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Più Europa e Azione insieme per un centro liberale e riformista

Non è la politica liberale che è in crisi: sono le forze politiche attuali che non sanno più interpretare e guidare la società – Occorre rinnovare l’offerta politica in chiave riformista ed è questo il senso del patto federativo tra Carlo Calenda ed Emma Bonino

Più Europa e Azione insieme per un centro liberale e riformista

Si dice che il Parlamento sia ridotto a un mero passacarte dei decreti del Governo e che la politica sia stata soppiantata dai tecnici che non sono eletti da nessuno. Che quindi la democrazia nelle forme che abbiamo conosciuto negli ultimi settant’anni sia entrata in crisi e che stiano prevalendo in tutto il mondo i regimi dittatoriali o quantomeno illiberali, che comprimono la libertà in nome di una presunta maggiore efficienza nella gestione dei complessi fenomeni del mondo moderno (questione sanitaria compresa). Ma si tratta di giudizi gravemente errati. Non è la politica liberale che è in crisi irreversibile, non sono i Parlamenti che non funzionano e non servono. Sono le attuali forze politiche che non sono più capaci di interpretare e nello stesso tempo guidare, le società verso obiettivi realistici e largamente condivisi.

Se guardiamo in particolare alla situazione italiana, appare chiaro che gli attuali partiti non sono più in grado di esprimere delle politiche che conducano verso obiettivi di medio termine evidenti e riconoscibili. Tutti si limitano a stimolare gli elettori su problemi immediati, per lo più suscitando paure e spacciando ricette di basso profilo come cure efficaci. In genere ci si limita ad elargire sussidi un po’ a tutti senza curarsi delle conseguenze di tali politiche sugli assetti finanziari e produttivi del paese. E infatti il risultato di un tale atteggiamento è stato assolutamente insoddisfacente. La crescita si è arrestata da oltre vent’anni. Gli investitori scappano. L’insoddisfazione del popolo cresce e si indirizza verso ricette politiche sempre più estreme, spingendo quindi i partiti sempre più lontano dal centro. E questo vale sia per la destra che per la sinistra.

Ora la situazione sta cambiando. Il governo Draghi rappresenta sicuramente la sconfessione delle ricette miracolistiche spacciate dai vari populismi e la smentita del sovranismo secondo il quale gli interessi della nazione si tutelano chiudendosi entro le proprie frontiere. Molti cittadini si rendono conto che il voto di mera protesta non porta a risolvere alcun problema. Il metodo sobrio e certamente non demagogico di Draghi sembra sia largamente apprezzato pur nella estrema difficoltà di vincere la battaglia contro il virus del Covid.

In questo quadro appare evidente che occorre rinnovare l’offerta politica per poter riavvicinare al voto tanti elettori delusi. E il rinnovamento appare finalmente avviarsi con il patto federativo tra Azione di Carlo Calenda e Più Europa di Bonino e Della Vedova, siglatomercoledì. Si tratta di mettere insieme delle formazioni affini e che già in Parlamento sono unite. Entrambe i partiti hanno un riferimento europeo nell’Alde. Analoghi sono stati i giudizi contro i due governi Conte e a favore invece, del governo Draghi. L’intento non è quello di fare un partito dei moderati, ma al contrario di puntare sulle riforme per far crescere il paese e raggiungere un maggiore livello di equità sia tra le varie classi sociali che tra le generazioni evitando che il peso delle nostre inefficienze venga pagato soprattutto dai giovani.

Dal punto di vista politico quello che conta è l’intento di costituire un centro “indipendente” dalle attuali coalizioni. Un centro che non sia solo un punto geometrico pronto a stare sempre in mezzo, ma una forza nuova e propulsiva capace di proporre agli italiani, stanchi di troppa demagogia, una idea di società basata su una Giustizia affidabile e veramente funzionante, su un ambientalismo pragmatico e ancorato alla scienza, su una sanità rassicurante, e su una scuola in grado di fornire ai cittadini gli skill giusti per valorizzare le proprie potenzialità ed affrontare con tranquillità i cambiamenti del mondo del lavoro. Un centro ambizioso che non vuol essere moderato, ma ben determinato a perseguire i propri obiettivi. Non una palude di conservatori senza idee, ma un nuovo partito che ha un progetto ben definito e realistico da offrire agli elettori.

È quindi importante sottolineare l’autonomia rispetto alle attuali coalizioni (che peraltro appaiono completamente sfilacciate). Un centro che non si divide, come finora avvenuto, tra chi è propenso ad allearsi con la destra e chi invece punta sulla sinistra.  

Nasce quindi una formazione politica nuova, aperta a ulteriori ingressi di forze che ritengono ormai esaurita la stagione delle vecchie coalizioni di destra e di sinistra, e che politicamente pone un’unica solida barriera verso le forze sovraniste e quelle populiste. Si tratta quindi di superare una fase storica che ha visto prevalere gli estremismi e che non ha certo portato i risultati che erano stati annunciati spesso con grande clamore mediatico e abbondanti dosi di demagogia. Si tratta ora di capire se la classe dirigente di questo raggruppamento e più in generale dell’intero paese è disposta a farsi carico di un percorso difficile, ma ricco di buone prospettive per consentire all’Italia di mantenere e possibilmente rafforzare, il ruolo che Draghi le ha dato nel mondo.

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