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Peter Thiel, il tedesco che guida la cultura della Silicon Valley

Peter Thiel, il tedesco di Francoforte, è qualcosa di più di un tecnologo – Ha fondato PayPal ed è primo azionista di Facebook ma soprattutto è l’uomo che influenza la cultura della Silicon.

Peter Thiel, il tedesco che guida la cultura della Silicon Valley

Un tedesco di Francoforte alla guida della Silicon culture

Il 47enne Peter Tiel è l’espressione più radicale dello spirito imprenditoriale e della cultura della Silicon Valley, il più grande ed evoluto incubatore della contemporaneità. Thiel è più di un tecnologo, come fondatore di PayPal, o di un investitore, come primo azionista di Facebook. Su questi terreni Thiel può essere sfidato da altre e più referenziate figure come i fondatori di Google o Marc Andreesen. Peter Thiel è soprattutto un teorico e un ciberpensatore. Non per niente è tedesco (di Francoforte), come erano tedeschi Kant, Hegel e Marx, e si è laureato in filosofia a Stanford sotto l’influenza di un pensatore atipico come René Girard, l’ideatore della teoria antropologica basata sul meccanismo del capro espiatorio, che è anche il titolo di un suo famoso libro tradotto in italiano da Adelphi. Thiel è stato anche uno dei migliori scacchisti americani under 21, a riprova ulteriore della sua vocazione a pensatore strategico.

Alcune sue intuizioni sono tanto paradossali quanto leggendarie. Un suo libro Zero to One (tradotto in italiano da Rizzoli) ha scalato la classifica della New York Times Bestseller List per la non-fiction fino al numero uno mantenuto per svariate settimane. La personalità di Thiel ha anche ispirato gli sceneggiatori della serie HBO Silicon Valley nel modellare la figura di Peter Gregory, uscito al quinto episodio della prima stagione a seguito della prematura scomparsa dell’attore che lo interpretava. Fortune paragona il ruolo di Thiel a quello di intellettuali pubblici come Thorstein Veblen o Norman Mailer.

Thiel unchained

Ecco qualche perla del pensiero di Thiel. Monopoli di Internet: non sono un male, tutt’altro sono alla base dello sviluppo della nuova economia e dell’innovazione creativa. Non c’è da preoccuparsi sono realtà transienti. Capito, Commissione europea? 

Innovazione: da oltre mezzo secolo non si è vista nessuna innovazione che abbia inciso davvero sulla vita della gente, niente di simile al motore a scoppio o alla lampadina della seconda rivoluzione industriale; ci aspettavamo le macchine volanti e abbiamo avuto i 140 caratteri di Twitter.

Europa: non investirà mai nell’Europa continentale, la sua etica del lavoro è ripugnante (un’opinione simile l’aveva anche Steve Jobs). In effetti poi ha investito in due start-up di Berlino.

Istruzione: Thiel ha istituito uno specifico fondo per incoraggiare i giovani a lasciare gli studi e a formarsi come imprenditori alla guida di una start up. Infatti è stato Thiel a dare il primo mezzo milione di dollari a Mark Zuckerberg per The Facebook. Lo vediamo anche in una scena del film The Network quando, spinto da Sean Parker, Mark si presenta in pigiama e ciabatte all’incontro con Thiel e altri potenziali investitori per il primo round d’investimento; se ci fosse andato in giacca e cravatta e con un diploma universitario, i soldi non li avrebbe presi.

Startup: in tutte le le iniziative più innovative, più ardite, ambiziose e pazze della Valle c’è lo zampino del tedesco di Francoforte. Vegano e animalista ha messo un bel po’ di soldi in alcune start-up, tra cui Modern Meadow, che si propongono di sostituire la carne nell’alimentazione umana con un surrogato 3D che non ne farà rimpiangere il gusto ai consumatori.

