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Petrolio sempre più caro e Borse in discesa: tonfo del Nasdaq

L’Opec+ non raddoppia la produzione del greggio, ma aumenta gradualmente e i prezzi del petrolio salgono ancora – Male invece le Borse che temono una stretta della Fed – Piazza Affari perde lo 0,6% ma il Nasdaq addirittura il 2,5%

Petrolio sempre più caro e Borse in discesa: tonfo del Nasdaq

La settimana finanziaria in Europa si apre nuovamente all’insegna della volatilità e il finale dei listini continentali è in rosso, appesantito dalle forti vendite che stanno penalizzando Wall Street, a partire dal Nasdaq (-2,5%). In controtendenza Tesla, che ha battuto le stime con una consegna record di auto elettriche nel terzo trimestre.

Milano perde lo 0,6%, Amsterdam -1,24%, Francoforte -0,8%, Parigi -0,61%, Madrid -0,09%, Londra -0,24%. Contestualmente s’impenna il prezzo petrolio ai massimi dal 2014, spinto dalla decisione del cartello dei paesi produttori riuniti nell’Opec (più il gruppo di paesi indipendenti guidati dalla Russia) di procedere con un aumento graduale della produzione, nonostante le richieste di incrementi più rapidi alla luce del continuo aumento dei prezzi energetici. Il Brent supera gli 81 dollari al barile e il Wti corre verso i 78 dollari. Una fiammata che alimenta ancor più i timori d’inflazione, spinta dai prezzi dell’energia, ma non solo, come ha sottolineato oggi il vicepresidente della Bce  Luis de Guindos: “Questo aumento dell’inflazione non risponde solo agli effetti di base, ma ha una componente che avrà un impatto più strutturale”. L’insieme di elementi inflattivi è formato dalle strozzature dell’offerta, dalle distorsioni nei mercati di beni e servizi, oltreché dall’aumento dei costi dell’energia. Così “l’impatto va oltre quello che ci aspettavamo solo in pochi”.

Inflazione non collegata alla crescita e per questo preoccupante, con le banche centrali che forse non potranno continuare a ripetere il “mantra” che si tratta solo di una fiammata temporanea. Per quanto riguarda la Fed molto potrà dire il rapporto sull’occupazione di settembre, che verrà pubblicato venerdi. Gli esperti prevedono la creazione di 475.000 posti di lavoro, dopo la delusione di agosto, quando i posti creati furono 235mila, mezzo milione al di sotto delle stime.

Nell’attesa scende l’indice del dollaro; l’euro tratta intorno a 1,16.Risale leggermente il rendimento dei T-Bond, con il decennale poco sotto 1,5%. L’obbligazionario è poco mosso anche in Italia: il rendimento del Btp 10 anni è in leggera crescita a +0,83% (da +0,82%) di venerdì scorso e lo spread con l’omologo titolo tedesco a 104 punti base (+0,62%).

Nel Belpaese si guarda allo scenario globale, ma anche ai risultati delle elezioni amministrative (con affluenza in calo). Nell’azionario di Piazza Affari sono soprattutto i titoli petroliferi a dare una mano al Ftse Mib. In cima al listino svettano Saipem +2,89%; Tenaris +2,78%; Eni +1,39%. Bene a Leonardo +1,57% e A2a +1,16%.

Gli acquisti sono però surclassati dalle vendite, in particolare su Stm -3,4%; Nexi -2,64%; Exor -2,56%; Prysmian -2,55% Male le banche, a partire da Banco Bpm -1,33%. Nell’auto Stellantis cede lo 0,8%. Le immatricolazioni di auto a settembre sono scese del 32,7% per l’intero settore in Italia e del 41,6% per il gruppo, ma Bestinver conferma il ‘buy’ sul titolo scommettendo sul percorso di recupero di redditività.

Generali registra una piccola perdita, -0,19%, nel giorno dell’avvio dell’offerta pubblica di acquisto volontaria totalitaria su Cattolica Assicurazioni (+0,21%). Amplifon, perde lo 0,86% dopo una mattina in rialzo e un’acquisizione in Australia.

Enel +0,13%. Cassa depositi e prestiti e il fondo australiano Macquarie hanno chiesto l’ok dell’antitrust europeo per l’acquisizione del gestore di reti in banda larga Open Fiber, secondo un documento della Commissione europea. Al momento la proprietà di Open Fiber, creata per la messa a punto di una rete in fibra che aiuti a ridurre il divario digitale tra l’Italia e il resto d’Europa, è divisa tra Enel e Cdp. L’autorità europea sulla concorrenza prenderà una decisione in merito entro il 10 novembre.

In base all’accordo Cdp aumenterà la sua quota, portandola al 60% dal 50% attuale, mentre Macquarie rileverà il rimanente 40%. A livello globale infine i riflettori restano scesi sul colosso immobiliare Evergrande, dopo che la società è stata sospesa dalle contrattazioni ad Hong Kong, annunciando l’arrivo imminente di una  “importante transazione”. Per una fonte cinese ci sarebbe la possibilità di una vendita del 51% della controllata Evergrande Property Services Group, per oltre 5 miliardi di dollari.Secondo Generali Investments gli effetti della bomba Evergrande non dovrebbero, in ogni caso, essere troppo devastanti per l’occidente. “Dal lato del mercato, nonostante l’enorme dimensione del gruppo, il suo debito e le sue azioni hanno una presenza limitata nei portafogli globali al di fuori della Cina: questo significa che dovremmo aspettarci che la maggior parte degli effetti finanziari si sentano a livello locale. Da un altro punto di vista, questo è un test importante per il sistema cinese nella corretta gestione di uno scenario complesso, minimizzando i costi per il mercato e al contempo fornendo un esempio positivo e valide direttive per il futuro, affinché l’intera comunità degli investitori possa apprendere ed adeguarsi”

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