In Italia facciamo leggi e poi referendum costosi e divisivi. In Francia per fermare le trivellazioni di gas e petrolio sarà sufficiente “la” legge. Un testo con pochi articoli, da applicare subito. Di consultazione popolare, insomma, neanche a pensarlo. La revisione energetica di Emmanuel Macron si fa strada con proclami ambiziosi, da primato europeo.
Per il neopresidente il futuro della Francia dovrà essere solo di energie rinnovabili. Proclamation molto simili a quelle di Donald Trump, che dal giorno della sua elezione attacca le fonti rinnovabili, ritenendo il tema più o meno una bufala messa in giro da Barack Obama e dai circoli europei. Due strategie comunicative identiche, quella di Macron e di Trump, ma divergenti nel merito.
La Francia vuole rivedere ricerche e produzione per chiudere con un passato che l’ha vista protagonista. In cuor suo Macron forse pensa di riguadagnare un primato europeo sulla lotta ai cambiamenti climatici e sull’abbassamento delle quote di CO2. Le recenti dichiarazioni del Ministro ecologista Nicola Hulot sul blocco delle trivellazioni, però, pongono alcune domande. La prima riguarda il tempo entro il quale realmente le compagnie non potranno più indagare e sfruttare il sottosuolo francese.
E’ un tempo compatibile con la massiccia introduzione di fonti rinnovabili nel Paese? Di pianificazione sinora si è sentito poco, eppure sarebbe importante saperlo. Cosa risponderanno le Compagnie impegnate nelle estrazioni e nella distribuzione? E quale conto economico presenteranno, dopo aver pianificato investimenti? L’Italia sotto questo aspetto può fare da esempio. Non solo non ha bloccato le esplorazioni (referendum popolare incluso), ma si è fatta carico di elaborare una nuova strategia energetica.
Una contemporaneità di scelte che sconta il futuro, come vuole l’Europa. Una seconda domanda che pone la scelta di Macron-Hulot sulle rinnovabili, è proprio lo scenario europeo. I Paesi Ue sono certamente orientati verso le rinnovabili da qui al 2030, ma il gas e il petrolio mantengono – e manterranno ancora a lungo – alte quote di mercato. Quattro giorni fa in Italia i consumi di gas hanno addirittura superato quelli di petrolio e le importazioni da fuori Europa restano elevate per tutti. Nel frattempo si progettano nuovi gasdotti.
Quelli che entreranno in funzione non toccheranno in nessun modo la Francia? L’altro grande tema, infine, che accompagna le dichiarazioni del nuovo governo parigino, riguarda l’energia nucleare. Gli effetti della scelta nucleare francese – ormai lontana – hanno giovato alla bilancia dei pagamenti e alla spesa di famiglie ed imprese. Oggi molte centrali sono ferme. Qualcuna, come quella di Bygey a 150 chilometri dal Piemonte ieri ha impensierito per un incidente controllato, ma le centrali restano l’ossatura del sistema energetico nazionale.
L’EDF – la maggiore società francese – dai 50 reattori nucleari ricava il 90% della capacità di produzione elettrica. Spegnere i reattori non sarà facile, né indolore. Macron ha parlato di riduzione di dipendenza dall’atomo, ma dovrà presentare piani credibili, economicamente sostenibili per non restare bloccato dalle reciproche ragioni di nuclearisti e antinuclearisti. Non solo dovrà considerare bene anche il sostanziale attuale sistema di interconnessione delle reti di trasporto. Le ragioni non sono solo nazionali. Da ultimo si estranierà la Francia dalle discussioni sulla realizzazione dell’hub europeo del gas, per il quale l’Italia è candidata? Domande di strategia che una legge non riuscirà a spegnere. A meno che non si badi solo a casa propria. Ma non vogliamo pensarlo.