Il divorzio tra libertà e democrazia

Si potrebbe continuare per pagine e pagine per arrivare all’ultimo eclatante episodio che ha riempito le pagine dei giornali. Peter Thiel ha pagato oltre 10 milioni di dollari di spese legali del wrestler Hulk Hogan in una causa contro il sito gossip Gawker che un tribunale di Tampa in Florida ha condannato a risarcire 140 milioni di dollari a Hogan per la diffusione da parte di Gawker di un video privato in cui il muscoloso lottatore fa sesso con la moglie di un amico. Subito dopo Gawker ha portato i libri in tribunale perché il risarcimento è superiore al suo stesso fatturato. Stupore generale! Sa di finale di coppa del mondo: diritto alla privacy contro diritto all’informazione. Ma che c’entra Thiel?

Sembra che Thiel si sia risoluto ad assumere il più costoso team di avvocati di Hollywood (Harder, Mirell & Abrams) per la difesa di Hogan non tanto per revanchismo contro Gawker che lo aveva costretto a un outing involontario dopo un articolo dal titolo, Peter Thiel is totally gay, people, quanto dalla determinazione di voler affermare un principio etico-filosofico alla base del suo pensiero della sua azione: la libertà è un valore superiore alla democrazia e siccome il principio di liberà non sempre si rispecchia nelle pratiche della democrazia, occorre ripristinare le giuste gerarchie con ogni mezzo. In un saggio dal titolo The Education of a Libertarian, Thiel ha affermato senza mezzi termini “Non credo più che libertà e democrazia siano compatibili”. La seconda, con i suoi meccanismi rappresentativi inefficienti e ipocriti, ha irrimediabilmente soffocato la prima. Il rapporto di nutrimento si è rotto. La libertà non è più perseguibile con mezzi politici. La sua ultima speranza è nella tecnologia: “Le nuove tecnologie possono creare nuovi spazi per la libertà” scrive Thiel.

Pertanto la persona che crede nella libertà come valore supremo deve poter trovare nuovi spazi dove poterla realizzare e questi spazi devono essere ricercati altrove: nel ciberspazio, nel cosmo e in grandi comunità autonome su piattaforme galleggianti mobili (Seasteading) costruite in acque internazionali. Con la tecnologia si possono creare queste nuove comunità che non sono legate al concetto classico di Stato-nazione. Si tratta di comunità in grado di produrre un cambiamento nell’ordine politico e sociale esistente. Facebook è una di queste comunità.

L’individuo è la nuova dimensione del sociale

Se la democrazia consente a Gawker di violare la liberà di Hogan è giusto che la democrazia finisca per Gawker. E tra la meraviglia di una nazione abituata a tutto, Gawker è stato annichilito. Amen! Annichilito da un miliardario di destra affermano quelli di Gawker. Da un libertario che si è trasformano in un seguace di Nietzsche, rincara l’“Economist”.

Ora seppur le idee e i comportamenti di Thiel possano sembrare bizzarri e irritanti, non sono poi così campati in aria o proiettati in un tempo improbabile. La democrazia soffre in effetti una crisi profonda e serve sempre peggio le aspirazioni di un individuo che vuole realizzarsi in una società che glene offra concretamente l’opportunità. Se fenomeni come il trumpismo e il brexitismo diventano mainstream vuol dire che c’è qualcosa che non funziona più nei meccanismi della democrazia e della rappresentanza così come si sono sviluppati dopo la pubblicazione nel 1989 de La fine della storia di Francis Fukuyama.

Scrive Thiel: “Il destino del nostro mondo potrebbe dipendere dallo sforzo di una singola persona di produrre o diffondere gli ingranaggi della libertà, che rende il mondo un posto sicuro per il capitalismo”. La lotta di una singola persona come Hulk Hogan per difendere la propria libertà individuale è una lotta di un’intera comunità.

