Mai così in basso i consumi di petrolio, avverte l’Opec: le scorte dei Paesi consumatori sono più alte che nei momenti più duri della crisi del 2009. Secondo il cartello, le scorte di greggio sono ai massimi da circa dieci anni con un surplus di 210 milioni di barili oltre la media degli ultimi 5 anni. Di qui un nuovo, pesante calo delle quotazioni: il Brent ha infranto al ribasso la barriera dei 45 dollari (44,1), il Wti scivola a 41,75, la chiusura più bassa da agosto. Non va meglio per il rame, scivolato ai minimi dal luglio 2009, sotto la pressione di nuovi dati negativi in arrivo dall’economia cinese: la Banca centrale di Pechino segnala che i finanziamenti a famiglie ed imprese sono scesi in ottobre sui minimi degli ultimi 15 mesi (514 miliardi di yuan contro 1.105 miliardi a settembre), ovvero si sono dimezzati.
I nuovi segnali di frenata dell’economia globale, a pochi giorni dalle decisioni sui tassi delle banche centrali, hanno provocato una battuta d’arresto su tutti i listini. I mercati asiatici chiudono la settimana in terreno negativo: Shanghai cede lo 0,6%, Shenzhen l’1,6%. Fa peggio Hong Kong (-1,9%). Giù anche Tokyo (-0,9%) frenata dai titoli dell’energia (-2,4%). Arretra anche Wall Street: l’indice Dow Jones è sceso dell’1,44%, lo S&P 500 dell’1,35% e il Nasdaq dell’1,22%. Caterpillar ha perso il 4,5%, Exxon-Mobil il 2,7%. Cisco ha avvertito che il cambio sfavorevole deprimerà le sue attività all’estero: il titolo ha perso il 3%.
Non è andata diversamente in Europa, nonostante le parole di Mario Draghi al Parlamento europeo. A Milano l’indice FtseMib è sceso del 2,3%, la Borsa di Londra ha perso l’1,8%, Parigi -1,9%, Francoforte -1,15%. I settori che hanno perso di più sono Materie prime (Stoxx del settore -4,2%), Petroliferi (-3%) e banche (-1,9%).
LA FED CONFERMA. I TASSI SALIRANNO. DRAGHI PRONTO AL MAXI QE
Al nervosismo dei mercati contribuiscono i segnali in arrivo dalle anche centrali. Dagli Usa continuano ad arrivare conferme sulla prossima stretta. Il presidente della Fed di St. Louis, James Bullard, ha dichiarato che la Banca centrale americana “deve alzare i tassi”. Per il banchiere gli Stati Uniti e gli altri paesi industrializzati potrebbero entrare in una fase permanente di tassi e inflazione bassi che richiederà un ripensamento della politica monetaria: la tesi della “stagnazione secolare” di Lawrence Summers sta prendendo piede. Altrettanto esplicito William Dudley della Fed di New York.
Al contrario, parlando alla Commissione Ue, Draghi ha confermato che la Bce si accinge ad intervenire per contrastare la caduta dell’inflazione. Si profila, dunque, un dicembre ad alta tensione: prima, il giorno 3, le misure espansive della Bce, ormai scontate dagli operatori. Poi, il giorno 16, la probabile “stretta” della Fed, salvo un tracollo della Cina. A render più agitata la stagione natalizia, infine, ci saranno le elezioni spagnole, il 20 di dicembre, all’insegna dell’incertezza.
La ripresa economica favorisce il recupero del governo Rajoy agli occhi dell’elettorato ma “il caso portoghese – nota Alessandro Fugnoli – è lì a dimostrare che il risanamento economico può evitare derive populiste radicali, ma non mette al riparo dall’instabilità politica e dalla tentazione di cavalcare le ampie sacche di malessere prendendo le distanze dall’Europa e dal rigore di bilancio”.
In questa cornice si spiegano sia la forza del dollaro (salito dopo le parole di Draghi) che la tendenza al calo dei rendimenti nell’Eurozona, specie in Italia, trattata alla stregua dell’Europa “core”.
ANCHE I BTP 3 VERSO IL RENDIMENTO ZERO
Ieri si sono chiuse con un nuovo successo le aste di metà mese. Il Tesoro ha registrato tassi su nuovi minimi storici e una forte domanda per l’emissione di Btp a tre anni collocata per 2 miliardi di euro al rendimento dello 0,11% (dallo 0,25% della precedente asta) con richieste a 1,9 volte da 1,53. Bene anche le altre scadenze del Btp a 7 anni collocato per 2,5 miliardi di euro allo 0,98%, del Btp scadenza 2039 per 553 milioni al 2,64% e del Btp 2040 per 447 milioni al 2,71%. Lo spread Btp Bund ha chiuso in calo a quota 100 punti base con rendimento all’1,61%.
