I conti economici trimestrali pubblicati nei giorni scorsi dall’Istat confermano le anticipazioni di agosto, collocando al +1,5% la crescita tendenziale del PIL italiano e al +0,4% l’incremento del secondo trimestre rispetto al primo. All’interno del dato complessivo, le dinamiche delle principali componenti della domanda aggregata offrono l’immagine di una ripresa relativamente bilanciata. A fronte di un PIL che cresce dell’1,5%, la crescita annua dei consumi si attesta all’1,2%, raddoppiando il ritmo di aumento rilevato un anno fa (+0,6%).
Rispetto alla situazione rilevata un anno orsono accelerano anche gli investimenti e le esportazioni che crescono rispettivamente del 2,6 e del 4,7 per cento. L’accelerazione della ripresa si associa anche ad un aumento della crescita delle importazioni di beni e servizi che al secondo trimestre del 2017 aumentano su base annua del 5,8%. Oltre che nei valori dei saggi annui di variazione, il carattere bilanciato della crescita si riflette anche nella composizione dei contributi delle varie componenti alla determinazione dell’incremento trimestrale, con i quattro decimi di aumento rispetto al primo trimestre equamente distribuiti tra consumi, investimenti e variazione delle scorte.
Insieme ai dati sui conti trimestrali – PIL e componenti della domanda aggregata – l’Istat ha reso disponibili le statistiche relative ai corrispondenti input di lavoro che, come è noto, fanno riferimento ad un bacino di riferimento più ampio di quello dell’indagine mensile sulle forze di lavoro. Le risultanze diffuse attestano a 25,1 milioni il numero complessivo degli occupati rilevato al secondo trimestre del 2017. Con il dato del secondo trimestre il numero degli occupati di contabilità nazionale torna ai valori prevalenti alla metà del 2008, all’avvio della prima recessione.
Parallelamente, migliora anche il numero delle unità di lavoro equivalenti a tempo pieno che l’Istat quantifica per rendere omogeneo il confronto tenendo conto del fatto che una persona può assumere una o più posizioni lavorative in funzione di fattori quali l’orario di lavoro (a tempo pieno o a tempo parziale) ovvero la durata (continuativa o non continuativa) dell’impiego. Al secondo trimestre del 2017, il numero delle unità di lavoro equivalenti a tempo pieno sale a 24,1 milioni, circa un milione di unità in più del minimo rilevato alla fine della crisi dei rischi sovrani. Nondimeno, il numero delle unità di lavoro a tempo pieno rimane oggi di alcune centinaia di migliaia di unità più basso di quanto rilevato prima della recessione del 2008: una conferma della complessità della situazione sul mercato del lavoro dove lasciti della crisi e cambiamenti strutturali rendono particolarmente impegnativo il cammino di una ripresa da misurarsi in termini di qualità oltre che quantità.
Il comunicato Istat sui conti trimestrali conferma che in ciascuno degli ultimi tre trimestri il PIL italiano è cresciuto di quattro decimi di punto percentuale. Se un analogo incremento verrà conseguito anche nel terzo e nel quarto trimestre, allora la crescita dell’intero 2017 salirà al +1,5%, oltre un terzo al di sopra dell’obiettivo del +1,1% iscritto nel DEF 2017 dello scorso aprile. Obiettivo per i prossimi trimestri sarà consolidare ed estendere la fase di ripresa, a partire dagli interventi utili a dare fiato e qualità alle opportunità di impiego per i giovani. Quest’opera di consolidamento della ripresa economica concorrerà, insieme al mantenimento di condizioni non restrittive a livello europeo da parte della politica monetaria, a ridare tono al deflatore del PIL la cui crescita annua al secondo trimestre del 2017 non va oltre un modesto +0,3%.
Il deflatore del PIL è la misura di inflazione che, sommata alla crescita reale, determina quello che è l’aumento nominale del prodotto, variabile chiave per i target di finanza pubblica che rapportano deficit e debito pubblici al PIL corrente. In Italia come altrove nell’area dell’euro, il consolidamento della ripresa economica andrà congiunto ad uno stabile ritorno dell’inflazione sugli obiettivi indicati dalle autorità monetarie. Insieme alle “finanziarie” che i singoli governi presenteranno per il 2018 il focus dell’attenzione nei prossimi mesi si rivolgerà allo sviluppo delle variabili esplicative dell’inflazione europea, in primis ai tassi di cambio dell’euro.