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Piano Mattei, Meloni presenta le 5 priorità ma gli africani avvertono: “Basta promesse, vogliamo i fatti ed essere consultati”

Nel vertice Italia-Africa la premier promette che il Piano Mattei “non sarà una scatola vuota” e ne svela i contenuti per progetti da 5,5 miliardi di euro ma il Presidente dell’Unione africana Faki avverte: “E’ ora di passare dalle parole ai fatti”

Piano Mattei, Meloni presenta le 5 priorità ma gli africani avvertono: “Basta promesse, vogliamo i fatti ed essere consultati”

Innanzitutto cominciamo col dire cosa non sarà il cosiddetto “Piano Mattei” del Governo italiano di centrodestra. Lo ripete fino allo sfinimento la premier Giorgia Meloni davanti ai capi di Stato e di Governo di 46 Paesi africani ricevuti domenica sera al Quirinale per una cena dal presidente Sergio Mattarella e ieri al Senato. E dunque: “non sarà un disegno predatorio”. Non sarà “un progetto calato dall’alto”. Non sarà una scatola vuota”. Non sarà “un piano di buone intenzioni”. Sarà invece – afferma la Meloni – un nuovo modo di interfacciarsi con la sponda Sud del Mediterraneo da pari a pari. Sullo sfondo c’è sempre la ferma volontà delle forze di Governo di “aiutarli a casa loro” per scoraggiare o meglio impedire quei “viaggi della speranza” dei giovani africani che si concludono quasi sempre sulle coste italiane e che preoccupano soprattutto l’elettorato di centrodestra. 

Il Presidente dell’Unione Africana: “Non siamo stati consultati”

Ma, nonostante tutto, il presidente della Commissione dell’Unione africana, Moussa Faki, si è augurato che la presidenza italiana del G7 possa amplificare questo approccio alla partnership con l’Africa. “Signora presidente del Consiglio – ha detto Faki – sul Piano Mattei che lei propone avremmo auspicato di essere consultati. L’Africa comunque è pronta per discutere i contorni e le modalità dell’attuazione del Piano. Insisto qui sulla necessità di passare dalle parole ai fatti, capirete bene che non ci possiamo più accontentare di semplici promesse, che spesso non sono mantenute”. 

La Meloni replica a tutte le critiche (soprattutto dall’opposizione) parlando di  nuovi strumenti  finanziari “per sostenere le iniziative condivise di sviluppo e crescita”. Dunque, non solo “buone intenzioni ma obiettivi concreti e realizzabili”. Un cronoprogramma fisserà le tappe dei vari progetti che verranno messi a punto insieme ai Paesi destinatari dopo che nelle prossime settimane verranno avviate missioni operative. E soprattutto, insiste la premier “l’Africa continuerà ad essere una delle priorità strategiche della politica estera italiana e dunque sarà centrale durante la presidenza italiana del G7″.

Piano Mattei: 5,5 miliardi di risorse in 4 anni

Nella giornata di ieri al Senato vengono analizzate le cinque priorità su cui concentrare l’azione: istruzione e formazione, sanità, agricoltura, acqua ed energia. Non un piano calato dall’alto ma che si baserà su una “piattaforma programmatica condivisa, fuori da un’impostazione predatoria o caritatevole”. E che dovrà vedere l’impegno dell’Italia con “tutto il sistema-Paese, a partire dalla cooperazione allo sviluppo e dal settore privato”. 

Si potrà contare su una dotazione iniziale di oltre 5,5 miliardi di euro in quattro anni: 3 miliardi sono destinati dal fondo italiano per il clima e il resto dal fondo cooperazione e sviluppo. Con l’intenzione di coinvolgere “le istituzioni finanziarie internazionali, le banche multilaterali di sviluppo, l’Unione Europea e altri stati donatori” e creare “entro l’anno un nuovo strumento finanziario per agevolare insieme a Cassa depositi e prestiti gli investimenti del settore privato”.

Più nel dettaglio, da una parte verranno implementati i rapporti bilaterali con i Paesi africani, come seguito della conferenza del luglio scorso (in autunno pevista già una nuova conferenza a Tunisi). Dall’altro la creazione di un Fondo multilaterale presso la Banca africana di sviluppo con soci fondatori Italia ed Emirati arabi uniti, che sottoscriveranno 100 milioni di euro ciascuno ma non si escludono fondi anche da Arabia Saudita (forse 200), dagli altri Paesi del Golfo e da quelli europei come Francia e Germania. 

