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Pensioni: non è vero che in Italia ci si arriva troppo tardi e che gli assegni sono i più bassi. I dati dimostrano il contrario

FIRSTonline

Constatata che l’età pensionabile preferita è quella di 60 (non abbiamo trovato indicazioni specifiche di genere) Money precisa che – con le regole attuali – tale possibilità è consentita solamente da quelle opzioni di pensionamento che non prevedono un requisito anagrafico come la pensione anticipata (42 anni e 10 mesi per gli uomini e un anno in meno per le donne) e l’opzione riservata ai precoci (con soli 41 anni di contributi) purchè all’età di 19 anni avessero già maturato 12 mesi di contributi e rientrino nei profili che necessitano di una maggior tutela (disoccupati, invalidi, caregiver, usuranti). È inoltre necessario che almeno un contributo settimanale risulti maturato nel regime di calcolo retributivo, quindi entro il 31 dicembre 1995.

E’ molto importante tener conto di queste regole perché le generazioni che sono andate in quiescenza da molti anni a questa parte e che ci andranno nei prossimi anni hanno potuto far valere un’anzianità lavorativa e contributiva lunga e continuativa ad un’età di effettiva decorrenza della pensione intorno ai 60 anni, soprattutto gli uomini, mentre le donne sono state convogliate nei settori privati (non così nel pubblico impiego per motivi intuitivi) verso il pensionamento di vecchiaia che richiede un requisito anagrafico elevato 67 anni, ma un requisito contributivo di soli 20 anni. come ha evidenziato di recente Eurostat, i dati anagrafici del pensionamento in Italia sono correlati alla scarsa durata della vita lavorativa attesa per le donne con appena 28,3 anni nel 2023 a fronte dei 34,7 medi in Ue. Per gli uomini la durata prevista della vita lavorativa in Italia è di 37,2 anni con un divario molto meno ampio di quello delle donne rispetto alla media Ue (39 anni nel 2023). Per i contributivi puri, ossia per chi ha iniziato a lavorare esclusivamente dopo il 1° gennaio 1996, viene consentito l’accesso alla pensione a 64 anni di età e 20 anni di contributi, ma è richiesto pure un requisito di adeguatezza ragguagliato all’importo dell’assegno sociale. In questa realtà apparentemente dissociata sta il mistero del sistema pensionistico italiano, in cui i requisiti anagrafici previsti sembrano elevati ma soprattutto i lavoratori hanno la condizione di percorrere da anziani/giovani la via verso il pensionamento. E in Italia lo stock delle pensioni anticipate supera di due milioni quello del trattamento di vecchiaia.

Pensioni tardive e troppo basse? I dati smentiscono

Ma quale è la realtà del pensionamento in Italia? Per rispondere a questa domanda ci avvaliamo dei contributi di due grandi esperti come Alberto Brambilla, presidente di Itinerari previdenziali e di Antonietta Mundo del Comitato scientifico che fanno giustizia di tanti luoghi comuni ormai sedimentati attraverso decenni di cattiva informazione. La vulgata ricorrente tiene insieme due menzogne: 1) si va in pensione troppo tardi; 2) le pensioni sono troppo basse. I dati – che hanno la testa dura – dimostrano il contrario. Nel 2023 l’INPS ha liquidato ben 1.501.104 (nuove) prestazioni: 1 ogni 39 abitanti, un vero record europeo. Di queste, 837.399 sono trattamenti previdenziali IVS (pensioni anticipate, invalidità previdenziali, vecchiaia e superstiti), pari al 55,8% del totale delle liquidate, di cui l’83,7% al settore privato e il 16,3% alle gestioni della Pubblica Amministrazione per un importo medio di 1.292 euro mensili, con una diminuzione rispetto alle IVS del 2022 del 4,1% e con una riduzione ancora più marcata per le sole categorie “anticipata e vecchiaia”, pari al -5,5%.

Per quanto riguarda le età di pensionamento, le pensioni integrate al trattamento minimo sono l’8,1% (68.103 pensioni) del totale IVS, con un importo medio mensile di 570 euro, un’integrazione media di 156 euro mensili e un’età media di 68,9 anni perché il 48,4% sono liquidate ai superstiti; il 38,7% sono pensioni di vecchiaia (di cui il 51,6% a dipendenti privati, il 44,2% agli autonomi, il 4,2% nella gestione cumulo e totalizzazione), il 10,6% sono pensioni di invalidità previdenziale e il 2,2% (1.508 pensioni) erogate per oltre l’83% a favore di autonomi agricoli con età media 60,5 anni (coltivatori diretti, coloni e mezzadri). Ai fini delle età medie di pensionamento non sono stati considerati i 663.705 trattamenti assistenziali liquidati nel 2023, di cui 50.502 assegni sociali e 613.203 trattamenti di invalidità civile aumentati del 5,6% rispetto al 2022.

