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Pensioni, Ufficio Parlamentare di Bilancio: “Rimborsi non oltre il 12%”

Il decreto pensioni approvato dal governo Renzi restituirà solo il 12% di quanto effettivamente perso da chi ha subito il blocco della rivalutazione sui trattamenti superiori a tre volte il minimo varato a fine 2011 dal governo Monti e dichiarato incostituzionale lo scorso 30 aprile dalla Consulta. Lo ha certificato ieri Giuseppe Pisauro, presidente dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio, in un’audizione a Montecitorio nelle commissioni Bilancio di Camera e Senato.

Pisauro condivide la decisione di concentrare le risorse sui redditi più bassi, ma fa notare che ora “il tesoretto” di cui si parlava nel Def non c’è più, per cui sarà più difficile per il governo eliminare le “clausole di salvaguardia” che dovrebbero scattare – con aumenti di tasse – in caso di non efficacia di alcune voci di entrata. 

In ogni caso, secondo Pisauro sarebbe andata molto peggio se fosse stata applicata integralmente la sentenza della Consulta: l’Upb calcola che, al netto degli effetti fiscali, il recupero integrale della deindicizzazione subita nel biennio 2012-2013 valeva 17,6 miliardi per il 2015 (di cui 4,5 permanenti e il resto arretrati per gli anni 2012-2014) e 4,4 miliardi dal 2016. Il deficit sarebbe quindi salito dal 2,5% al 3,6% del Pil. Il decreto Renzi ha ridotto gli oneri sul 2015 da 17,6 a 2,2 miliardi (quindi solo 0,13 punti di Pil invece che 1,1). A regime l’impatto sull’indebitamento netto – spiega l’Upb – dovrebbe attestarsi a 0,03 punti di Pil, circa 500 milioni.  

“Come Upb – ha detto Pisauro – abbiamo effettuato una nostra stima dell’onere della sentenza e dell’effetto del decreto sulla base, non del conto delle teste, come ha potuto fare l’Inps, ma sulla base della distribuzione dei pensionati nelle vari classi di pensione, e otteniamo risultati molto vicini a quelli ufficiali: la stima del Governo ci sembra affidabile”. 

Pisauro ha quindi certificato che gli obiettivi programmatici fissati dall’Esecutivo risultano “confermati”. Ma, ha sottolineato, “c’è un dato di fatto per gli anni successivi: il decreto comporta un onere annuo di circa 500 milioni”. Dato, ha spiegato, “che non si vede nei decimali, ma significa una riduzione dei margini di manovra per nuove politiche, margini che erano costituiti dal miglioramento dei tendenziali esposto nel Def che si prevedeva di utilizzare per fare varie cose, come la disapplicazione delle clausole di salvaguardia” che gravano sui prossimi anni. 

“Dicevamo che c’è sempre l’incertezza macro o che qualche fattore esogeno avrebbe potuto vanificare il tesoretto e la sentenza della Consulta sulle pensioni è uno di quei fattori esogeni che lo hanno fatto svanire – ha aggiunto Pisauro in riferimento al margine di manovra indicato nel Def –. Non voglio essere una Cassandra, ma potrebbero insorgere altri fattori esogeni e peggiorare ulteriormente, onestamente non lo sappiamo, ma eviterei di rincorrere episodio per episodio, su questioni di ammontare comunque relativamente modesto, sia col segno più, sia col segno meno”.

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