Il dollaro rialza la testa. Soffrono, perciò, i listini azionari anche perché, ad accelerare l’improvviso cambio di rotta alla vigilia delle feste, ha contribuito il tonfo del petrolio, in calo del 4%, sotto i 40 dollari, come non accadeva dallo scorso 23 febbraio.
Wall Street ha così interrotto la striscia positiva: l’indice S&P ha perduto lo 0,6%, il Dow Jones lo 0,5%. Peggio il Nasdaq, -1,1%. In terreno negativo stamane anche Tokyo (-0,2%) e Shanghai (-1,1%), le sole grandi Borse che domani non saranno chiuse per festività. Hong Kong -1,1%.
A inquietare i mercati è il cambio di passo del dollaro: i rendimenti dei derivati dei titoli di Stato Usa si sono portati in avanti, ad anticipare il prossimo balzo dell’inflazione oltre l’asticella del 2%. Di qui i segnali di un possibile, primo aumento del tasso di sconto già ad aprile, come ha lasciato intender James Lockhart, presidente della Fed di Saint Louis. Gli operatori, nonostante le rassicurazioni di Janet Yellen, ci credono: la Fed, per tradizione, si astiene dal muoversi nell’ultimo trimestre degli anni elettorali. Perciò diventa credibile l’ipotesi di un rialzo a primavera, l’altro in estate.
PIAZZA AFFARI -1,3%. MARTEDI’ 8 MILIARDI ALL’ASTA
Anche le Borse europee, dopo una mattinata di buoni guadagni, hanno invertito la rotta a seguito della correzione del petrolio. Si prevede stamane una partenza cauta dei listini del Vecchio Continente. Ma a Piazza Affari si farà festa per le nozze tra Bpm e Banco Popolare, primo frutto concreto delle riforme bancarie.
Ieri, intanto, la Borsa di Milano ha chiuso a 18.462 punti (-1,3%) dopo esser salita in avvio di seduta fino a 18828 punti, corrispondenti ad un rialzo dello 0,7%. Parigi ha perso lo 0,4% e Francoforte ha guadagnato lo 0,4%.
Sul fronte del reddito fisso si è indebolito il Btp con rendimento pari a 1,31% (+ 4 bp). Oggi, con l’offerta di Ctz e Btpei, cominceranno le aste di fine mese. Martedì 30 marzo saranno offerti fra 6,5 e 8 miliardi di Ccteu e dei Btp a 5 e 10 anni. Nel corso del secondo trimestre il Tesoro lancerà un nuovo Btp a tre anni un nuovo Ccteu oltre al quinquennale già a disposizione con la prossima offerta.
BPM- BANCO POPOLARE, ORA L’AUMENTO DI CAPITALE
“Le riforme funzionano, le popolari cambiano: più grandi, più forti, più trasparenti”. Con questo tweet il ministro dell’Economia Gian Carlo Padoan ha salutato ieri sera l’accordo per la fusione tra Banco Popolare e Bpm che oggi, dopo la sospensione degli scambi di ieri, affronteranno l’esame dei mercati.
Dopo un’interminabile giornata di riunioni e di confronto a distanza con la Vigilanza Europea è arrivata finalmente la fumata bianca. L’accordo prevede la nascita di una capogruppo in cui il 54% del capitale sarà in mano agli azionisti del Banco e il 46% ai soci di Bpm. Il sistema di governance sarà di tipo tradizionale con due quartier generali, uno a Verona (sede amministrativa) e uno a Milano (sede legale).
Per il primo triennio il Cda della capogruppo sarà composto da 19 amministratori (di cui almeno 9 indipendenti): nove saranno designati dal Banco e sette da piazza Meda. Successivamente il board sarà composto da 15 membri (di cui almeno 7 indipendenti).
Sul fronte patrimoniale per Verona è previsto un aumento di capitale da un miliardo in forme tecniche da definire che sarà comunque realizzato prima delle assemblee per la fusione. La nota lascia aperta la possibilità di escludere in tutto o in parte il diritto di opzione e di emettere strumenti finanziari convertendi.
Dalle nozze prende il via il terzo operatore italiano con una rete di 2.500 sportelli (quota di mercato superiore all’8%), oltre 4 milioni di clienti, con una posizione di leadership in Lombardia (1° con quota di mercato superiore al 15%), in Veneto (3° con una quota di mercato superiore al 9%) e in Piemonte (3° con una quota di mercato superiore al 12%).