L’età media effettiva del pensionamento pe IVS è di 66,6 anni

L’età media effettiva rilevata al pensionamento per IVS è stata di 66,6 anni, età abbastanza vicina all’età legale di 67 anni, stabilita per la pensione di vecchiaia di uomini e donne. A questa media concorrono: a) le 252.160 pensioni ai superstiti con importi medi mensili lordi di 1.015 euro e un’età media effettiva di 74,8 anni; l’età più bassa di 55,5 anni è relativa alle 65.360 pensioni di invalidità previdenziale (13 mensilità di 829 euro lordi); b) le 265.058 pensioni di vecchiaia con età media effettiva di 67,5 anni, importo medio di 1.112 euro e anzianità contributive di almeno 20 anni o poco più, anche se quasi sempre con alcuni anni di contribuzione figurativa per malattie, cassa integrazione, disoccupazione e così via (ecco perché sono spesso integrate al minimo); di queste 34.736 sono pensioni di vecchiaia supplementari della Gestione Separata con 383 euro mensili ed età media effettiva al pensionamento di 68,7 anni (si tenga presente che questa sono in prevalenza seconde o terze pensioni, ndr); c) le 254.821 pensioni anticipate con età media effettiva di 61,7 anni, prestazioni tra le quali ci sono quelle liquidate con 42 anni e 10 mesi di anzianità e senza requisiti di età (un anno in meno per le donne), un’anzianità contributiva più del doppio delle “vecchiaia’’. Le 104.806 pensioni anticipate del Fondo Lavoratori Dipendenti, che nel 2023 rappresentano il 91,8% delle pensioni anticipate liquidate, evidenziano un’età media di 61,0 anni con importi medi mensili di 2.035 euro lordi. Le pensioni anticipate presentano ovviamente durate più lunghe e importi medi più alti rispetto a tutte le altre categorie.

Dalla somma delle pensioni anticipate e di vecchiaia (b e c), pari al 34,6% di tutte le nuove pensioni liquidate, risulta un’età media effettiva di 64,6 anni, con un importo medio mensile lordo di 1.563 euro (nel 2022 la corrispondente media OCSE, era di 64,4 anni effettivi). Concorrono all’abbassamento delle età anche altri provvedimenti normativi tra cui, per il settore privato, “le attività usuranti”, i precoci con 41 anni di contribuzione, Quota 100-102-103, Opzione Donna, mentre è esclusa APE sociale, poiché si tratta una prestazione assistenziale non pensionistica. Nel settore pubblico, invece, i dipendenti degli enti locali iscritti alla CPDEL, gli insegnanti iscritti alla Cassa pensioni insegnanti – CPI o i dipendenti civili e militari dello Stato iscritti alla Cassa pensioni Stato – CTPS: tutte gestioni nelle quali vigono limiti di età ordinamentali di 65 anni per il pensionamento di vecchiaia o vengono posti in pensione anticipata d’ufficio con qualsiasi età al raggiungimento dell’anzianità di 42 anni e 10 mesi (un anno in meno per le donne). Per i militari i requisiti per la pensione si abbassano a 60 anni di età e 35 di anzianità. Altri limiti di età per vecchiaia anticipata riguardano il venir meno dei titoli abilitanti per alcuni profili professionali: 60 anni per i piloti e tecnici iscritti al Fondo Volo, 60 anni per i controllori di volo e alcuni profili tecnici di ENAV; di norma, ancora 48 anni di età per gli sportivi professionisti e 47 anni di età con 20 di anzianità per ballerini e tersicorei (poiché, come tutti, possono fare altri lavori, sarebbe ora di riportare queste vetuste regole alla normalità). Per contro, l’età di vecchiaia può raggiungere i 70 anni di età per la pensione di vecchiaia dei sanitari iscritti alla Cassa CPS, degli ufficiali giudiziari iscritti alla cassa CPUG e per i magistrati.

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