L’inflazione Usa corre a livelli record, il dollaro si rafforza e Wall Street si muove in calo frazionale, mentre i listini europei chiudono una seduta moderatamente positiva, sorretti dai conti trimestrali di alcune società. Nello specifico Milano sale dello 0,44%, a 27.561 punti; Francoforte +0,17%; Parigi +0,03%; Madrid +0,71%; Londra +0,82%. Resta indietro Amsterdam -0,07%.
A New York sono in rosso i tre indici principali, dopo che l’incremento dei prezzi al consumo in ottobre è risultato dello 0,9% rispetto a settembre (+0,6% atteso). Su base a annuale la crescita è stata del 6,2% (5,4% a settembre), il rialzo maggiore dal novembre 1990, contro attese per un +5,9%. Nell’ultimo anno, i prezzi energetici sono aumentati addirittura del 30%, quelli dei generi alimentari del 5,3%. È positivo il dato sulle richieste settimanali dei sussidi alla disoccupazione (meno quattromila), a 267mila, dato più basso da inizio pandemia.
Il quadro macro incrementa le scommesse su un rialzo dei tassi da parte della Fed prima del previsto e spinge le vendite dei titoli di Stato Usa, che vedono prezzi in calo e rendimenti in rialzo, mentre la curva si appiattisce. Inoltre, l’indice del dollaro decolla, muovendosi al momento in progresso dello 0,6%. L’euro cambia in perdita contro il biglietto verde intorno 1,153.
L’inflazione preme sull’acceleratore anche in Cina e in Germania. Nella Repubblica democratica i prezzi alla produzione, nel mese di ottobre, hanno registrato un +13,5% annuo, nuovo massimo storico da ottobre 1996, a causa degli alti costi delle materie prime; +1,5% i prezzi al consumo. In Germania l’indice dei prezzi ha segnato +0,5% su base mensile e +4,5% annuo, allungando rispetto a settembre 2021, quando l’incremento era stato del 4,1%.
Tra le materie prime arretra il petrolio, dopo il dato sulle scorte Usa che sono aumentate per la sesta volta nelle ultime 8 settimane, ma in misura minore di quanto atteso dagli esperti. Il Brent cede lo 0,8% e tratta intorno a 84,1 dollari al barile; il Wti -1,5%, 82,88 dollari al barile.
In Piazza Affari è proprio un titolo oil come Tenaris a vestire oggi la maglia nera, -3,32%. Male anche Saras, -5,25%, mentre si apprezzano Eni (+0,35%) e Saipem (+0,71%).
Tra i titoli maggiormente premiati dopo le trimestrali ci sono Safilo +8,46%, Rcs +11,69%, Mediaset +6,86%. In particolare, il gruppo televisivo ha pubblicato conti in crescita sopra i livelli pre-pandemia e una raccolta pubblicitaria che conferma il trend positivo in atto da cinque trimestri consecutivi.
Sul paniere principale si riaccendono le luci su Stellantis +2,53%, Telecom +2,67%, Cnh +1,86%. Bene alcune utility come Terna +1,51%, A2a +1,54%, Snam +1,48%. Tra le banche svetta Unicredit +1,3%.
I realizzi fanno soffrire Banca Generali -2,15% e Amplifon, -1,01%. Scende Stm, -1,96%. Si conferma debole il lusso, con Moncler -1,09%. Ferragamo perde il 4,23% dopo i contrastanti risultati del trimestre e l’incertezza espressa dal management sul mercato cinese. “Sul titolo pesa la prudenza espressa dal management ieri sull’outlook in Cina che induce a rimanere cauti per i prossimi mesi”, dice un trader. Deutsche Bank alza il target price a 20 da 18,8 euro.
Chiude in calo il secondario, dove lo spread tra Btp 10 anni e Bund di pari durata sale a 116 punti base (+3,19%) e i tassi si portano rispettivamente a +0,88% e -0,29%.
L’economia del Belpaese si conferma però effervescente: +2,6% nel terzo trimestre secondo la stima preliminare dell’Istat. È stata un successo, inoltre, l’asta dei Bot annuali, per 5 miliardi, con rendimento a -0,533%, in flessione di 6 centesimi rispetto all’asta del mese precedente e appena sotto il precedente minimo storico segnato ad agosto (-0,513%).