Rotonda, quadrata, con o senza “cornicione”, a tranci, sottile, spessa, croccante o soffice, con mozzarella e pomodoro o con fiori di zucca e alici, oppure con verdure grigliate, la pizza può essere considerata uno dei piatti storici più versatili della cucina italiana e soprattutto, con un fatturato che sale a oltre 15 miliardi di euro all’anno un vero e proprio tesoro del Made in Italy simbolo del successo della dieta mediterranea nel mondo.
Un sistema economico costituto da 121mila locali in Italia con una occupazione stimata di 100.000 addetti
Ma la pizza è anche la colonna portante di un sistema economico costituto da 121mila locali in Italia dove si prepara e si serve grazie ad una occupazione stimata in 100.000 addetti a tempo pieno e di altrettanti 100.000 nel weekend. In Italia secondo la Coldiretti si sfornano 2,7 miliardi di pizze all’anno che in termini di ingredienti significano durante tutto l’anno 200 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro.
Un lavoro quotidiano sul quale pesano però gli effetti dei cambiamenti climatici con i danni provocati dalla siccità e dal maltempo in Italia che hanno tagliato le produzioni degli alimenti base della dieta mediterranea con il crollo del 30% per l’extravergine di oliva, del 10% per passate, polpe e salse di pomodoro fino al -15% per il grano tenero da cui si ricava la farina per la pizza.
Negli Usa se ne consumano mediamente all’anno 13 chili a testa, in Italia 7,8
La passione per la pizza è indubbiamente planetaria, con gli americani che sono i maggiori consumatori con 13 chili a testa mentre gli italiani guidano la classifica in Europa con 7,8 chili all’anno, e staccano spagnoli (4,3), francesi e tedeschi (4,2), britannici (4), belgi (3,8), portoghesi (3,6) e austriaci che, con 3,3 chili di pizza pro capite annui, chiudono la classifica.
Una diffusione che presenta però anche aspetti negativi. Secondo la Coldiretti il successo della pizza ha favorito lo sviluppo di ricette che nulla hanno a che fare con l’originale, attraverso l’uso degli ingredienti più fantasiosi, a partire proprio dai frutti tropicali come ananas, banane o noce di cocco, ma anche di dolci, come i marshmellow americani o il creme caramel, di specialità locali come le haggis, le interiora di pecore scozzesi, la carne australiana di canguro e coccodrillo o quella di renna finlandese, fino alle versioni con insetti, dai grilli alle cicale e agli scorpioni.
Il regolamento UE in vigore da dicembre: nei menù Pizza Napoletana solo se rispetta le regole del disciplinare di produzione
Fortunatamente però per tutelare l’originalità del nostro prodotto-orgoglio nazionale da 18 dicembre scorso è venuta in soccorso della pizza la decisione della UE. Nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea è stato infatti pubblicato il Regolamento di esecuzione (Ue) 2022/2313, che ha approvato la richiesta da parte dell’Italia di registrare con riserva del nome la “Pizza Napoletana” come specialità tradizionale garantita, o stg. Un risultato importante per il made in Italy. Ciò significa che nessuna pizzeria potrà inserire nel proprio menu la dicitura “pizza napoletana” se il prodotto non rispetterà effettivamente le regole previste dal disciplinare di produzione riguardo le ore minime di lievitazione, la stesura a mano della pasta, le modalità di farcitura, la cottura in forno a legna a 485 gradi e l’altezza di uno o due centimetri del cornicione. Tutti dettagli che devono peraltro essere certificati da un ente terzo. I limiti riguardano anche le materie prime da utilizzare per preparare la pizza: olio extravergine di oliva, basilico fresco, Mozzarella di bufala campana dop e la Mozzarella tradizionale stg. I pomodori possono essere sia pelati, sia pomodorini freschi.
La più imitata di tutti, se ne fanno anche con ananas, marshmellow e scorpioni
Pertanto, qualora la Pizza Napoletana non corrisponda al disciplinare di sarà considerato un illecito, sul quale l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi (Icqrf) è già al lavoro per dettagliare gli aspetti tecnici per aggiornare le relative disposizioni sanzionatorie inerenti alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli e alimentari.