UNICREDIT, I BROKER TAGLIANO LE STIME
Pesa sul settore finanziario la bocciatura del piano industriale di Unicredit, che ha perso il 5,4%. Il progetto non ha entusiasmato, malgrado l’aggressivo taglio dei costi promesso, anche per qualche timore sul lato ricavi legato alla trimestrale. Il broker americano Keefe, Bruyette & Woods, specializzato nell’indagine di società del settore finanziario, ha tagliato la raccomandazione a Market Perform da Outperform, abbassando il target price a 6,98 euro da 8,01 euro. Anche JP Morgan ha limato il target a 6,10 euro da 6,20 euro
Negative anche le altre banche: Intesa-1,2%, MontePaschi -3,1%, Ubi -3,3%. Vendite pure sul risparmio gestito: Azimut -2,8%, Mediolanum -3,3%.
GIU’ I PETROLIFERI, IN CONTROTENDENZA A2A
Il calo del greggio ha colpito, come è ovvio, i petroliferi. Arretra Eni (-2,7%), forti cali anche per Tenaris (-2%) e Saipem (-4,5%). Deboli anche Maire Tecnimont (-7,6%) e Trevi (-3,3%). In frenata anche Enel, che scende del 2%. Enel Green Power -1,4%. In controtendenza A2A (+0,50%), che inverte la rotta nel finale e chiude in positivo nella prospettiva di un extra dividendo. Bene anche ACSM-AGAM (+2,60%) dopo che la stessa A2A si è detta interessata all’acquisizione secondo lo schema seguito per Linea Group.
TONFO DI EXOR. NELL’AUTOMOTIVE BRILLA BREMBO
Exor ha perso il 6,4%, a 41,95 euro, dopo il collocamento, a Borsa chiusa, di 12 milioni di azioni proprie, pari al 4,87% del capitale, a 42,6 euro per azione, con uno sconto del 4,99% rispetto al prezzo di chiusura do mercoledì. In ribasso anche Fiat Chrysler (-3%). Nell’automotive brilla Brembo (+3,66%) dopo i risultati del terzo trimestre, chiuso con ricavi in crescita del 16,3% a 510 milioni di euro, meglio delle aspettative. In un comunicato la società afferma che lo scandalo dei gas di scarico dei motori diesel potrebbe avere sull’industria dell’auto italiana un impatto “significativo, ma non drammatico”. Finmeccanica -3%, StM -1,3%.
YOOX IN TESTA AL FTSE MIB, NON RIESCE IL RIMBALZO DI MEDIASET
Si difende il lusso: sale Tod’s (+1,8%), promossa da Kepler Cheuvreux a Hold da Reduce. Yoox-Net-à-Porter sale del 4,6% a 32,59 euro, miglior blue chip di ieri. Sul titolo è intervenuta JP Morgan, che ha ribadito la raccomandazione Overweight, alzando il target a 36,50 euro da 35 euro (+2,9%), il Ceo Marchetti incrementa la quota al 6,1%.
Non resiste il rialzo di Telecom Italia (-2,2%), ben comprata in avvio di seduta sulle voci secondo cui Vivendi sta studiando l’acquisto di un ulteriore pacchetto di azioni per risalire al 20% del capitale dopo la conversione delle risparmio. Mediaset (-1,6%) ha fallito il tentativo di rimbalzo dopo il -10% di ieri.
LE TRIMESTRALI ESALTANO LE MULTINAZIONALI TASCABILI
Destini diversi per una folta pattuglia di Mid Cap alla luce delle trimestrali. Diasorin (+4,4%) segna nuovi massimi storici dopo i dati trimestrali. Natixis e Kepler Cheuvreux hanno alzato i target sul titolo. Dada +8,7% dopo i conti, Salini Impregilo +6,8%, d’Amico +2,6%. Nuovo massimo storico per De Longhi (+3,3%) dopo un utile netto trimestrale di 25 milioni, in crescita rispetto ai 21,2 milioni di un anno fa. Fila, azienda attiva nella produzione di prodotti per colorare, tocca un massimo di 10,55 euro, +3,4% nel giorno del debutto sul segmento Star.
FRANA ASTALDI, RCS AL MINIMO STORICO
Non mancano, però, le bocciature. Nuova caduta di Astaldi (-18%), che ieri ha comunicato una trimestrale deludente. In netto ribasso anche Rcs Mediagroup (-7,5%) dopo la decisione del cda di prorogare le deleghe per l’aumento di capitale. Il titolo è al minimo storico: da inizio anno la perdita si aggira sul 30%. La capitalizzazione si è ridotta a circa 340 milioni di euro.