Condividi

Pensioni, Salvini sa solo insultare la Fornero ma la crisi demografica è implacabile: sempre meno giovani e più anziani

La denatalità fa sì che le generazioni in entrata non siano in grado di compensare quelle in uscita dal lavoro: i problemi del sistema pensionistico nascono da qui e l’aumento dell’età pensionabile è sempre più una necessità

Pensioni, Salvini sa solo insultare la Fornero ma la crisi demografica è implacabile: sempre meno giovani e più anziani

Può anche essere che la coalizione a cui appartiene Matteo Salvini vinca le elezioni politiche il prossimo 25 settembre, e che il leader della Lega ricopra un incarico importante nell’eventuale esecutivo presieduto da Giorgia Meloni. Ma il Capitano resterebbe sempre un maleducato e un ignorante (nel senso classico di chi parla senza sapere come stanno le cose), capace solo di argomentazioni adatte per le sale biliardo dei Bar Sport della provincia lombarda.

Salvini contro Fornero e la solita ricetta di quota 41

(Stra)parlando a Bari nel ruolo di globe trotter della campagna elettorale come se la riforma del 2011 – votata dal governo Monti e approvata da una grandissima maggioranza parlamentare nel contesto del decreto Salva Italia – fosse un atto di crudeltà perversa attribuibile personalmente al ministro allora in carica, Salvini ha apostrofato Elsa Fornero col solito malanimo con cui si sente autorizzato a perseguitare da anni una signora, economista di vaglia, la cui opera da ministro è apprezzata in tutto il mondo civile, dalle istituzioni internazionali e dai mercati. ‘’Mi innervosisco ancora a pensare a quello che ha detto la Fornero qualche sera fa in tv. Difendendo la sua legge – ha bofonchiato Salvini –. Questi anziani in Italia potrebbero lavorare un pò di più’. Vergognati – è sbottato il Capitano – chiudi la bocca se devi dire queste sciocchezze, porta rispetto a chi lavora da 40 anni in una fabbrica, in un ristorante, in una casa di riposo”.

Lo stock delle pensioni anticipate è superiore a quelle di vecchiaia

Poi, dopo aver riproposto la solita ricetta dei 41 anni di versamenti quale viatico per la pensione ha lanciato il suo anatema: “È una follia andare in pensione a 67 anni”. Ma di grazia, il Conducator è avvertito che oltre alla pensione di anzianità (che consente di accedere al trattamento in base all’anzianità contributiva a prescindere dall’età angrafica) è prevista anche una pensione di vecchiaia a 67 anni di età con almeno 20 anni di versamenti? Perché – purtroppo sono tanti, soprattutto donne dei settori privati, che non riescono a far valere, al momento della quiescenza, periodi di lavoro continuativi e lunghi, tali da consentire l’uscita dal mondo del lavoro ad un’età effettiva di poco superiore ai 60 anni (come invece è possibile agli uomini della generazione del baby boom). Peraltro, il governo di cui Salvini era potente vice-presidente del Consiglio si preoccupò di bloccare l’adeguamento automatico all’attesa di vita fino a tutto il 2026 per i trattamenti anticipati (42 anni e 10 mesi per gli uomini e un anno in meno per le donne) ma non per la pensione di vecchiaia.

Magari se il leader della Lega si prendesse la briga di consultare qualche statistica, scoprirebbe che in Italia – nonostante la riforma Fornero – lo stock delle pensioni anticipate è superiore di più di due milioni rispetto a quello delle prestazioni di vecchiaia (fonte-Corte dei Conti su dati Inps).  

È bene anche ricordare che – prima ancora che il Conducator imponesse per partito preso l’introduzione di quota 100 allo scopo di liberare gli italiani ‘’castigati’’ da Elsa Fornero, l’età effettiva di pensionamento alla decorrenza era quella che risulta dalla seguente tabella da cui risulta che gli italiani erano già liberi:

Età effettiva alla decorrenza delle pensioni nel gennaio-settembre 2018

 VecchiaiaAnzianitàInvaliditàSuperstitiTotale
Maschi66,56154,177,063,7
Femmine65,960,152,374,769,6
Totale66,360,753,475,166,7
Fonte Inps
Fonte Inps

È ovvio che l’’’arrivano i nostri’’ del ‘’decreto delle due identità’’ (dl n.4/2019) ha accelerato – senza che ce ne fosse il bisogno – il pensionamento anticipato (si veda il grafico). Quanto alla flessibilità in uscita, il sistema pensionistico italiano sembra una groviera, grazie alle tutele per i lavori non solo usuranti, ma disagiati, a favore di talune condizioni personali e famigliari, ad opzione donna, all’Ape sociale e al regime dei c.d. quarantunisti.

