Gli scontri in Iraq iniziano a spaventare le grandi compagnie petrolifere che operano sul territorio. Exxon Mobil, una delle più grandi società energetiche americane, è la prima ad aver ordinato un’evacuazione totale del proprio personale. Lo ha comunicato il capo della compagnia di Stato irachena South Oil Company, Dhiya Jaffar. A seguirla è stata l’inglese Bp che avrebbe preso la stessa decisione per il 20% dei propri dipendenti operanti nel Paese.
Per il momento si tratta solo di un primo segnale, ma la fuga e il conseguente disimpegno delle compagnie ricordano l’ultima guerra in Iraq. Si rischia di tornare al punto di partenza con i pozzi non più nelle mani aglo-americane. “È un messaggio che non ci piace. Pensiamo che il lavoro non possa essere fatto distanza, dovrebbero rimanere qui sul campo”, ha spiegato Jaffar. “Posso garantire alle compagnie che gli attuali sviluppi nel Paese non hanno influenzato né influenzeranno in alcun modo le operazioni nel Sud”.
Posizione diversa quella di imprese come Eni, Schlumberger, Weatherford e Baker Hughes, che, forti anche del fatto che i loro impianti si trovano nella parte meridionale del Paese, sulla quale il governo mantiene ancora il controllo, non sembrano aver dato disposizioni al proprio personale. “Finora non c’è stato alcun incidente, ma c’è la massima attenzione per la sicurezza”, ha spiegato l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi. “Siamo attenti, stiamo monitorando la situazione, dove siamo anche con altre società come Shell, nel sud del Paese”.
