Dal 1997 a oggi l’Italia ha fatto registrare una perdita di Pil pro-capite di oltre 3.800 euro, ma con riforme che colmino le nostre lacune sistemiche la crescita si può attestare stabilmente al di sopra del 2%. Questo il quadro che illustra alla Camera il direttore del Centro studi di Confindustria, Luca Paolazzi. Un messaggio che giunge proprio a ridosso dei dati Istat, che certificano come il Pil sia in calo per il secondo semestre consecutivo e come l’Italia sia ormai in piena recessione.
Sentito dalle commissioni Bilancio e Politiche Ue sulla crescita 2012, Paolazzi ha sottolineato che “colmare le lacune” sul fronte delle nostre carenze sistemiche, e quindi intervenendo con riforme, “imprimerebbe una dinamica all’economia e alla società italiane aggiuntiva rispetto a quella racchiusa nelle tendenze spontanee e tale da elevare stabilmente il tasso di incremento il ritmo di incremento del Pil ben sopra il 2% annuo, contro molto meno dell’1% che si determinerebbe spontaneamente”.
Un passo più che salutare, alla luce anche dei numeri che hanno contraddistinto il nostro recente passato: dal 1997 al 2011- ha infatti spiegato Paolazzi – il divario di crescita dell’Italia rispetto agli altri Paesi dell’area euro euro è stata pari al 14,7%, pari a una “perdita annua di Pil di 232,2 miliardi, cioè di 3.822 euro per abitante”. Nel dettaglio: dal 1997, quando di fatto è nata la moneta comune europea, al 2007, il tasso di crescita dell’economia italiana è stato mediamente di quasi un punto percentuale inferiore a quello dell’insieme degli altri Paesi dell’area euro, con un 9,4% cumulato.
“Un enorme spreco, visto che con un tasso nella media Ue il Pil italiano sarebbe di 148 miliardi più elevato. Poi è arrivata la crisi e il divario è arrivato al 14,7 per cento”. Paolazzi indica anche i sentieri da percorrere: “Il risanamento dei conti pubblici e le misure a favore della crescita vanno considerati come tasselli di un unico mosaico. Il primo genera stabilità, produce le condizioni di sostenibilità e libera gli operatori dall’incertezza. In questo modo crea il terreno favorevole alla crescita. Le seconde innalzano il dinamismo dell’economia, alleviano i gravi sacrifici e danno loro la più convincente e valida motivazione di migliori prospettive in un futuro non remoto”.
E sul fronte dei conti pubblici Confindustria riconosce che le misure del governo si dimostrano adeguate ottenere il pareggio di bilancio nel 2013 . “Gli obiettivi di finanza pubblica che l’Italia si e’ data – ha rilevato Paolazzi – sono molto ambiziosi: raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2013 e avvio nello stesso anno del rientro del debito pubblico in rapporto al Pil a ritmi perfino superiori a quelli considerati opportuni a livello europeo. Le politiche adottate per perseguirli sono imponenti, con correzioni pari a sei punti di Pil a regime nel 2013”.
Ma Paolazzi insiste anche sul tasto delle riforme: “le riforme- ha detto- sono vitali proprio per innalzare la produttività e, quindi, il tasso di crescita dell’economia italiana. I campi in cui è necessario intervenire sono molteplici”. Ad esempio investimenti pubblici, spesa pubblica, e sul fronte delle entrare spostare parzialmente il prelievo verso i consumi e i patrimoni. Non solo. “Il gettito recuperato dall’evasione, sia con le misure di contrasto sia con l’aumento della compliance, va quantificato e destinato interamente alla riduzione del prelievo fiscale, in particolare quello sul lavoro e sulle imprese- ha insistito il direttore del Centro studi di Confindustria- Il cuneo fiscale-contributivo e il tax rate effettivo pagato dalle imprese sono ai massimi livelli internazionali. La diminuzione delle aliquote avrebbe diversi effetti: favorirebbe lo stesso adempimento spontaneo agli obblighi fiscali, renderebbe il Paese attrattivo per gli investimenti e ne accrescerebbe la competitività”.