Thiel, questa volta in una magnifica solitudine nella Valle e tra l’élite tecnologica, è un grande elettore di Trump per la California. Un appoggio così diretto di Thiel a Donald Trump ha un stupito gli osservatori anche se Thiel è un sostenitore da sempre dell’ala libertaria del GOP di Ron e Rand Paul. Che cosa hanno i libertari da spartire con Trump? Indubbiamente l’avvicinamento di Thiel a Trump è frutto della cultura antipolitica di Thiel come ipotizza l’“Economist”, ma forse è anche il punto di approdo della evoluzione di una cultura più meritocratico-elitaria (da classe eletta) che libertaria di una certa ala radicale della Silicon Valley. Di questa evoluzione si è occupato l’“Economist” che è il più importante think-thank liberale del mondo, in un articolo su Peter Thiel che offriamo ai nostri lettori nella traduzione di Ilaria Amurri. Buona lettura!

La vendetta è un piatto freddo

Per Peter Thiel è normale stare al centro dell’attenzione. Si può dire che sia l’investitore più affermato al mondo nel campo delle tecnologie, in quanto co-fondatore di PayPal e primo finanziatore esterno di Facebook, nonché l’eminenza grigia dietro circa una dozzina di start up della Silicon Valley.

Si è sempre professato un libertario e ha sfruttato la sua fortuna per appoggiare una vasta gamma di cause stravaganti, ad esempio contribuendo alla costruzione di vere e proprie isole private indipendenti dal controllo del governo o pagando i giovani imprenditori affinché creassero nuove aziende invece di andare all’università e ha perfino dichiarato guerra alla morte. È stato bersaglio di humor nella serie Silicon Valley, il grande successo della HBO, e la sua figura è ritratta brevemente nel film su Mark Zuckerberg The Social Network.

Eppure l’ultimo periodo è stato particolarmente intenso anche per i suoi standard, infatti ha ammesso di aver sostenuto economicamente il wrestler Hulk Hogan (che in realtà si chiama Terry Gene Bollea) nella causa intentata contro Gawker, un sito di gossip che ne aveva violato la privacy pubblicando un suo video porno. Hogan in realtà è solo uno dei tanti beneficiari della generosità dimostrata da Thiel in campo legale. Nel 2007 il blog Valleywag di Gawker pubblicò un pezzo intitolato “Peter Thiel è del tutto gay, gente”. Per l’imprenditore la vendetta sembra essere un piatto che va servito freddo, perciò, dopo aver fatto outing, finanziò in segreto una squadra di avvocati per trovare “vittime” di Gawker e aiutarle a fare causa al sito.

Una giuria della Florida ha assegnato a Bollea un risarcimento di $140 milioni (sebbene gli esperti in materia legale siano convinti che la somma finirà per essere ridimensionata o che la sentenza sarà ribaltata in appello) e Thiel ha dichiarato sul “New York Times” che si sarebbe trattato di “uno dei più grandi atti filantropici che abbia mai fatto”. Tuttavia, in molti lo hanno giudicato brutalmente, condannandolo per aver abbandonato i suoi principi libertari nel tentativo di zittire Gawker e contestando le cause intentate “da terzi” (in cui figure esterne intervengono economicamente in una disputa legale per trarne un vantaggio), temendo che i miliardari trasformino il sistema legale in uno strumento da piegare ai loro capricci.

Luci e ombre nell’azione di Thiel

Bisogna riconoscere che comunque è abbastanza facile trovare buchi nelle argomentazioni contro Thiel: l’invasione della privacy di Bollea da parte di Gawker non era di alcun interesse pubblico e lo stesso principio che consente a Thiel di pagare per fare causa a Gawker permette anche a ogni tipo di “cavaliere bianco” di farla pagare alle grandi società finanziarie. Perfino la scelta di restare nell’anonimato può essere difendibile: se un caso giudiziario va a buon fine, non dovrebbe importare a nessuno di sapere chi sta pagando e se Gawker può giustificare il suo comportamento sulla base della libertà d’espressione, allora Thiel può sicuramente giustificarsi con la scusa di avere agevolato il corso della giustizia.

