Una mediazione sembra difficile, se non impossibile. Nonostante i contenuti dell’audizione di Marco Tronchetti Provera, in qualità di rappresentante di Camfin (azionista al 14 per cento di Pirelli), al comitato governativo per il golden power siano ufficialmente top secret, non mancano le indiscrezioni ben informate sul tenore delle dichiarazioni del presidente della Bicocca.
Pirelli: le ragioni dell’allarme lanciato da Tronchetti Provera
In particolare Tronchetti Provera, che nel 2015 condusse in porto lo sbarco di ChemChina al 37% del capitale del gruppo degli pneumatici, ha informato il governo del brusco cambio nei rapporti con il gruppo cinese: partner quasi silente nei primi sette anni di presenza nell’azionariato in cui ha condiviso tutte le scelte del management italiano (non si ha notizia di voti contrari in cda), socio assai più invasivo negli ultimi mesi, al punto da mettere in discussione i punti-chiave dell’alleanza: il socio, in particolare, chiede di aver voce sulle scelte strategiche alla luce delle indicazioni in arrivo da Pechino, nonché sul patrimonio tecnologico della Bicocca, per ora protetto dalla clausola dell’accordo che prevede che la sede del gruppo e delle attività di R&S restino in Italia salvo diversa intesa del 90 per cento del capitale. Al proposito da Pechino è arrivata una richiesta inaccettabile: mettere in comune i sistemi informatici per consentire la condivisione simultanea delle informazioni.
Pirelli e Sinochem: il patto e rischi per l’Italia
Le garanzie a nostra disposizione, ha detto Tronchetti, a questo punto sono messe a dura prova dal pressing del partner, confluito due anni fa nel colosso chimico Sinochem, uno dei gruppi più potenti e più sensibili alle scelte del Partito, il vero motore dell’economia cimese. Dopo una lunga trattativa è stato messo a punto un nuovo statuto, presentato da ChemChina al governo italiano che prevede un consigliere in più per il socio cinese. Non solo. L’accordo prevede che tra due anni la guida dell’azienda passi ad un manager asiatico, per giunta chiamato ad amministrare secondo i principi dello Xi pensiero. Ce n’è a sufficienza, avverte Tronchetti, per lanciare l’allarme sul pericolo che l’Italia perda il controllo della multinazionale degli pneumatici. A meno di un netto e vigoroso intervento del governo italiano. Non è più tempo, come nel 2015/16 di aprire la porta agli investimenti di Pechino nel nome della globalizzazione (non solo Pirelli, ma anche una quota di Cdp Reti, Ansaldo Energia e una quota in Fiat Chrysler) e nemmeno della cauta retromarcia del governo Draghi, che in più occasioni ha esercitato il golden power per fermare acquisizioni sensibili, seppur di modesta entità. Si tratta semmai di mettere, con la dovuta prudenza, la parola fine all’adesione al trattato per la Via della Seta siglato dal primo governo Conte, un atto di straordinario valore politico quanto di scarso impatto industriale.
Pirelli-Sinochem: compromesso difficile per evitare la rottura
Ma la scelta di mettere alla porta Sinochem potrebbe esser giudicata alla stregua di un atto di guerra nei confronti della seconda potenza industriale del pianeta. Di qui la ricerca, che continua oggi, di soluzioni più soft, dalla limitazione del diritto di voto sulle materie sensibili al mantenimento dei segreti industriali. A detta di quanto filtrato dall’audizione di Tronchetti Provera, però, il manager non sembra avere troppa fiducia in un compromesso, almeno allo stato delle cose. Sembra necessaria una linea della fermezza confortata dall’esistenza di un piano B. Torna prezioso al proposito l’asse tra Camfin e Brembo che hanno messo in comune le proprie quote nella Bicocca, primo nucleo di un possibile gruppo dell’automotive italiano. Ma per comprare altre quote occorre che Sinochem accetti di vendere almeno una parte della sua partecipazione, limitando ambizioni e progetti per la Bicocca.
Tutte le opzioni sul tavolo del Comitato golden power
Di tutto questo si sta occupando il comitato per il golden power, esaminando tutte le opzioni a disposizione, compresa la sterilizzazione del diritto di voto per le decisioni strategiche. Questa come ogni altra soluzione che preveda una difficile coabitazione tra le due anime del gruppo, continua a pesare sulle sorti del gruppo in Piazza Affari -1% al quinto giorno di ribasso. La presenza di Sinochem, che ambisce ad un ruolo leader nel settore a livello globale, rischia di danneggiare le vendite Usa di Pirelli. Ma d’altro canto, una frattura con il partner cinese rischia di compromettere la presenza in un mercato, quello cinese, che promette di essere il più dinamico per i pneumatici.