La crisi post-Covid e le limitazioni che i diversi lockdown in giro per il pianeta hanno imposto agli scambi commerciali mettono sul tavolo, anche a Nordest, il dossier delle riorganizzazioni delle filiere produttive e del gap dimensionale di molte aziende venete. Tra gli operatori economici e nell’associazionismo di categoria ci si interroga su ipotesi di acquisizioni, aggregazioni tra pmi e altre forme di sinergie lungo la catena del valore. Soprattutto nel vicentino le aziende ben gestite e attive sui mercati globali, anche “small size”, cominciano a studiare nel dettaglio ipotesi di shopping all’interno dello stesso comparto o direttamente “lungo” la propria catena terzista di appartenenza.
Prima della pandemia avevano inaugurato la stagione delle acquisizioni il gruppo Mevis e il gruppo Euromeccanica di Rosà (Vicenza), attivo nel settore dell’automotive, truck, elettrotecnico ed elettrodomestici, una realtà con un fatturato superiore ai 140 milioni di euro, con quasi 800 dipendenti. Sempre in provincia di Vicenza, nella primissima parte dell’anno la Special Springs, la più grande azienda europea di molle per stampi e terza al mondo nella produzione di cilindri a gas fondata nel 1978 dai fratelli Augusto e Luciano Cappeller, ha acquisito la maggioranza di Unic, torneria meccanica di Salcedo. Special Springs è l’idealtipo dell’azienda manifatturiera nordorientale: 37 milioni di euro di fatturato, di cui il novanta per cento è garantito dalle esportazioni grazie al contesto di filiera con a valle i colossi dell’industria manifatturiera globale.
Con l’acquisizione di Unic (50 addetti e un fatturato annuo di circa 10 milioni di euro) il nuovo gruppo dovrebbe rafforzare ulteriormente la capacità produttiva e di penetrazione in un contesto commerciale sempre più complesso. Negli ultimi tre anni Special Springs ha investito in tecnologie di automazione e intelligenza artificiale oltre 12 milioni di euro, conseguendo inoltre l’ottenimento di ben 17 brevetti. Nel segmento food invece Morato Pane, che si occupa di produzione di pani industriali, ha acquisito la Roberto Industria Alimentare, storica azienda del trevigiano, e una parte del comparto bakery salato di Cerealto-Siro in Spagna. In Italia il gruppo detiene una quota di mercato di circa il 25% sui pani industriali e del 10% nel segmento dei grissini.
Un altro caso di interesse riguarda la Lampa Plastic di Chiuppano (Vicenza), una trentina di dipendenti, 3,3 milioni di fatturato nel settore della termoformatura plastica: lo scorso giugno ha completato l’acquisizione totale di Solare, pmi di Carrè, con 5 dipendenti e 1,2 milioni di fatturato. «Dista dallo stabilimento solo 5 chilometri – spiega l’amministratore delegato Alessandro Fracaro, classe 1990 – abbiamo fornitori comuni, quasi tutti a filiera corta, e poche o nessuna sovrapposizione di clienti. Crescere dimensionalmente, efficientare i processi e avere una “taglia” che permetta di fare ricerca, marketing e innovazione è il grande tema che coinvolgerà le nuove generazioni di imprenditori a Nordest. Il Covid ci sta insegnando in fretta che le grandi multinazionali fanno presto ad inghiottire le “prede”: le piccole aziende che forniscono quell’unico pezzo al colosso industriale, di fatto insostituibile, senza il quale non procede la filiera, magari brevettato, diventano target di acquisizione per accorciare la filiera e per evitare rischi di approvvigionamento».
Per l’economista di origine veneta Arnaldo Camuffo, ordinario di Organizzazione aziendale all’Università Bocconi, la strategia di crescita per linee esterne delle pmi del Nordest è da valutare ovviamente caso per caso, perché vale anche in economia la regola di buon senso comune secondo la quale “due zoppi non fanno un corridore sano”. «La ripresa sarà lenta e frastagliata, dal punto di vista del conto economico l’effetto immediato è stato sui ricavi ma in questo secondo semestre il problema sarà di costi e redditività. Le imprese con strutture di costo rigide e poco agili pagheranno dazio. Dal punto di vista finanziario, la crisi si scaricherà sull’indebitamento netto delle imprese. Anche se a breve la liquidità non è mancata, almeno in molti casi, nel medio periodo l’appesantimento del capitale circolante aggraverà la posizione finanziaria di chi ha già molti debiti. Nel lungo periodo, per queste imprese sarà ancor più difficile reperire capitali per fare i necessari investimenti in tecnologie, innovazione e marketing».
Il professor Camuffo sottolinea anche un aspetto psicologico legato alla struttura sociale tipica dei distretti veneti, ovvero di imprenditori che fanno e continuano a fare solo le “cose” che sanno fare meglio. Questa “difficoltà cognitiva” di cogliere l’esigenza di nuove strategie post-Covid, come sono le aggregazioni o le riorganizzazioni produttive all’interno delle filiere di appartenenza, potrebbe penalizzare maggiormente proprio le aziende guidate dal “paron” veneto vecchio stampo. Sarà poi la finanza aziendale a decidere le sorti del prossimo futuro di tante pmi in cerca di nuove riorganizzazioni e strategie.
«Si allargherà il divario tra imprese finanziariamente solide, competitive, amministrate e gestite bene e imprese finanziariamente deboli, amministrate e gestite male. In questo contesto, le aggregazioni tra imprese saranno fondamentali per le imprese stesse e per il sistema nel suo complesso. Le imprese solide devono porsi la sfida di crescere per line esterne tramite acquisizioni al fine di consolidare il proprio posizionamento strategico e utilizzare in modo efficiente il capitale. Le imprese deboli devono invece porsi il problema del “se e in che misura” aggregarsi o essere acquisite. Quest’ultima opzione non va scartata a priori e può essere spesso il modo per salvare capitale, investimenti, marchi e soprattutto occupazione».