Un piano sostenuto dalle nostre grandi aziende pubbliche, in primo luogo Eni ed Enel ma che punta molto sui rapporti con la Ue (ieri al Senato a fianco della Meloni la presidente della Commissione Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio Ue Charles Michel). Una scommessa che si affida alla possibilità di utilizzare almeno in parte i fondi del Global Gatway della Ue destinati in gran parte all’Africa per complessivi 300 miliardi di euro in 7 anni. 

Le 5 priorità del Piano Mattei

Ieri in Senato lo struttura delle 5 priorità:

Istruzione e formazione. Capitolo decisivo per Meloni che ha ricordato come “qualsiasi investimento per portare ricchezza ha bisogno di un’adeguata istruzione e formazione per costruire ponti, ferrovie e impianti fotovoltaici, strade, scuole, ospedali”. La premier ha citato un progetto in Marocco “dove puntiamo a organizzare un centro d’eccellenza per la formazione professionale sul tema delle rinnovabili”. Il Piano promuoverà lo scambio, la formazione e l’aggiornamento dei docenti, nuovi corsi professionali, l’adeguamento dei curricula ispirandosi al ‘modello’ italiano di Pmi. Un progetto in Tunisia per la “riqualificazione infrastrutturale delle scuole nel 2024”. 

Salute. Si vogliono rafforzare i sistemi sanitari. In questo ambito la prima nazione che sarà coinvolta è la Costa d’Avorio, “dove il nostro obiettivo  è migliorare l’accessibilità e la qualità dei servizi primari con un’attenzione ai più piccoli, alle loro mamme, alle persone più fragili”. Tra le iniziative che verranno messe in cantiere, secondo quanto riferito, lo sviluppo di strategie e sistemi di prevenzione e contenimento delle minacce alla salute, in particolare pandemie e disastri naturali.  

Agricoltura. “Non siamo impegnati solamente sulla food security” dice la Meloni. La sfida non è solo garantire cibo per tutti ma cibo di qualità per tutti. Ed è fondamentale in questo il ruolo della ricerca che non deve servire per produrre cibo in laboratorio e andare verso un mondo in cui chi è ricco mangia cibo naturale e chi è povero mangia cibo sintetico. Il mondo che vogliamo è “un mondo che viene mantenuto il legame millenario tra uomo e terra e la ricerca garantisce quel legame” ha osservato Meloni, la quale ha evidenziato l’importanza di cogliere le possibilità che offrono le tecnologie “in termini di osservazione terrestre e raccolta dei dati per avere informazioni su fenomeni come la deforestazione, sugli sprechi dell’acqua e lo stato di salute delle agricolture”.

Acqua. L’Italia vuole offrire il suo contributo per migliorare la gestione e l’accesso all’acqua, che è “sempre più scarsa” e la cui mancanza è uno dei principali fattori di insicurezza alimentare, conflitti, immigrazione”. Tra i progetti uno in Tunisia, “dove stiamo lavorando per potenziare le stazioni di depurazione delle acque non convenzionali per irrigare un’area di 8mila ettari e creare un centro di formazione dedicato al settore agro-alimentare”, in Congo dove “intendiamo impegnarci in pozzi e reti di distribuzione dell’acqua soprattutto a fini agricoli alimentati da energia rinnovabile” e in Etiopia con il “recupero ambientale di alcune aree e portare avanti interventi risanamento delle acqua anche attraverso la formazione e il sostegno tecnico alle università locali”.

Energia. Centrale sarà il “nesso clima-energia”. Meloni ha ribadito che l’Italia ha le “carte in regola per diventare l’hub naturale di approvvigionamento energetico per l’intera Europa”. Con lo sviluppo in loco di tecnologie applicate all’energia attraverso l’istituzione di centri dove le aziende italiane potranno selezionare start-up locali e sostenere così l’occupazione e la valorizzazione del capitale umano. “Questo scambio funziona se ci sono grandi infrastrutture di connessione tra i due continenti e lavoriamo su questo insieme all’Ue”, ha osservato la premier citando l’interconnessione elettrica Elmed tra Italia e Tunisia e il nuovo corridoio H2Sud per il trasporto di idrogeno dal Nord Africa all’Europa centrale passando per l’Italia. 

“Non c’è un obiettivo di andare a prendere qualche cosa – spiega l’ad di Eni Claudio Descalzi – ma di andare a dare qualche cosa. Dando loro riceviamo anche noi, poi è chiaro che ci sono delle complementarieta’; l’Africa ha tanta energia, ha tanto territorio, noi abbiamo molto da dare e nel momento in cui cresce l’Africa cresciamo anche noi”. 

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