Se i listini azionari sono termometri per misurare anche le scelte politiche, in questi giorni i pazienti hanno la febbre. Da Est a Ovest oggi la borsa non esprime niente di buono e va in profondo rosso. In Europa Milano cede il 2,5%, Madrid l‘1,8%, Parigi l‘1,2%, Francoforte l‘1,47%, Londra l‘1%.
Stamattina i mercati asiatici hanno chiuso pesantemente in ribasso e nel pomeriggio Wall Street ha aperto in territorio negativo per la quarta seduta consecutiva, accumulando notizie economiche atte ad aumentare la volatilità, come le scorte americane del petrolio in salita e l’occupazione del settore privato non agricolo in frenata. In più si attende stasera, alle 19 ora italiana, l’esito della riunione della Federal Reserve.
L’elemento politico destabilizzante per i mercati del mondo è, secondo quanto scrivono gli esperti, il candidato alla presidenza Donald Trump. L’elemento destabilizzante nostrano invece è un’eventuale vittoria del “No” al referendum costituzionale del 4 dicembre, sulla cui data torna oggi il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, per dire che non si sposta.
Questi aspetti probabilmente influiscono sui mercati, ma sicuramente non sono gli unici. La politica monetaria pesa ancora di più e su questo fronte si registra una presa di posizione del consiglio dei consulenti economici del governo tedesco che, nel suo rapporto annuale, critica la Bce, dicendo che la sua politica nasconde continui problemi strutturali all’interno di Eurolandia e minaccia in modo crescente la stabilità finanziaria. “La dimensione dell’allentamento monetario – scrivono i Saggi – non è più adeguata considerando la ripresa economica nella regione”. In sostanza “la Bce dovrebbe rallentare gli acquisti di bond e terminarli prima”.
Intanto l’Istat rivela che la produttività del lavoro in Italia è aumentata al tasso medio annuo dello 0,3% tra il 1995 e il 2015, contro l’1,6% registrato dall’Ue.
Morale: il Ftse Mib affonda e le banche, già piuttosto provate, subiscono un pesante scossone. Le più colpite sono le popolari, Banco Popolare (-7,05%) e Bpm (-7,69%), anche a causa dell’abbassamento delle stime da parte di Kepler con la riduzione del target price di Banco Popolare da 2,7 euro a 2,45 euro. Bper perde il 5,62%, Unicredit rotola del 4,95%, Intesa del 3,45%.
Monte dei Paschi arretra del 4,25% nel giorno di un atteso cda da cui non esce nulla. Al termine il presidente dimissionario Massimo Tononi rilascia laconiche dichiarazioni solo sul fatto che la posizione da tenere verso il ritiro di Corrado Passera è stata presa ieri “all’unanimità”, forse per spegnere le voci di una presunta divisione all’interno del consiglio stesso, che invece non si placano. Comune il roadshow dell’ad Marco Morelli, per presentare agli investitori il piano industriale e l’aumento di capitale – scrive Radiocor – sta andando ‘molto bene’. È tuttavia troppo presto per capire se questo interesse si potrà tradurre nella firma di contratti da anchor investor o in impegni concreti in vista della ricapitalizzazione: il punto della situazione sarà fatto indicativamente tra due settimane.
Chiusura pesante per Fiat Chrysler Automobiles (-6,21%). Il gruppo guidato da Sergio Marchionne stima una crescita del mercato italiano nel 2017 contenuta, fra il 3 e il 5%, a causa del rallentamento delle vendite ai privati. Anche Ferrari cade circa l’1%%. A fine giornata nessuno dei titoli principali ha il segno più davanti. Male Unipol -4,03%, Exor -4,16%. Avanzano Recordati +1,98% e Buzzi Unicem +1,61%.
Fuori dal Ftse Mib occorre segnalare il pesante scivolone di Stefanel, che chiude la seduta con un rosso del 39,66% nel giorno in cui l’azienda attiva nel settore della moda ha deciso di chiedere il concordato per ristrutturare il suo debito verso le banche.
Brent in picchiata: -3,07%; Oro in salita dell‘1,31%. L’euro si apprezza sul dollaro a quota 1,1116 (+0,55%).