Eppure il suo comportamento continua a destare molti dubbi, soprattutto riguardo all’intento di “fare da deterrente” per Gawker. In sostanza Thiel sta sfruttando la sua notevole ricchezza per vendicarsi, ma cosa succederebbe se altri miliardari utilizzassero i loro soldi per rovinare i media, per esempio, semplicemente perché non concordano con la loro politica? In questo modo Thiel sta contribuendo ad alimentare un contenzioso che la maggior parte degli altri libertari considera giustamente un flagello per l’economia e per la società americana. Di certo ha la fortuna di essere una delle menti più interessanti nel business americano, ma il caso di Gawker fa pensare che stia prendendo una brutta piega.

Ai tempi d’oro, Thiel era una via di mezzo tra un libertario e un anticonformista. Quando studiava a Stanford, tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, si scagliò contro la nuova ortodossia accademica del multiculturalismo, della diversità e del politicamente corretto fondando una rivista conservatrice, la “Stanford Review”, e pubblicando un libro provocatorio intitolato The Diversity Myth (“Il mito della diversità”). Difese persino uno studente di giurisprudenza, Keith Rabois, il quale aveva deciso di testare i limiti della libertà d’espressione all’interno del campus piazzandosi davanti alla casa di un Professore e mettendosi a urlare “Ehi frocio! Spero che tu muoia di AIDS!”. Quando era ancora un novellino della Silicon Valley la visione libertaria ispirò molte sue decisioni imprenditoriali. Sperava che PayPal avrebbe fatto nascere una nuova valuta mondiale, fuori dal controllo delle banche centrali e dei governi, e che Facebook avrebbe aiutato le persone a creare comunità spontanee distinte dai classici stati nazionali.

Da libertario a nicciano

Oggi il suo pensiero ha però assunto una connotazione più oscura. In un saggio che scrisse nel 2009 per il Cato Institute, un centro specializzato di orientamento libertario, dichiarò che non credeva più “che libertà e democrazia fossero compatibili”, addossando in parte la colpa del crescente statalismo all’aumento eccessivo dell’assistenzialismo pubblico, senza farsi mancare un finale magniloquente sul ruolo centrale dell’individuo in una società rinnovata. In un libro del 2014, Da zero a uno, sminuisce invece i vantaggi della concorrenza e celebra il potere dei “monopoli creativi”, che “portano nel mondo categorie di abbondanza completamente nuove”. In pratica adesso è libertario quanto può esserlo un nicciano, uno secondo cui gli imprenditori più dotati possono cambiare il mondo con la forza di volontà e con il puro intelletto.

I motivi della svolta nicciana di Peter Thiel sono molteplici. Uno è sicuramente il suo spirito di controtendenza: lo stesso caratteraccio che gli ha fatto venire il rifiuto per tutto ciò che è “politicamente corretto” potrebbe celarsi dietro la decisione di presentarsi come delegato di Donald Trump all’ultima convention repubblicana. Un secondo motivo è di ordine filosofico: esiste una forte corrente libertaria a cui il buon senso delle grandi masse interessa molto meno della genialità dei grandi uomini e questo ricorda La rivolta di atlante, di Ayn Rand, in cui la minoranza creativa del genio imprenditoriale si è ritirata dal mondo lasciando le masse a godere i frutti del socialismo. Il terzo motivo è il suo pessimismo: è così preoccupato che la rivoluzione tecnologica non abbia portato i miglioramenti attesi sul piano della produttività e dei risultati tangibili da ritenere che la Silicon Valley e l’America abbiano bisogno di una bella scossa.

In verità, però, la causa più importante è il passare del tempo, che troppo spesso ha trasformato il genio in stramberia spingendo uomini intelligenti a sprecare le loro energie in battaglie stupide. Sarebbe una terribile ironia della sorte se l’uomo che ha dichiarato la sua opposizione “all’ideologia dell’inevitabilità della morte” fosse caduto vittima di uno dei sintomi più classici dell’avanzare degli anni.

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