Quello che si è appena chiuso è stato un mese nero per Piazza Affari. A novembre l’indice Ftse Mib ha lasciato sul terreno l’1,1%, la performance peggiore fra quelle dei principali listini dell’Eurozona.
A pesare è stata soprattutto la sindrome da referendum, che ha intensificato l’ondata di vendite sui titoli bancari italiani (e si è fatta sentire anche sul rendimento dei Btp, passato dall’1,66% all’1,96%). Non a caso, i titoli peggiori del mese scorso sono stati proprio quelli degli istituti di credito.
Malgrado il recupero delle ultime sedute, il Monte dei Paschi – che sconta le voci e i timori sul difficoltoso piano di salvataggio con aumento di capitale da 5 miliardi – ha chiuso novembre in calo del 14%.
Un risultato comunque migliore di quello del Banco Popolare (-26%), particolarmente bersagliata dagli operatori dopo la diffusione della notizia (poi smentita) che la Bce avrebbe richiesto alcune modifiche al piano strategico in vista della fusione con la Popolare di Milano.
Novembre da incubo anche per l’altra grande popolare, Ubi (-15%), ma non è andata molto meglio nemmeno a una big come Unicredit (-11%), sotto pressione in attesa del maxi aumento di capitale da 13 miliardi programmato per febbraio (ieri il titolo ha recuperato il 4,23% dopo la formazione del consorzio di garanzia).
Infine, da segnalare anche il -10% accusato dalla Banca Popolare dell’Emilia Romagna.
Sul fronte dei rialzi, il mese appena terminato è stato più che positivo per Fiat Chrysler, che ha messo a segno un balzo del 9%. La prima posizione spetta però a StM, capace di sfiorare un rialzo a doppia cifra (+9,8%).
Per quanto riguarda le altre principali Borse dell’Eurozona, Parigi ha archiviato novembre con un buon guadagno (+1,7%), mentre Francoforte ha chiuso in sostanziale parità, così come l’EuroStoxx 50 (+0,1%).
Molto più spumeggiante l’andamento dei listini americani, che hanno celebrato un’inattesa luna di miele con il neoeletto presidente Donald Trump. L’indice S&P500 ha guadagnato nel mese il 3,8%, mentre il Dow Jones è salito del 5,7% e il Nasdaq del 2,6%. Il Russell 2000, l’indice delle piccole imprese, è cresciuto dell’11%, ai massimi da cinque anni. Una marcia accompagnata dal rafforzamento del dollaro, salito contro l’euro a 1,057, pari a un rialzo mensile del 3,6%.
La corsa del biglietto verde ha dato la carica anche ai listini asiatici: aiutata dalla svalutazione dello yen rispetto al dollaro, la Borsa di Tokio ha messo a segno un’impennata mensile record del 5%. La Borsa di Shanghai, invece, è salita del 6%.