andando molto bene, si possono ritenere elementi di traino del nostro sistema economico. Tante aziende stanno investendo per creare in proprio le energie rinnovabili nella logica dell’autoconsumo e per ridurre la dipendenza da forme brown di energia. Non a caso il nostro Gruppo ha messo in campo 12 miliardi di euro per permettere alle aziende italiane di affrontare i maggiori costi dell’energia e favorire gli investimenti verso una fondamentale politica di diversificazione delle fonti e indipendenza energetica.
Poi c’è il settore del turismo in grande crescita: le stime per il 2023 vedono livelli record nell’arrivo di turisti. E’ un settore tuttavia che avrebbe bisogno di investimenti, che come Intesa Sanpaolo cerchiamo di stimolare con linee di finanziamento e desk consulenziali ad hoc, per renderlo più attrattivo in termini di capacità di accoglienza, rinnovamento delle strutture, adeguamento alle nuove esigenze dei viaggiatori, in una logica di massima attenzione al cliente e al livello di servizio offerto.
Non bisogna dimenticare poi la forza del settore agroalimentare che traina l’export italiano, dà un ottimo contributo alla crescita del Pil e alla produzione, per accompagnare il quale abbiamo creato una specifica Direzione Agribusiness, con sede a Pavia e filiali specializzate in tutta Italia.
Infine ricordo il settore tecnologico, che ha visto una forte crescita nel periodo Covid ma che poi ha continuato a ben performare, anche perché il tema della digitalizzazione del paese è centrale ed è una delle missioni del PNRR. In questo senso come banca stiamo percorrendo insieme alle PMI nuove strade per la formazione e l’accesso alle tecnologie, alla digitalizzazione delle imprese anche piccole e micro, per favorire processi più veloci, moderni e qualificati”.
Quali sono invece i settori che soffrono?
“Tra i settori che più soffrono in questa prima fase dell’anno vediamo l’automotive. Un discorso a parte vale per il settore delle costruzioni, tra quelli che hanno avuto la crescita maggiore finora, legata tuttavia al tema degli incentivi fiscali che hanno dato un impulso anche eccessivo, un effetto di propulsione che vedremo anche nei prossimi mesi. La misura degli incentivi fiscali legati al mondo dell’edilizia e delle costruzioni a nostro avviso è giunta in un momento di crisi e di necessità di rilancio e ha riattivato con veemenza un settore che traina un indotto poderoso e rappresenta un significativo aggregato del Pil del paese”.
Quante imprese avete nei vostri radar?
“Il pianeta delle piccole medie imprese è molto variegato. La Divisione Banca dei Territori guidata da Stefano Barrese segue le PMI (circa 200.000) a cui si aggiungono le micro-imprese, che hanno un fatturato inferiore ai 2,5 milioni di euro e che sono circa 1.000.000”.
In che modo la vostra banca può sostenere le aziende e aiutarle a crescere?
“Come prima banca italiana riteniamo prioritario e doveroso sostenere con misure anche straordinarie le esigenze di liquidità delle imprese e, al contempo, continuare a stimolare gli investimenti strategici in particolare verso innovazione, digitalizzazione e sviluppo sostenibile. Nel solo 2022 abbiamo attivato un piano di interventi per 40 miliardi, di cui 32 per le imprese, anche di piccolissime dimensioni, per aiutare il sistema economico e le famiglie italiane a sostenere gli aumenti energetici e della spesa quotidiana.
E’ poi evidente che rispetto alle specifiche caratteristiche e dimensioni le imprese abbiano necessità di sostegni e servizi diversi. Le micro hanno bisogno di credito, circolante, operazioni veloci, possibilmente in automatismo. E, aggiungerei, anche a costi contenuti. A questo proposito, ad esempio, abbiamo azzerato le commissioni sui Pos per i micropagamenti fino a 15 euro, una misura che tiene conto delle difficoltà dei piccoli esercenti.
Le medie e le piccole imprese invece hanno necessità di finanziamenti per investimenti, magari tailor made oppure con un approccio all’internazionalizzazione per crescere all’estero. In questi casi li supportiamo con i nostri specialisti nel factoring, dove siamo leader di mercato, oltre che in piani di sviluppo secondo i criteri ESG, oppure valorizzando le logiche di filiera grazie a un programma ideato nel 2015 grazie al quale ad oggi sosteniamo oltre 800 filiere, coinvolgendo circa 20 mila fornitori, con un giro d’affari complessivo di 90 miliardi.
