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Piazza Affari: occhi su banche, Mediaset e Finmeccanica

Tornano a scendere i prezzi del petrolio, ma stavolta il fenomeno non è accompagnato, come capita di solito, dal rimbalzo del dollaro, che stamane sfiora 1,14 sull’euro e mette sotto pressione lo yen. Anzi, i nuovi dati deludenti sull’attività manifatturiera globale (salita nel primo trimestre al ritmo più basso degli ultimi te anni) e quelli non più brillanti sugli investimenti in Usa hanno ulteriormente convinto gli operatori che non esistono ragioni per un prossimo aumento dei tassi Usa, nonostante le ultime dichiarazioni dei membri della Fed (ultimo Erich Rosengren di Boston) lascino intendere il contrario.

NIKKEI IN PROFONDO ROSSO: MAI COSI’ MALE IL GIAPPONE DAL 2014

La congiuntura sui mercati si traduce in un pesante calo del listino giapponese, sotto del 2% abbondante ad un’ora dalla chiusura, ai minimi da sei settimane: lo yen forte (110,8 sul dollaro) è ad un passo dai mini dall’ottobre 1984, con pesanti conseguenze sull’indice Pmi, per la prima volta da un anno sotto quota 50 (la linea di confine tra crescita e recessione). I tassi negativi, per ora, hanno fallito l’obiettivo. C’è da chiedersi come reagirà la banca centrale nella riunione del 28 aprile.

In calo anche gli altri listini della regione, in attesa delle imminenti decisioni delle autorità monetarie di India ed Australia. Tiene bene alla riapertura dopo la festività la Borsa di Shanghai (+0,3%). Anche in questo caso, attendendo l’indice Pmi di marzo, l’andamento è dettato dal dollaro in calo, assai gradito dalle autorità di Pechino.

FISCO: DISCO ROSSO DI OBAMA AL MERGER TRA PFIZER E ALLERGAN (-22%)

In attesa della pubblicazione dei verbali della Fed, previsti per domani, e dei dati macro di oggi (l’Ism non manufacturing, ovvero l’85% circa dell’economia Usa), Wall Street ha avuto un andamento debole condizionato dal calo del petrolio: S&P e Dow Jones -0,3%, Nasdaq -0,5%.

Sul fronte societario, bene Tesla (+4%) dopo che la società di Elon Musk ha reso noto di aver ricevuto 276,000 preordini per la nuova Model 3. Virgin America è salita del 40 % dopo esser stata acquistata da Alaska Air (-6%). Ma l’attenzione è concentrata sullo scontro tra il governo di Washington e le multinazionali del pharma. Per impedire la fusione per motivi fiscali tra Pfizer (-6%) ed Allergan (-22%), il sottosegretario Jack Lew ha annunciato che per Allergan, che ha trasferito la sede legale in Irlanda, non varranno i benefici accumulati nelle operazioni societarie (non poche) degli ultimi tre anni.

ACCORDO A RISCHIO, IL PETROLIO SCENDE A PICCO

Il petrolio ha invertito la rotta. Stamane il Brent tratta a 37,48 dollari, il 3% in meno di venerdì. Più marcata la discesa del greggio americano, giù del 4% a 35,40 dollari. A condizionare il prezzo c‘è il rischio del fallimento dell’accordo di Doha dopo che l’Arabia Saudita ha fatto marcia indietro sul progetto di congelare la produzione ai livelli dello scorso gennaio. Riyad ha detto che la proposta vale solo se vi aderisce anche l’Iran, che ha manifestato l’intenzione di partecipare ai colloqui, ma ha chiarito di prendere in considerazione l’accordo solo una volta che la sua produzione torni 4 milioni di barili al giorno: al momento è stata appena superata la soglia dei 2 milioni.

RISCOSSA DELLE VALUTE EMERGENTI. IN EUROPA SOLO MILANO IN ROSSO

Il nuovo scenario favorisce, a danno dell’area yen e dell’eurozona, l’afflusso dei capitali nei Paesi emergenti. “Un dollaro a questi livelli rimuove un enorme ostacolo per le valute dei mercati emergenti”, ha commentato sul Wall Street Journal Gorky Urquieta, co-responsabile del team di debito dei mercati emergenti per Neuberger Berman di New York. Nelle ultime settimane il suo fondo ha aumentato le posizioni sul peso messicano e sul peso cileno. “I mercati emergenti stanno cominciando a risultare allettanti”.

