È finalmente arrivato il decreto attuativo sui Pir. Dopo cinque mesi di attesa in cui il mercato è rimasto letteralmente paralizzato per la mancanza di una regolamentazione ufficiale che facesse capire chi può investire su cosa, il Governo pone fine all’impasse e pubblica in Gazzetta Ufficiale le nuove regole sui Piani Individuali di Risparmio.
PIR: LA STRADA VERSO IL DECRETO
Il testo sarebbe dovuto arrivare a febbraio, ma ben presto si è capito che la deadline non sarebbe mai stata rispettata. Poi si è parlato di marzo, ma ancora nulla. Niente nemmeno ad aprile, nonostante le numerose rassicurazioni e un decreto pronto parcheggiato al ministero dello Sviluppo Economico.
Maggio è il mese della svolta grazie alla quale – ma lo scettiscismo tra gli addetti ai lavori è parecchio – il mercato dei Pir potrebbe finalmente ripartire dopo mesi in cui nessuno ha potuto proporre ai clienti la sottoscrizione di nuovi piani individuali di risparmio a causa delle novità introdotte con la legge di Bilancio che ha modificato il meccanismo di funzionamento di questi strumenti, imponendo nuove e stringenti regole. Un vero peccato, considerando che in soli due anni, secondo i dati Assogestioni, i 72 fondi Pir Compliant sul mercato hanno raccolto quasi 15 miliardi di euro (10,9 nel 2017, 3,95 nel 2018).
PIR: UN BREVE RIPASSO
I PIR, lo ricordiamo, sono stati creati nel 2016 dal Governo Renzi allo scopo di veicolare il denaro degli investitori verso le pmi italiane, consentendo a queste ultime di reperire risorse attraverso un canale alternativo a quello bancario. L’entrata in vigore è avvenuta nel 2017. Come funzionano? Sono dei piani di risparmio a lungo termine che prevedono delle agevolazioni fiscali – niente tasse sulle plusvalenze – per gli investitori retail che decidono di investire i propri soldi sulle aziende italiane per almeno 5 anni. La normativa prevede che almeno il 70% del valore complessivo dei Pir deve essere investito in strumenti finanziari emessi o stipulati da imprese residenti in Italia o aventi attività stabile nel nostro Paese.
PIR, LE NUOVE REGOLE: ECCO COSA CAMBIA
Le regole introdotte dal Governo Lega-M5S con la legge di Bilancio 2019 obbligano gli investitori che decidono di puntare sui Pir a destinare parte del loro denaro all’Aim e al Venture Capital. La normativa vale solo per i nuovi fondi, per quelli sottoscritti prima del 2019.
Nel dettaglio il 70% del valore complessivo dei Pir di cui abbiamo parlato sopra deve essere investito per un 5% in strumenti finanziari emessi da pmi ammissibili e scambiati su sistemi multilaterali di negoziazione e per almeno un 5% in venture capital. Le pmi non devono essere quotate su un mercato regolamentato e non devono aver ricevuto risorse finanziarie per un importo superiore a 15 milioni. Dal punto di vista dell’assetto si tratta di aziende fino a 250 dipendenti, con un fatturato massimo di 50 milioni o, in alternativa, un bilancio sotto i 43 milioni.
Le nuove regole ammettono anche gli investimenti in “equity” e “quasi equity”, vale a dire un tipo di finanziamento a metà tra equity e debito, con un rischio più alto del debito di primo rango (senior) e un rischio inferiore rispetto al capitale primario (common equity).