C’è da non crederci. Il famigerato articolo 8 inserito da Sacconi nel recente decreto di agosto, contro cui la Cgil ha fatto addirittura uno sciopero generale, è stato alla base di un accordo che la Fiom ha fatto all’Ilva di Paderno Dugnano, in cui si derogano alcune clausole del contratto nazionale, così da incentivare la produttività del lavoro favorendo quindi la competitività dell’impianto.
“E’ proprio così. Ed anzi in quello stabilimento, che è piccolo, c’è solo la Fiom e non gli altri sindacati. Questo dimostra quanto è ideologica la posizione del vertice della Fiom”. Paolo Pirani, segretario confederale della Uil, non è tenero con il gruppo dirigente dei metalmeccanici della Cgil, che si pone come aggregatore di tutte le spinte rivoluzionarie ed anti-sistema che ci sono nella società italiana. Landini e soci non fanno quindi il sindacato ma gli agitatori politici. Chiusi nel loro bunker di Reggio Emilia, i capi della Fiom programmano le azioni di rottura del sistema economico cercando di creare, con pura tecnica leninista, le condizioni per una esplosione rivoluzionaria.
“In questo senso è evidente la strumentalità delle posizioni assunte nel caso Fiat, che è ormai l’unico palcoscenico rimasto in Italia, dal quale si possono lanciare parole d’ordine massimaliste ed avere un visibile ritorno sui media nazionali. La stessa decisione della Fiom approvata dalla Camusso – prosegue Pirani – di presentare una piattaforma per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici del 2008 che scade a fine anno, è fatta in aperta violazione dell’accordo firmato dalla Cgil a giugno con la Confindustria, e serve solo per cercare di far valere la così detta ultrattività (cioè il periodo di proroga naturale del contratto) in modo da sostenere su una base giuridicamente più solida, presso i tribunali, le cause promosse dalla stessa Fiom contro gli accordi Fiat di Pomigliano e di Mirafiori. Da notare che quel contratto del 2008 è stato superato da quello del 2009 a cui la Fiom non ha aderito, che è stato da tempo disdetto da Federmeccanica, e che comunque tutta l’azione della Fiom contro i contratti aziendali è in contrasto con la lettera e con lo spirito dell’accordo di giugno firmato anche dalla Camusso per conto di tutta la Cgil”.
Quindi anche la Confindustria, che pure ha voluto a tutti i costi la firma della Cgil, non ha affatto risolto i problemi delle deroghe ai contratti nazionali e la questione della rappresentanza.
“Credo proprio di no. La Marcegaglia – dice Pirani – avrebbe dovuto chiedere con determinazione alla Camusso un impegno pieno a risolvere anche i problemi della Fiat. Non solo, ma a differenza di quanto fatto dalla Uil, la Confindustria non ha dato la disdetta dell’accordo del ’93 sulle rappresentanze dando quindi spazio all’azione della Fiom, che pretende di applicarlo in tutte le aziende iscritte a Confindustria”.
Ecco allora una delle ragioni tecniche che hanno spinto Fiat ad uscire totalmente dal sistema confindustriale.
“Proprio così – aggiunge Pirani – e quindi la scelta della Marcegaglia di essere troppo accomodante verso la Camusso porta ad una perdita di rappresentatività della Confindustria”.
Ma il problema della Fiom è stato troppo spesso sottovalutato dai politici e dagli stessi industriali. Qui ci si trova di fronte non più ad un sindacato ma ad un vero e proprio gruppo di attivisti della rivoluzione che cercano contatti con tutti i gruppi che per una ragione o per l’altra sono “contro”. Non a caso Landini e Cremaschi erano alla manifestazione di sabato degli indignati. Non a caso hanno cercato contatti con i centri sociali con gli ecologisti radicali, e difendono la proposta dei giovani di non pagare il debito accumulato dall’Italia. Sicuramente non hanno nulla a che vedere con i teppisti che hanno sfasciato mezza Roma e che scavalcano a sinistra lo stesso sindacato, ma comunque si presentano come l’unica forza organizzata capace di coagulare tutte le proteste e dar loro al momento opportuno una direzione politica.
“La loro capacità di influenza è grande – continua Pirani – perché da loro prende il via un effetto domino che arriva ai vertici della politica,almeno a quelli di sinistra. Landini tiene sotto schiaffo la Camusso; questa a sua volta influenza Vendola, Di Pietro e probabilmente anche Bersani. E così anche i Governi di sinistra sono condizionati e spesso hanno vita breve. In più la Fiom è riuscita a mettere in piedi un circolo mediatico molto influente che parte dal loro sito internet, per arrivare a Santoro, Lerner e tanti altri più o meno noti.”
“La stessa Fiat, come la Confindustria – conclude Pirani – ha sottovalutato l’aspetto politico dell’azione della Fiom conducendo quindi una trattativa di tipo strettamente sindacale mentre ci si trovava di fronte a un problema ben più vasto di carattere politico e prima ancora culturale.”