Noi ci consideriamo la banca delle piccole medie imprese, con un approccio a 360 gradi per la copertura delle loro richieste. La nostra idea per intraprendere un rapporto con i nostri clienti è quella di affrancarsi dal concetto di semplice erogatore di credito: certamente la finanza ha un ruolo fondamentale perché consente gli investimenti, ma il nostro ruolo fornisce consulenza e informazione, accompagnamento e assistenza in tutte le fasi, come quella del passaggio generazionale oppure nell’accesso alle risorse del Pnrr. Sono già oltre 6000 le PMI nostre clienti che grazie al nostro supporto sono riuscite ad ottenere una incentivazione dai bandi pubblici del PNRR”.
Il Pnrr è una grande occasione di crescita per l’Italia: le Pmi la stanno sfruttando? Intesa Sanpaolo che ruolo sta giocando in questo campo?
“Il PNRR è il piano industriale del paese e una grande occasione di sviluppo, ma la gran parte delle aziende non sa come può influire sulla strategia aziendale, come migliorarla o come avere dei vantaggi. Il nostro ruolo è anche quello della divulgazione delle misure e di come accedere alle numerose opportunità in tutti i settori. Nel 2022 sono stati resi pubblici i primi bandi e ora c’è un’accelerazione nel renderli accessibili. Quest’anno e iI 2024 saranno cruciali per mettere a disposizione dell’economia le risorse, per rispettare gli obiettivi e riuscire a utilizzare le ingenti disponibilità legate ad essi. Le Pmi fanno ancora un po’ fatica a orientarsi con il Pnrr e ad accedervi. Effettivamente è materia complicata: i bandi sono tanti, si distinguono a seconda dei settori o dei territori, e non è facile individuare quello più adatto e nemmeno accedervi”.
Come si muove quindi Intesa Sanpaolo per favorire l’incontro tra le Pmi e il Pnrr?
“Il primo tema è l’informazione. Occorre agire per migliorare il grado di conoscenza delle imprese in merito alle opportunità offerte dal PNRR: come Intesa Sanpaolo abbiamo messo a disposizione gratuita di tutte le imprese clienti la piattaforma digitale Incent Now, frutto della collaborazione con Deloitte, che consente all’azienda di individuare rapidamente le migliori opportunità sulla base del proprio profilo, settore di attività e territorio, raccogliendo le informazioni utili per presentare i propri progetti di investimento e concorrere all’assegnazione dei fondi pubblici. Poi ci vuole la divulgazione e noi lo stiamo facendo con cicli di webinar per spiegare i bandi. L’anno scorso abbiamo incontrato circa 20.000 aziende. Terzo passo: accompagnare le imprese all’accesso al bando, predisponendo il progetto e tutta la documentazione: in questo ci appoggiamo al partner Forvalue”.
E poi c’è la finanza. Che ruolo gioca la banca nel Pnrr?
“In primo luogo può dare le garanzie necessarie per poter partecipare al bando, inoltre può anticipare i contributi che l’azienda riceverà, oppure fornire finanza complementare, se il finanziamento pubblico non è sufficiente”.
Come valuta il rapporto tra pubblico e privato sul Pnrr?
“Proprio lo stimolo del Pnrr è quello di coniugare gli investimenti strutturali del paese, di logistica fondamentalmente, con quelli che sono gli investimenti privati e di business”.
Oltre all’impatto del conflitto in Ucraina, abbiamo assistito al progressivo rialzo dei tassi, molto positiva per le banche dopo anni di tassi zero ma molto meno per le aziende che devono pagare di più i prestiti con le banche: Intesa come pensa di venire incontro ai problemi delle Pmi di fronte al rialzo dei tassi?
