Secondo la Commissione europea, il Prodotto Interno Lordo italiano nel 2018 crescerà dell’1,3%. Per il 2019 la crescita prevista è invece pari all’1,1%. Una buona notizia? Non proprio dato che le percentuali stimate da Bruxelles sono state riviste al ribasso rispetto a quelle diffuse a inizio maggio quando si indicava un aumento del PIL dell’1,5% nel 2018 e dell’1,2% nel 2019.
Il taglio è stato determinato non solo dalle turbolenze politiche globali che potrebbero incidere sulla nostra economia, ma anche per a causa “dell’incertezza politica interna”, riferisce Bruxelles.
Rispetto al tasso di crescita dell’Eurozona, lo scarto sarà di 0,8 punti percentuali nel 2018 e 0,9 nel 2019. Parlando in parole povere l’Italia crescerà ad un ritmo più basso rispetto a tutta l’Unione Europea. Siamo però in buona compagnia. Come noi, sia quest’anno che l’anno prossimo, farà anche il Regno Unito che però è alle prese con una svolta storica come la Brexit.
Ricordiamo che le ultime previsioni del governo, diffuse alla fine di aprile di quest’anno, a politiche invariate indicavano 1,5% nel 2018 e 1,4% nel 2019.
Bruxelles ha rivisto le stime sull’Eurozona ma sottolinea che la crescita “resta forte” nonostante “l’aumento delle tensioni commerciali, prezzi del petrolio più alti e l’incertezza politica in alcuni Stati membri possono aver giocato un ruolo” nel rallentamento economico. Si passa quest’anno dal 2,3% previsto a inizio maggio a 2,1% e confermato il 2% l’anno prossimo. Nella Ue la revisione al ribasso è stata di 0,2 punti percentuali: 2,3% invece di 2,5% nel 2018, 2,1% invece di 2,2% nel 2019.
La Germania crescerà dell’1,9% in tutti e due gli anni, la Francia dell’1,7%, la Spagna del 2,8% quest’anno e del 2,4% l’anno prossimo. Stabile la Grecia all’1,9% e al 2,3% rispettivamente. Il Regno Unito in discesa rispetto alle stime precedenti: a 1,3% nel 2018 e a 1,2% nel 2019.
Nonostante l’Italia sia cresciuta dello 0,3% del primo trimestre del 2018, la nostra economia “non è sfuggita completamente alla generale perdita dello slancio di crescita nei paesi avanzati”. Mentre il consumo privati e gli inventari continuano a sostenere l’espansione della produzione, la debolezza degli investimenti e delle esportazioni costituiscono un freno alla crescita.
Secondo la Ue “I rischi al ribasso sulle prospettive di crescita sono diventati più rilevanti nell’accresciuta incertezza globale e della politica interna”. Non solo: “A livello interno, qualsiasi rinnovata preoccupazione o incertezza sulle politiche economiche e il possibile trasferimento di rendimenti sovrani più alti ai costi finanziari delle imprese – è scritto ancora nel rapporto di previsione comunitario – potrebbe peggiorare le condizioni di finanziamento e indebolire la domanda interna”.
Nel dettaglio, le prospettive di medio termine per il settore manifatturiero indicano qualche debolezza: gli indicatori principali suggeriscono che l’attuale ripresa “dovrebbe indebolirsi ma continuando a restare al di sopra dei tassi potenziali”.
Da sottolineare che le stime della Commissione Ue si basano su “politiche governative invariate per il 2019, non tenendo conto dunque degli effetti dell’aumento dell’Iva e delle accise contenuto nella legislazione per l’anno prossimo come “salvaguardia” nel bilancio 2018.
La domanda interna resterà il principale motore di crescita in un contesto esterno difficile. Si riprende a investire grazie alle condizioni finanziarie favorevoli e agli incentivi fiscali “anche se la volatilità del mercato finanziario che riflette incertezza globale e interna farà rinviare alcune decisioni di investimento nel breve termine”. Nel 2019, l’esaurimento degli incentivi fiscali e l’aumento graduale dei tassi di interesse “smorzeranno l’aumento degli investimenti”.