In questa cornice le Borse europee hanno comunque salutato con una seduta positiva i nuovi acquisti della Bce che, da aprile, sono saliti da 60 a 80 miliardi mese. La Borsa di Parigi ha guadagnato lo 0,5%, Francoforte +0,2%, Londra +0,3%. Al contrario, a Milano l’indice Ftse Mib ha chiuso la prima seduta della settimana con un calo dello 0,77%, a 17.639 punti, sotto la pressione delle vendite sui bancari che non accennano a diminuire.

BTP ITALIA. NEL PRIMO GIORNO RACCOLTI 2,3 MILIARDI

Bene ma non benissimo il debutto di Btp Italia 2024. Si è chiusa con ordini per 2,308 miliardi la prima giornata di offerta riservata al retail del nuovo titolo, che offre un tasso cedolare annuo minimo garantito di 0,40% ed è indicizzato all’inflazione nazionale. L’importo risulta essere inferiore al primo giorno di offerta del titolo con le medesime caratteristiche – ma con un tasso cedolare di 0,50% – lanciato l’anno scorso, che nella prima giornata di sottoscrizione raccolse 3,4 miliardi. La previsione per l’intera emissione è per un importo compreso tra i 7 e gli 8 miliardi, contro i 9,4 miliardi di quella lanciata nel 2015.

Poco mosso il mercato secondario. Il premio di rendimento Italia/Germania sul tratto a dieci anni si è collocato in area 110 centesimi, un paio di punti sopra i livelli di venerdì sera, ma con volumi molto sottili.

BANCHE ANCORA GIU’: MEDIOBANCA E’ PESSIMISTA

Continua l’allarme sulle banche, fanalino di coda nel sistema del credito europeo, tutt’altro che brillante: l’indice dei bancari italiani ha perduto il 2,3% a fronte di un paniere continentale che scende di un più modesto 0,5%. Ad alimentare le preoccupazioni sugli istituti di credito ha contribuito anche uno studio di Mediobanca Securities che declassa a neutral tutto il settore europeo. In particolare, per le banche italiane il broker ritiene che l’attenzione sull’ammontare dei non performing loans in portafoglio sia soltanto una scusa per la vigilanza europea per imporre requisiti patrimoniali più alti in vista del tema caldo dei prossimi anni e cioè l’esposizione ai titoli sovrani.

BANCO POPOLARE AI MINIMI DI SEMPRE

Le vendite prendono di mira in particolare le candidate alle nozze. Bpm lascia sul terreno il 4,1%. L’istituto di piazza Meda, che si accinge a nominare Nicola Rossi alla presidenza del consiglio di sorveglianza ha perso nelle ultime sei sedute un quarto del suo valore. Da inizio anno la perdita è del 38%. E’ andata peggio al Banco Popolare (-7,4%), penalizzata tra l’altro dall’attesa per l’aumento di capitale da un miliardo che dovrebbe essere lanciato entro fine giugno, con la garanzia di Mediobanca e di Bank of America Merrill Lynch. Il titolo ha toccato nel corso della seduta un nuovo minimo storico a 5,28 euro. Da inizio anno la perdita è del 60%.

La lettera non ha risparmiato neanche Monte Paschi, arretrata del 3,8%. In forte ribasso Unicredit (- 2,7%) e Intesa (- 2,5%): Mediobanca le ha declassate entrambe a Neutral da Outperform. Stessa sorte per Ubi, che però limita il calo a -0,4%. Avanzano Mediobanca (+1%) e Banca Pop.Emilia (+1,7%).

AZIMUT, I DIPENDENTI AZIONISTI COMPRANO

Generali ha chiuso la seduta in ribasso dell’1,1%, UnipolSai +0,2%. Nel gestito, ancora in terreno positivo Banca Mediolanum (+0,64%). Azimut +0,57%. Millecentoundici azionisti aderenti al patto di sindacato (su 1.147), di cui 11 dirigenti, hanno avviato un piano di acquisto di azioni Azimut da 32,1 milioni di euro con l’obiettivo di consolidare e rafforzare il patto di sindacato. Il presidente e Ad Pietro Giuliani ha aderito per 4,8 milioni.

