La riforma delle pensioni targata Elsa Fornero diventa operativa e le novità da registrare sono molte. In primo luogo, a partire dal primo gennaio si è alzata l’età pensionabile: per ritirarsi dal lavoro gli uomini devono avere almeno 66 anni e tre mesi, le donne 62 anni e tre mesi (soglia che sarà equiparata progressivamente a quella degli uomini entro il 2018). In entrambi i casi sono necessari almeno 20 anni di contribuzione. Gli italiani, inoltre, devono dire addio alle pensioni di anzianità e le cosiddette “finestre“. Il ritiro anticipato è possibile solo con un’anzianità contributiva di 42 anni e cinque mesi per gli uomini e di 41 anni e cinque mesi per le donne.
“L’età pensionabile è agganciata all’aspettativa di vita – ha detto il presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua, ai microfoni di “Start” su RadioRai1 -. Per fortuna si vive di più, quindi si lavorerà di più e si percepirà una pensione per più tempo”.
Un’altra novità fondamentale riguarda il metodo con cui sarà calcolato l’ammontare degli assegni previdenziali, che passa dal retributivo al contributivo puro. Questo porterà a ridurre il valore delle pensioni, che non saranno più calcolate a partire dall’ultima fascia contributiva raggiunta, ma sulla base dei contributi versati nel corso dell’intera vita professionale.
Si rivaluta quindi l’importanza della previdenza complementare. “Serve la ‘seconda gamba’ della pensione complementare, che in Europa è molto diffusa ma che in Italia stenta ancora a decollare – ha continuato Mastrapasqua -. Su questo fronte Inps, assicurazioni e banche devono lavorare”.
Il presidente dell’Inps ha ricordato che in Europa “la media di coloro che hanno la pensione complementare è di circa il 91%, mentre in Italia è del 23%. Un differenziale troppo ampio, sul quale bisogna riflettere per capire quali sono gli errori che sono stati fatti”.
Per quanto riguarda l’adeguamento delle pensioni al costo della vita, infine, scattano gli aumenti del 3% (la pensione minima passa così da 481 a 495,43 euro), da cui tuttavia restano esclusi gli assegni superiori a tre volte la soglia minima. Per quest’anno, inoltre, resta in vigore il blocco della rivalutazione annuale introdotto con la riforma Fornero.