I problemi del sistema pensionistico: la crisi demografica

C’è poi un ultimo importante aspetto da considerare: il trend demografico deformato nella morsa tra denatalità e invecchiamento, processi che chiamano in causa da un lato le riforme del sistema pensionistico, dall’altro gli squilibri del mercato del lavoro. Affronta questi temi un recente saggio ‘’La trappola delle culle. Perché non fare figli è un problema per l’Italia e come uscirne’’ scritto da due giornalisti, Luca Cifoni e Diodato Pirone, edito da Rubbettino. Matteo Salvini farebbe bene a leggerlo. Gli autori confrontano i dati relativi al numero dei componenti delle diverse coorti di popolazione, da cui emerge chiaramente che le generazioni in entrata non sono in grado, da tempo, di sostituire quelle in uscita, non perché vogliono stare sul divano a godersi il reddito di cittadinanza o perché rifiutano alcune mansioni. Certo ci sono anche questi aspetti, ma il più importante è proprio di natura esistenziale: non vi sono nati in numero adeguato.

Del resto, è facile immaginare che ci sarà un momento in cui il milione di nati nel 1964 verrà a contatto come pensionati con i 399mila nati nel 2021 (o magari con i 500mila di anni precedenti). Che cosa succederà a quel punto? Se oggi – scrivono gli autori – abbiamo 2,7 potenziali lavoratori per ogni anziano, fra una trentina di anni ‘’per ogni tre persone in età lavorativa ci saranno due over 65 da mantenere’’.  In un periodo ancora più breve andranno in pensione, infatti, coorti nate in tempi prolifici, mentre la platea dei contribuenti si ridurrà progressivamente per effetto della filiera della denatalità.

Prima o poi si dovrà prendere atto che i giovani, di cui ci sarebbe bisogno per compensare l’invecchiamento, non esistono perché non sono nati in misura adeguata. Come è possibile allora pretendere di mandare in pensione per i prossimi anni dei sessantenni, appartenenti a generazioni numerose, che percepiranno il loro trattamento per almeno una ventina di anni a spese di una platea di potenziali contribuenti che progressivamente si riduce?

Le generazioni più giovani sono sempre meno consistenti

Il nostro inverno demografico non dipende – come si sostiene opportunisticamente – solo da motivi economici (l’assenza di politiche di sostegno, la c.d. precarietà, ecc.) che pure non vanno sottovalutati. Esistono aspetti che rendono il fenomeno di carattere strutturale. Innanzi tutto, il crollo della popolazione giovanile è la conseguenza di quanto è avvenuto nelle coorti precedenti, anch’esse meno numerose e di conseguenza meno prolifiche. Si è determinata così una corsa al ribasso; le generazioni più giovani sono sempre meno consistenti. Fino ad un certo punto vi è stata la compensazione da parte degli immigrati, in generale in giovane età e orientati a prolificare.

Si spezza la filiera della riproduzione sociale

Negli ultimi anni – per tanti comprensibili motivi – i flussi hanno avuto dei problemi e le famiglie di stranieri si sono orientate a comportamenti mutuati da quelle italiane. In poche parole, si sta spezzando la filiera della riproduzione sociale. Eppure ‘’Quella migratoria – scrivono gli autori in sintonia con i demografi e con buona pace di Salvini – è l’unica variabile demografica che in tempi relativamente rapidi può modificare le tendenze in atto, mentre i cambiamenti delle scelte riproduttive dell’intera popolazione richiedono un orizzonte più esteso’’. Ma se il flusso degli stranieri è essenziale, la soluzione non è a portata di mano. La riserva di manodopera non è infinita e i flussi non vengono a comando o attraverso la deportazione o dagli sbarchi clandestini sulle nostre coste. Poi non sarebbe neppure semplice integrare una popolazione di stranieri che in una ventina d’anni raddoppierebbe (per essere prudenti) la sua presenza, a fronte della costante e progressiva riduzione di quella italiana.

Blangiardo: “Ci sono troppe uscite anticipate”

Ecco perché Elsa Fornero ha ragione nel sostenere l’esigenza di aumentare l’età pensionabile. Ha espresso, in una intervista su Huffpost, le medesime considerazioni Gian Carlo Blangiardo, scienziato di vaglia, demografo e presidente dell’Istituto di Statistica, nominato dal governo giallo-verde: ‘’Con una demografia come questa non è sostenibile che le imprese mandino il proprio personale via a 55-60 anni’’. E alla domanda maliziosa del giornalista sulla responsabilità della legislazione, Blangiardo ha risposto: “Non so dire se, e in che misura, sia colpa della legislazione. So soltanto che ci sono troppe uscite anticipate. E a questo si dovrebbe trovare un rimedio’’. 

Commenta