“Per quanto riguarda l’effetto dei tassi sulle imprese, ci siamo attrezzati con alcune misure che hanno l’effetto di contenimento, come possono essere le garanzie pubbliche che da una parte consentono alle imprese di avere un accesso al credito migliore da un punto di vista del costo. Dall’altra la garanzia abbatte il costo del capitale che la banca deve accantonare, che a sua volta ha ricaduta positiva sul costo per il cliente. Un altro elemento di compensazione rispetto all’aumento dei tassi è costituito dalle provviste agevolate. La Bei, con cui Intesa Sanpaolo ha accordi storici di collaborazione, mette a disposizione provviste agevolate a favore delle banche e noi, a nostra volta, restituiamo alla clientela queste agevolazioni in termini di riduzione dei tassi a loro favore”.
Innovazione, sostenibilità e digitalizzazione fanno ormai parte del nuovo paradigma delle imprese: che carte può giocare Intesa per favorire questo processo, anche in relazione alla riconfigurazione delle catene del valore?
“È in corso un cambiamento storico. Moltissimi fenomeni e indicatori negli ultimi anni ci hanno messo davanti alla necessità di applicare nuovi modi di fare business, più attenti all’ambiente, alla società e alle persone. In questo contesto, sempre più imprese hanno iniziato ad alzare il livello di attenzione verso il proprio impatto ambientale e sociale. Il compito del nostro Gruppo è di cogliere questi segnali e supportare gli investimenti verso la transizione digitale e ambientale. Abbiamo riscontrato un buono slancio verso queste tematiche grazie ai nostri S-Loan e i D-Loan, linee di finanziamenti specifiche basate su un meccanismo di premialità, in termini di sconto sul tasso, al raggiungimento di obiettivi di sostenibilità e digitalizzazione condivisi tra banca e impresa. Con il finanziamento S-Loan, ad esempio, in circa due anni abbiamo erogato oltre 5 mld di finanziamenti alle Pmi per investimenti in sostenibilità.
In piena pandemia abbiamo strutturato un programma strategico da 50 miliardi per le imprese che si chiama Motore Italia e che poneva innovazione e sostenibilità come cruciali per la crescita. Inoltre abbiamo siglato con Confindustria uno specifico Accordo “Competitività, Innovazione, Sostenibilità”: un piano strategico da 150 miliardi per promuovere lo sviluppo e il rilancio dell’economia reale italiana.
Nel campo dell’innovazione abbiamo cavalcato quello che era ed è Industria 4.0, le incentivazioni fiscali per investimenti nell’innovazione. Anche qui con finanziamenti dedicati ma soprattutto con partnership messe a disposizione per fare assessment di innovazione e capire il livello di investimento necessario. Facendo leva sull’incentivo fiscale, esso ha guidato la trasformazione delle nostre imprese: è stata una misura equilibrata in termini di incentivazione che ha riguardato la parte industriale, i macchinari, la formazione e la ricerca. Una misura molto efficace, ma ora le aliquote sono più che dimezzate”.
Ci sono settori che più avrebbero bisogno ora di uno stimolo fiscale?
“Lo stimolo fiscale aiuta le imprese a guardare in prospettiva e a beneficiare di un supporto da parte pubblica. In questa fase di transizione energetica e ambientale credo che potremmo irrobustire gli incentivi anche in questo ambito”.
Le aziende medio piccole che hanno scelto di restare tali e di non farsi inglobare in aziende più grandi, hanno trovato altri modi per sostenersi, aggregandosi in filiere o distretti o altro. Come vede questo aspetto?
“Dobbiamo distinguere tra il concetto di filiera e quello di distretto. Per noi la filiera si riferisce alla produzione. C’è un capofiliera, un grande buyer, e ci sono i suoi fornitori. In un modello economico come quello italiano fatto da poche grandi aziende e tante piccole, la filiera è il meccanismo vincente: consente alle aziende piccole di internazionalizzarsi attraverso il loro capofila e di partecipare a progetti industriali di più ampio respiro. Abbiamo sviluppato un “Programma filiere”, alcuni anni fa che ha raccolto grande interesse: abbiamo sottoscritto oltre 800 contratti di filiere con 20.000 fornitori collegati. Il principio è che la piccola azienda riceve gli stessi benefici in termini di rating e di prezzo del finanziamento del suo capofiliera grazie al contratto che quest’ultima firma a favore dei suoi fornitori “.