Tanti delisting e poche Ipo di peso. Piazza Affari sta piano piano assottigliando la sua capitalizzazione, incapace di attrarre i pezzi da novanta, che decidono di sbarcare o trasferirsi altrove, e perdendo pezzi a causa di fusioni e delisting.
I delisting che riducono la capitalizzazione di Piazza Affari
L’ultimo in ordine di tempo è quello di Autogrill, che in seguito all’operazione con Dufry che porterà alla nascita di un campione mondiale da 12 miliardi nel settore dei servizi di ristorazione e retail per chi viaggia, traslocherà in Svizzera, sulla Six Swiss Exchange.
Una scelta simile l’aveva fatta qualche anno fa anche il compianto Leonardo Del Vecchio che, dopo la fusione di Luxottica con Essilor, decise di quotare il gruppo solo a Parigi. E che dire di Atlantia, Coima Res, Fedon o del prossimo addio dell’As Roma? Secondo i calcoli di Milano Finanza, sommando le varie operazioni (compresa l’ultima di Autogrill), Piazza Affari perderà circa 22 miliardi di capitalizzazione su un market cap complessivo pari a 645 miliardi di euro, cui vanno aggiunti gli 11 miliardi di Euronext Growth.
E le Ipo?
Se c’è chi va, c’è anche chi arriva. Gli analisti di Ir Top Consulting prevedono lo sbarco di 200 società su Euronext Growth Milan, il segmento di Borsa Italiana dedicato alle pmi ad alto potenziale, la cui capitalizzazione entro la fine del 2022 dovrebbe raggiungere i 13 miliardi, con un aumento legato alle nuove Ipo e a una crescita dell’indice Ftse Italia Growth.
Tutto sistemato quindi? Non proprio. A sbarcare a Piazza Affari saranno per lo più società di piccole dimensioni che per forza di cose non riusciranno a colmare il “vuoto” di chi invece ha deciso di dire addio al listino milanese.
Due grandi colpi sarebbero potuti arrivare dalla moda, con Prada che però nel lontano 2011 ha scelto di quotarsi ad Hong Kong e Zegna che qualche mese fa ha invece deciso di sbarcare a Wall Street. Molte speranze sono ora rivolte verso Plenitude, il ramo d’azienda di Eni specializzato nelle energie rinnovabili. L’operazione sarebbe dovuta scattare proprio in questi giorni, ma è stata rinviata a data da destinarsi a causa delle turbolenze di mercato. “Malgrado le due società abbiano riscontrato da parte degli investitori un forte e diffuso interesse per Plenitude, nonché un significativo consenso sulla sua strategia, Eni ha valutato che la volatilità e l’incertezza che attualmente coinvolgono i mercati richiedano un’ulteriore fase di monitoraggio”, si legge in una nota.
Nel frattempo, secondo i dati emersi dall’EY Global IPO Trends Q2 2022, nel secondo trimestre del 2022 sul mercato italiano sono state realizzate 7 Ipo, con un calo del 30% rispetto allo stesso periodo del 2021. Il bicchiere però è mezzo pieno dato che l’attività di ipo ha raccolto 0,6 miliardi di dollari di proventi, con un incremento rispetto al secondo trimestre 2021 (circa + 60%), grazie ad una specifica operazione conclusasi a fine periodo.
“Il grande numero e il valore delle Ipo che sono state rinviate nella prima metà dell’anno in corso rappresentano un’importante pipeline di operazioni che probabilmente arriveranno sul mercato quando le attuali incertezze e volatilità si attenueranno – scrivono gli analisti di EY – Tuttavia, è probabile che persistano forti turbolenze derivanti dalle attuali incertezze e dalla volatilità del mercato”.