VIVENDI SPINGE AL RIALZO MEDIASET

Destini opposti, almeno per ora, per le partite italiane di Vivendi, il colosso parigino presieduto da Vincent Bolloré. La prospettiva della prossima firma (forse già mercoledì) dell’accordo con il gruppo francese ha messo le ali a Mediaset (+2,2%). Positivi i giudizi dei broker sull’uscita del business della pay tv che, secondo Equita Sim, potrebbe permettere un incremento della stima di utile del 18% a 245 milioni. “Con un debito in Italia attorno a 800 milioni di euro, pari al valore della partecipazione di Vivendi, ci attenderemmo rilevanti incrementi del dividendo”, precisano gli esperti del broker che sul titolo confermano il rating buy e il target price a 4,1 euro.

MA TELECOM SOFFRE LE MANCATE NOZZE PARIGINE

Copione ben diverso per Telecom Italia, -3,8% in una giornata nera in Europa per il settore: -2,2% l’indice Stoxx del comparto. Il titolo, al settimo ribasso consecutivo, perde da inizio anno il 25%. Sulla società è arrivata venerdì la tegola dello stop all’aumento dei prezzi nella telefonia fissa in Italia. Ma sull’ex incumbent, al settimo ribasso consecutivo (-25% da inizio 2016) ha pesato anche lo stop alle trattative tra Orange (-6%) e Bouygues (-14%). Sono in forte calo anche Iliad e Numericable-SFR, entrambe pronte ad acquistare alcuni asset per soddisfare probabili richieste dell’autorità antitrust nel caso di un accordo. Berenberg ha tagliato Bouygues a Sell da Neutral, Deutsche Bank ha portato Orange a Hold da Buy.

ENI, FINALE IN DISCESA. CROLLA SAIPEM, SARAS AL TOP

Eni chiude in calo dello 0,2% sull’onda del calo delle quotazioni in Usa dopo aver segnato un guadagno dello 0,4%. Fitch ha tagliato il rating ad A- da A, confermando l’outlook stabile. Continua il blocco dell’attività produttiva di Val D’agri, dal valore di 75.000 barili di petrolio al giorno. Sulla vendita del 15% del campo 4 di Mozambico, di cui Eni detiene il 50%, conferma che l’obiettivo di concludere il deal entro l’anno.

Restano negative Tenaris (-0,7%) e soprattutto Saipem, protagonista di un nuovo tonfo del 4,3%. E’ stata la peggior blue chip del primo trimestre 2016 con una perdita del 62%. Avanza invece Saras (+2,7%), uno dei titoli migliori di ieri a Piazza Affari. Il prezzo si è spinto fino a 1,4930 euro. La società ha comunicato tramite il suo sito che la settimana scorsa il margine di raffinazione medio dell’area Med è rimasto stabile a 3,80 dollari/barile, muovendosi sui livelli di inizio febbraio.

Fra le utility spicca il rialzo di A2A (+1,7%), alla vigilia della pubblicazione dei conti 2015 e dell’aggiornamento del piano in agenda per oggi. Enel scende dello 0,9%, Terna +0,8%.

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FINMECCANICA: OGGI L’ACCORDO CON IL KUWAIT

Grande spunto di Finmeccanica (+3%) alla vigilia della firma dell’accordo per la fornitura al Kuwait degli aerei da combattimento Typhoon. L’accordo prevede la fornitura di 28 aerei da combattimento realizzati dal consorzio Eurofighter, che comprende anche il gruppo Finmeccanica. Il contratto vale circa 8 miliardi di dollari per l’intero consorzio.

Tra gli industriali salgono Stm (+2,1%) e Fiat Chrysler (+0,3%). Secondo i dati Unrae, le immatricolazioni di auto in Italia nel mese di marzo hanno registrato un aumento del 17,39% annuo, a 190.426 veicoli. Il gruppo Fca ha conseguito un incremento delle vendite del 21,6%, a 56.032 auto. 

Fuori dal listino principale balzo di Fincantieri (+6,7%) dopo aver siglato con Carnival contratti per un valore complessivo di oltre 3 miliardi di euro.

Categories: Finanza e Mercati