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Pil Italia potrebbe crescere dell’1% all’anno con più donne al lavoro e maggiore produttività: report di Pgim Investments

Un’analisi della società di gestione sottolinea che l’Italia sottovaluta il suo potenziale. Le donne, che posseggono una maggiore istruzione, darebbero anche un forte impulso alla produttività: non sarebbe solo una questione di numero ma anche di qualità. Con più forza lavoro e più produttività anche il debito calerebbe grazie a un maggior gettito fiscale

Pil Italia potrebbe crescere dell’1% all’anno con più donne al lavoro e maggiore produttività: report di Pgim Investments

Il calo demografico potrebbe non far più paura all’Italia, a due condizioni: se si aprisse il mondo del lavoro alle donne e se si migliorasse la produttività. Se ciò accadesse l’Italia potrebbe veder aumentare il suo Pil di oltre un punto percentuale ogni anno e potrebbe anche diminuire il suo monster debito pubblico. Lo dice in un’analisi della società di gestione Pgim Investments: “L’Italia ha l’opportunità di aumentare drasticamente la propria forza lavoro, nonostante il calo demografico” dice Katharine Neiss, capo economista europeo di Pgim nella premessa del suo studio, riportato da Milano Finanza.

L’Italia ha un Pil attorno ai 1.750 miliardi, con una popolazione sotto i 60 milioni, mentre la Francia con 68 milioni circa 2.500 miliardi. Ma il nostro paese ha tutte le risorse per aumentare il suo Pil, il che avrebbe ricadute positive anche sul debito pubblico, salito al nuovo record oltre 2.840 miliardi di euro.
Il declino demografico è una zavorra per l’economia di un paese, ma con le opportune azioni il Pil verrebbe rinvigorito.

Il cambiamento demografico non è un fattore necessariamente negativo

Prima di tutto occorre mettere in chiaro che il cambiamento demografico è il risultato del progresso umano e non indica uno scenario disastroso, sottolina Neiss, aggiungendo che tale esso “sta avvenendo perché le persone vivono più a lungo, in modo più sano e possono scegliere le dimensioni della famiglia. Detto questo, i cambiamenti pongono sfide politiche che richiedono compromessi politicamente impegnativi”.
L’Italia, che sta registrando un invecchiamento della popolazione più veloce rispetto ai suoi pari europei, “offre un interessante caso di studio”, sottolinea l’economista. Basandosi in parte sulle tendenze attuali, l’Istat prevede che la popolazione italiana, già scesa sotto i 60 milioni, si ridurrà di un ulteriore 20% entro il 2070. “Dal punto di vista della crescita economica, più che la popolazione è importante la dimensione della forza lavoro economicamente attiva. In questo caso, il quadro italiano non appare così allarmante e offre opportunità. Le proiezioni delle Nazioni Unite indicano che in un decennio la popolazione italiana in età lavorativa si attesterà intorno al livello dei primi anni ’80, periodo in cui l’Italia era al primo posto in Europa per crescita”, aggiunge Neiss.

L’Italia sottovaluta il potenziale femminile

Anche in questo quadro, tuttavia, l’Italia sottovaluta il potenziale, in particolare quello che potrebbe arrivare da un aumento dell’occupazione delle donne. “L’Italia ha il tasso di partecipazione femminile al mercato del lavoro più basso dell’Unione europea, pari al 61%. Se da qui al 2030 la partecipazione femminile in Italia raggiungesse la media dell’Unione europea, il 74%, il numero di lavoratrici aumenterebbe di circa 300.000 unità. Se invece la partecipazione femminile in Italia raggiungesse l’85% della Svezia, la più alta dell’Ue, nello stesso periodo, il numero salirebbe a 2 milioni. L’aumento della partecipazione modificherebbe completamente la traiettoria della forza lavoro italiana, che passerebbe da una fase di contrazione a una di crescita nel prossimo decennio», calcola Neiss.

Le donne hanno una maggiore istruzione e migliorerebbero ulteriormente la produttività

La produttività è un’altra area in cui l’Italia potrebbe migliorare. Nell’ultimo decennio l’Italia, certifica Eurostat, ha registrato la terza più debole crescita della produttività del lavoro nell’Ue. Secondo l’Istat, il livello di istruzione delle donne italiane è più alto di quello degli uomini e i livelli di istruzione femminile stanno aumentando più rapidamente di quelli maschili. I vantaggi di un aumento della partecipazione femminile andrebbero quindi oltre il semplice aumento del numero dei lavoratori e migliorerebbero ulteriormente la produttività.
“Nonostante queste tendenze, la Commissione europea rileva che il tasso di istruzione terziaria dell’Italia è uno dei più bassi dell’Ue. Una leva politica fondamentale sarebbe quella di elaborare politiche volte ad aumentare il livello di istruzione per tutti, per migliorare ulteriormente la crescita della produttività italiana e avvicinarla alla media dell’Ue”, avverte Neiss.

Oltre un punto percentuale ogni anno in più sul Pil

Secondo le stime di Pgim, la combinazione di un aumento della partecipazione al lavoro e della produttività ai livelli dell’Ue entro il 2030 potrebbe contribuire alla crescita del prodotto interno lordo italiano per oltre un punto percentuale ogni anno. “Ciò compenserebbe ampiamente il freno alla crescita derivante dal calo demografico. Inoltre, una maggiore partecipazione aumenterebbe il gettito fiscale e, a parità di altre condizioni, contribuirebbe a ridurre il debito. L’aumento delle entrate allevierebbe i trade-off creando più spazio per gli investimenti e sostenendo al contempo l’invecchiamento della popolazione”, evidenzia Neiss.
“Rispetto alla crescita media annua del pil reale dell’Italia, vicina allo 0% nell’ultimo decennio, questi numeri rappresenterebbero un boom, piuttosto che una rovina demografica, per la crescita italiana. La sfida non è il cambiamento demografico in sé, ma la risposta politica ad esso. “In assenza di un’evoluzione politica, tuttavia, le prospettive sono molto più cupe”, conclude Neiss.

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