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Per l’export africano i rischi arrivano da cambi e dollaro

Secondo le più recenti previsioni del Fondo Monetario Internazionale (World Economic Outlook di ottobre 2015), la crescita del PIL nell’Africa Sub-Sahariana è vista frenare dal 5,2% al 3,8% nel 2015 e accelerare quest’anno al 4,3%. Il rallentamento è imputabile principalmente ai mercati esportatori netti di idrocarburi. Si prevede, inoltre, che nell’Africa Sub-Sahariana il tasso medio d’inflazione accelererà al 6,9%, dal 6,4% nel 2014. Gli effetti inflazionistici, soprattutto il deprezzamento del cambio, si sentiranno anche nel corso di quest’anno, portando il tasso medio d’inflazione al 7,3%. Nel corso del 2015 le banche centrali dei paesi petroliferi e di quelli a reddito medio hanno alzato ripetutamente i tassi di riferimento. Considerando che gli effetti dell’ampio deprezzamento delle valute sull’inflazione non si sono ancora del tutto manifestati, gli analisti ritengono che nuove azioni restrittive saranno probabili nel corso del 2016.

A causa della debolezza strutturale dell’economia e, per quanto riguarda soprattutto le economie a reddito medio, l’elevato deficit corrente della Bilancia dei Pagamenti, le valute dell’Africa Sub-Sahariana hanno una tendenza a deprezzarsi nel tempo. Questa tendenza si è accentuata a partire dai mesi finali del 2014 quando è iniziato l’attuale ciclo ribassista delle materie prime. Il deprezzamento delle valute ha accresciuto la vulnerabilità finanziaria dei mercati dove la dollarizzazione delle economie è particolarmente elevata (Angola, Repubblica Democratica del Congo e Tanzania) e di quelli che hanno un debito estero in rapporto al PIL consistente, almeno per gli standard delle economie emergenti (Angola, Ghana, Kenya e Tanzania). In molti Paesi nel prossimo biennio il debito estero in rapporto al PIL è previsto salire, avvicinandosi ai livelli pre-ristrutturazione. Nel corso del 2015 il peggioramento del saldo corrente della Bilancia dei Pagamenti, le pressioni sul bilancio dello Stato dovute alla frenata della crescita economica e al calo delle entrate dipendenti da materie prime e, infine, l’aumento del debito pubblico e di quello esterno hanno portato a diffusi tagli di rating nei Paesi dell’Africa Sub-Sahariana, che hanno riguardato, tra gli altri, l’Angola, la Nigeria, il Ghana e il Kenya.

In Angola, secondo dati preliminari forniti dal FMI, nel 2014 la crescita del PIL ha frenato al 4,8% dal 6,8% dell’anno precedente a seguito della diminuzione del comparto idrocarburi (-2,6%) determinata dalla chiusura per manutenzione di alcuni pozzi che ha portato ad un taglio del 4,9% dell’estrazione media giornaliera di petrolio (a 1,71 milioni di barili al giorno da 1,799 mln). La parte non idrocarburi ha continuato a registrare una dinamica sostenuta (+8,2%). Con i nuovi siti estrattivi gradualmente verso il pieno regime, la produzione è attesa aumentare del 5,5% quest’anno e crescere ancora nei prossimi, sino a raggiungere i 2,26 milioni di barili al giorno nel 2019. La parte non idrocarburi, invece, sta frenando sensibilmente. Il FMI, come riportato da Intesa Sanpaolo, ha tagliato le stime di crescita del PIL al 3,5% sia nel 2015 che per quest’anno, con la dinamica della parte non idrocarburi attesa frenare al 2,1% nel 2015 e al 3,4% nel 2016.

Gli effetti inflazionistici dell’ampio deprezzamento del cambio non si sono ancora del tutto manifestati. Si prevede un tasso medio d’inflazione attorno al 14% per quest’anno dal 10,3% stimato nel 2015. A fronte delle persistenti pressioni sul cambio, la Banca Centrale ha proseguito l’azione restrittiva iniziata nel settembre 2014 alzando il tasso di riferimento di ulteriori 150pb (al 10,5%). Con la valuta sotto pressione, data la congiuntura negativa del mercato degli idrocarburi e l’inflazione prevista in ulteriore accelerazione, nuovi rialzi dei tassi sono probabili. Nell’ultimo anno la moneta dell’Angola, la kwanza ha perso oltre un terzo del proprio valore portandosi a 136 AOA : 1 USD. Sul mercato non ufficiale sono richiesti fino a 250 kwanza per 1 dollaro.