Seduta negativa per il resto del comparto: Unicredit -3%, Intesa Sanpaolo -2,3%, MontePaschi -1%, Ubi Banca -2%. In rally Poste Italiane (+3,37%) dopo l’annuncio del dividendo.
IL CALO DEL GREGGIO SCHIACCIA ENI
A zavorrare ieri il listino italiano ha provveduto Eni, in calo del 2,3% mentre il Brent perde il 2,3% a 40,8 dollari. Sono salite molto più del previsto le scorte di greggio negli Stati Uniti, 9 milioni di barili contro i 3 milioni stimati dal consensus.
In calo anche Enel (-0,3%) dopo una partenza in rialzo. Ieri la società ha presentato i dati del 2015. L’Ebitda è sceso più delle stime di alcuni analisti. Il Cda del gruppo ha anche condiviso il piano strategico di OpEn Fiber Spa (Eof), la società costituita per realizzare e gestire infrastrutture in fibra ottica a banda ultralarga su tutto il territorio nazionale.
MEDIASET FA SBOOM, FRENA ANCHE TELECOM
Giornata di rumors, in buona parte sgonfiati, per alcune blue chips. StM sale dello 0,98% a 4,9840 euro dopo un balzo a metà seduta a 5,11 euro. A favorire il rialzo ha contribuito l’andamento dei produttori di semiconduttori europei (Infineo e Dialog) ma ancor di più le voci s un possibile cambio della guardia: il Sole 24 Ore ha ipotizzato l’arrivo ai vertici di Marco Patuano, ex amministratore delegato di Telecom Italia Il rumor però si è sgonfiato nel corso della seduta.
Delusione anche per Mediaset (-4%) dopo la presentazione del bilancio 2015. Non ci sono state sorprese negative nei dati, anzi, l’utile operativo è stato meglio del previsto. Ma il titolo è stato penalizzato dalla possibilità che possa sfumare la vendita di Mediaset Premium. Nel corso della conference call di presentazione dei dati tenutasi ieri, il direttore finanziario Marco Giordani non ha fornito dettagli di alcun tipo sul destino di Mediaset Premium, secondo indiscrezioni destinata ad essere venduta a Vivendi. Tornando ai dati dell’esercizio, l’utile operativo, grazie ad un inaspettato taglio costi supplementare, si è attestato a 231 milioni di euro, meglio delle aspettative.
Frenata secca anche per Telecom Italia (-3,6%) in attesa della riunione odierna del comitato nomine Reuters riferisce che entro la fine del mese si saprà il nome del nuovo amministratore delegato.
RICHIESTA RECORD PER IL BOND FCA
Rallenta Fiat Chrysler (-1,2%) nel giorno del lancio del bond da 1,25 miliardi con scadenza 8 anni. La società ha strappato un rendimento di 3,75%, meglio delle indicazioni iniziali (4,125% per un ammontare di 1,25 miliardi).
Tra le blue chips rallenta Finmeccanica (-0,27%) nonostante Banca Akros abbia alzato il target price sul titolo a 15,5 euro da 15 euro, confermando a buy il rating mentre Exane Bnp lo abbia portato da 9 a 10 euro (underperform).
HITACHI ALL’ATTACCO: ANSALDO +8%
Ansaldo Sts ha messo a segno un progresso dell’8% circa a quota 10,7: a borsa chiusa Hitachi ha confermato di aver acquistato a 10,5 euro per azione quasi 7 milioni di azioni, oltre il prezzo dell’Opa appena conclusa, che sarà quindi adeguato. Un comunicato del gruppo giapponese conferma che “Hitachi Rail Italy Investments ha acquistato, tramite Intermonte, 6.936.764 azioni ordinarie di Ansaldo Sts ad un prezzo per azione pari a 10,50 euro, pari a circa il 3,47% del capitale, che sommato al 46,48% gia’ detenuto, porta la partecipazione a sfiorare il 50% del capitale di Ansaldo Sts (49,95%)”. Hitachi spiegando che adeguerà il corrispettivo dell’offerta a tale ultimo prezzo e si riserva di procedere ad ulteriori acquisti.
RIMBALZA IL LUSSO, SUPERCEDOLA PER ERG
Nel resto del listino da segnalare il recupero del lusso: Yoox +3,5%, salgono anche Luxottica e Moncler. Fuori dal paniere principale la distribuzione di un dividendo straordinario aiuta Erg (+6%). Scendono Acea (-5%) e Trevi (-5%).