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Piano casa: l’Italia non ce l’ha. Investimenti a rischio in autunno. L’allarme dei costruttori

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A Scampia si spendono 18 milioni di euro per abbattere o risanare le Vele ma il resto della Regione Campania soffre di una cronica emergenza abitativa. Il crollo nel popolare quartiere napoletano, il bradisismo nell’area flegrea, la ricostruzione di Casamicciola sull’isola d’Ischia, le difficoltà nel risanamento di vecchi edifici nelle altre province hanno portato la Campania al centro dell’attenzione nazionale per una ripresa dell’edilizia abitativa.

Il tema è aperto da tempo e solo la recente direttiva europea sull’efficientamento energetico delle abitazioni lo ha fatto riscoprire. Solo in parte, però, perché come si sa la politica è divisa sull’applicazione della norma europea. Per la Lega, in particolare, resta una spada di Damocle sulla proprietà. Antonio Lombardi, presidente di Federcepicostruzioni oggi chiede al governo e alle Regioni un nuovo Piano casa per tutta Italia. L’occasione l’ha data proprio la Campania con il suo Assessore Bruno Discepolo che ieri ha messo sul tavolo l’urgenza di una ridefinizione delle strategie e della allocazione degli interventi sul territorio. Una settimana fa era stata la presidente dell’Ance, Federica Brancaccio a temere il peggio: il Pnrr è fermo e il nostro ufficio studi prevede una decelerazione degli investimenti del 7,4 % pari a 10 miliardi in meno di investimenti.

Patrimonio da rendere efficiente

I fondi pubblici non mancano e i costruttori dopo il Superbonus vogliono avere davanti un quadro definito di regole. È la pianificazione nazionale dell’edilizia a non sovrapporsi alla domanda sociale e ai bisogni di milioni di persone. “Occorre rilanciare un programma nazionale – dice Lombardi – che metta in campo nuove idee e ulteriori risorse, e che soprattutto attivi una reale collaborazione tra gli organi centrali e le Regioni”. Il Piano casa dovrebbe rilanciare anche il social housing con un programma indirizzato alle classi sociali a medio e basso reddito.

È sottinteso che i soldi devono essere spesi salvaguardando i territori e le compatibilità eco sostenibili.  “Abbiamo un ricco patrimonio immobiliare – aggiunge  Lombardi – che non è più idoneo alle nuove esigenze e alle nuove aspettative del mercato immobiliare”. Evidentemente non tutti gli investimenti devono generare nuove costruzioni. Di fianco c’è la grande opportunità delle ristrutturazioni e delle manutenzioni. L’ambizione a rendere il patrimonio edilizio pubblico e privato più efficiente dal punto di vista ambientale ed energetico oggi non si raccorda con chi all’Assemblea Ance di giugno ha definito la Commisione Ue ” un disastro eco-estremista”.

I programmi di edilizia residenziale pubblica sono fermi da anni mentre la domanda è per “nuovi alloggi, in linea dal punto di vista tipologico e dimensionale, con le esigenze delle famiglie più piccole, degli anziani, dei giovani, ma anche degli studenti universitari”. Al di là di ogni logica di profitto e delle variabili del mercato immobiliare i programmi per la casa devono saldarsi con una vera pianificazione territoriale oggi nelle mani delle Regioni. Anche le Vele di Scampia, a suo tempo, scaturivano da una logica di panificazione urbana e sociale.

Un meccanismo bloccato

“Abbiamo letto che il Mef dice che si sta spendendo troppo poco, i Comuni dicono che non arrivano i soldi, in mezzo ci sono le imprese- ha spiegato la presidente Brancaccio- Qual è l’anello della catena dove si blocca il meccanismo?”. La domanda è per la premier, i ministri Salvini, Fitto, Giorgetti che magari con la prossima legge di bilancio potranno dare qualche risposta. Tra le conseguenze del calo degli investimenti, intanto, ci sono minori entrate per lo Stato. Qualcuno se ne sarà accorto. Certo è che la risposta ad anni di oblio non può essere di decreto Salva casa del maggio scorso che mette a posto le difformità edilizie ma non va alla radice del problema.

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Categories: Economia e Imprese