Dopo la Commissione europea, anche l’Istat mette in dubbio le previsioni economiche del Governo. Secondo l’istituto di statistica, che ha aperto il nuovo giro di audizioni sulla manovra, per arrivare al +1,2% fissato dall’Esecutivo come obiettivo di crescita per il 2018, “sarebbe necessaria una variazione congiunturale del Pil pari al +0,4% nel quarto trimestre dell’anno in corso”. Una meta che appare irraggiungibile, visto che nell’ultimo trimestre la crescita è stata nulla e che i dati a disposizione dell’Istat parlano di “un’ulteriore flessione”, prefigurando una persistente “fase di debolezza del ciclo economico”.
Maurizio Franzini, numero uno dell’istituto, ha detto in Parlamento che “un mutato scenario economico potrebbe influire sui saldi di finanza pubblica in modo marginale per il 2018, ma in misura più tangibile per gli anni successivi”.
Intanto, si tinge di giallo il vertice in programma nella mattinata a Palazzo Chigi: fonti M5S lo hanno smentito mentre fonti della Lega, sempre interne al Palazzo, lo hanno confermato. In nessun caso, comunque, era prevista la partecipazione del ministro dell’Economia, Giovanni Tria. Una fonte governativa citata dall’agenzia Reuters ha detto che in risposta alle sollecitazioni della Commissione europea il governo potrebbe abbassare la stima sulla crescita economica di 1,5% in modo da tenere conto delle più recenti e deludenti informazioni sulla congiuntura.
Tornando all’audizione dell’Istat, l’Istituto ha sottolineato che il reddito di cittadinanza potrebbe portare una crescita variabile tra lo 0,2% e lo 0,3%, ma rischia di esserci un “problema di equità” nell’erogazione, perché il 40,7% delle che vivono sotto la soglia di povertà abita in case di proprietà, sulle quali una su cinque paga un mutuo medio di 525 euro, mentre il 15,6% in abitazioni in uso o usufrutto gratuito. Il 43,7% vive invece in affitto, quota che è “particolarmente elevata nei centri metropolitani (64,1%) e nel Nord del Paese (50,6%). La spesa media effettiva per l’affitto è di 310 euro”. Per queste ragioni Franzini ha sottolineato la necessità d’introdurre “soglie di accesso che tengano conto, oltre che dei diversi livelli di reddito, anche delle condizioni di godimento dell’abitazione”.
Quanto alle imprese, secondo l’Istat per più di una su tre le tasse aumenteranno a causa delle misure introdotte con la nuova manovra. In particolare, i provvedimenti sulla tassazione delle imprese “generano una riduzione del debito di imposta Ires per il 7% delle imprese, mentre per più di un terzo tale debito risulta in aumento. L’aggravio medio di imposta è pari al 2,1%: l’introduzione della mini-Ires (-1,7%) non compensa gli effetti dell’abrogazione dell’Ace (+2,3%) e della mancata proroga del maxi-ammortamento (+1,5%). L’aggravio è maggiore tra le imprese fino a 10 dipendenti”.