Nel 2014, come accadde nel 2009, la contrazione del surplus commerciale (sceso al 23,6% del PIL dal 33,7% nel 2013) ha portato la bilancia corrente in deficit (3,7 miliardi, 1,5% del PIL). Per il 2015 si prevede un’ulteriore sostanziale riduzione del surplus commerciale (al 15,7% del PIL) con il deficit corrente visto salire a 7,6% del PIL. Le riserve in valuta a fine settembre 2015 ammontavano a 23,8 miliardi. Lo stock di riserve copre quasi 6 mesi di importazioni ed è ampiamente superiore al fabbisogno finanziario estero. Nel corso del 2015 il peggioramento della posizione fiscale e di quella esterna e l’aumento del debito pubblico e di quello estero hanno portato diffusi tagli di rating del debito sovrano in valuta dell’Angola, ora valutato B+ (da BB- precedente) da S&P e Fitch e Ba2 da Moody’s.

In Nigeria le misure adottate per contenere il deficit pubblico e le pressioni al deprezzamento sulla valuta dovute principalmente al crollo delle entrate petrolifere stanno determinando una sostanziale frenata dell’economia. Da gennaio a settembre 2015 la crescita del PIL è stata pari al 3,1%, rispetto al 6,3% nello stesso periodo dell’anno precedente. Nel 2016, la probabile dinamica più contenuta della parte non idrocarburi, prevista crescere ad un tasso del 4%, potrebbe essere bilanciata da un calo più contenuto che nel 2015 della parte estrazione e raffinazione (-4% rispetto a -5,6%), mantenendo la crescita del PIL sopra il 3%.

Il tasso medio d’inflazione, stimato al 9% nel 2015 dall’8,1% nel 2014, è previsto accelerare ulteriormente nel 2016 per effetto principalmente del deprezzamento del cambio. Lo scorso novembre la Banca Centrale ha tagliato il tasso di riferimento dal 13% all’11% ed a ridotto il coefficiente di riserva dal 25% al 20%. La caduta del prezzo del petrolio ha determinato forti spinte al deprezzamento. Dopo la svalutazione operata nel febbraio 2015, le Autorità hanno difeso la parità introducendo forti restrizioni all’offerta di valuta e all’operatività degli uffici di cambio. Le restrizioni valutarie hanno alimentato tuttavia un fiorente mercato non ufficiale dove la Naira è scambiata a 265 contro dollaro (rispetto a 198 cambio ufficiale). La relativa stabilità del cambio, a fronte di un’elevata inflazione, ha portato ad un ampio apprezzamento del cambio reale effettivo, che si trova ampiamente al di sopra della sua media di lungo periodo.

Nel 2015 il saldo corrente della Bilancia dei Pagamenti ha probabilmente riportato un deficit per la prima volta dal 2003. Nel periodo gennaio-settembre 2015 la bilancia corrente ha registrato un deficit di 11,4 miliardi di dollari, rispetto ad un surplus di 6,3 mld negli stessi mesi dell’anno precedente. Le riserve valutarie sono diminuite ulteriormente, portandosi a 29,1 mld a fine 2015. Questo dato si confronta con un fabbisogno finanziario estero stimato pari a 11,1 mld nel 2016, per un reserve cover ratio pari a 2,6. Le riserve superano l’intero debito estero (stimato pari a 17 mld a fine 2015) che tuttavia risulta quasi triplicato rispetto al 2006 quando il Paese aveva beneficiato del programma di riduzione del debito. Oltre il 70% del debito estero è multilaterale, vale a dire con organizzazioni internazionali che sostengono i Paesi in via di sviluppo, come Banca Mondiale e la Banca Africana dello Sviluppo. Ecco allora che il peggioramento della posizione esterna e di quella fiscale e il deterioramento del clima politico hanno portato le agenzie di rating S&P’s a tagliare a marzo il rating del debito sovrano in valuta da BB- a B+ e Fitch a introdurre un outlook negativo al suo rating BB-.

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