La spesa italiana per le pensioni è sotto controllo, mentre quella per l’assistenza è difficilmente sostenibile, a causa di un welfare generoso ma vulnerabile. In particolare, i punti deboli del sistema italiano sono due: la mancanza di un monitoraggio della spesa assistenziale e un finanziamento insufficiente per l’elevata evasione fiscale e contributiva. Non solo: ormai, sommando gli assegni previdenziali e assistenziali, il rapporto tra numero di prestazioni in pagamento e popolazione tocca quota 2,638, in pratica una per famiglia. È quanto emerge dal quinto rapporto del centro studi di Itinerari Previdenziali presentato mercoledì alla Camera.
“Nel pieno di una campagna elettorale nella quale promesse e proclami si concentrano sul tema delle pensioni e dell’assistenza – spiega Alberto Brambilla, presidente di Itinerari Previdenziali – diventa quanto mai indispensabile fare chiarezza grazie ai numeri. Numeri che evidenziano innanzitutto come, al di là dell’opinione comune supportata dai dati Istat, la dinamica della spesa per le pensioni sia assolutamente sotto controllo”.
LA SPESA PENSIONISTICA
Nel 2016 la spesa pensionistica relativa a tutte le gestioni ha raggiunto, al netto della quota Gias (vale a dire la gestione per gli interventi assistenziali), i 218,504 miliardi di euro, mentre le entrate contributive sono state pari a 196,522 miliardi, per un saldo negativo di 21,981 miliardi. A pesare sul disavanzo, in particolare, la gestione dei dipendenti pubblici, che evidenzia un passivo di ben 29,34 miliardi, parzialmente compensato dall`attivo di 2,22 miliardi del fondo pensione lavoratori dipendenti, il maggior fondo italiano, e dai 6,6 della gestione dei parasubordinati.
Rispetto al 2015 aumentano invece del 2,71% i contributi versati: si riduce quindi di 4,56 miliardi il saldo negativo di oltre 26 miliardi registrato nel 2015. Prosegue nel 2016 la riduzione del numero di pensionati, che ammontano a 16.064.508 unità, segnando il punto più basso dopo il picco del 2008. Tocca invece il massimo livello di sempre il rapporto tra occupati e pensionati, dato fondamentale per la tenuta di un sistema pensionistico a ripartizione come quello italiano.
LA SPESA ASSISTENZIALE
Sempre con riferimento al 2016, risultano in pagamento in Italia 4,1 milioni di prestazioni di natura interamente assistenziale (invalidità civile, accompagnamento, di guerra) e altri 5,3 milioni di pensioni che beneficiano, in una o più quote, di parti assistenziali (maggiorazioni sociali, integrazioni al minimo, importi aggiuntivi). L`insieme delle prestazioni ha riguardato 4.104.413 soggetti, per un costo totale annuo di oltre 21 miliardi di euro (+502 milioni e +2,41% rispetto al 2015). Per queste prestazioni, ricorda il rapporto di Itinerari previdenziali, non è però stato di fatto versato alcun contributo o, al più, sono state versate contribuzioni modeste e per pochi anni.
“SEPARARE I DUE TIPI DI SPESA”
“In questa prospettiva – commenta Brambilla – separare la spesa previdenziale da quella assistenziale è un esercizio necessario su più fronti. Innanzitutto, si tratta di un’operazione utile a livello contabile, perché consente di fare chiarezza su spese molto diverse tra loro per finalità e modalità di finanziamento, ma che troppo spesso sono impropriamente comunicate, come se fossero assimilabili tra loro, anche a organi e istituzioni internazionali, con il risultato di continue richieste di riforme pensionistiche. Si tratta poi evidentemente di un esercizio di equità tra chi ha versato e chi no: non bisogna infatti dimenticare che il nostro modello di welfare prevede per finanziare le pensioni una tassa di scopo, i contributi sociali, mentre l’assistenza è finanziata dalla fiscalità generale”.
“LE PROMESSE DEI PARTITI COSTANO 20 MILIARDI”
Quanto alle misure proposte dai partiti in campagna elettorale (reddito di inserimento, reddito di cittadinanza, reddito di dignità), secondo Brambilla “i loro costi vanno dai 7 miliardi al triennio fino ai 20 miliardi strutturali l’anno per le soluzioni più estreme. Ma come garantire le adeguate coperture? Stiamo parlando di cifre davvero difficilmente comprensibili alla luce di quanto già spendiamo per prestazioni di protezione sociale. Per il 2016, su 830 miliardi di spesa pubblica totale, per sanità, pensioni e assistenza abbiamo speso 452 miliardi pari al 54,4% del totale e di cui circa 40 a debito. Se calcoliamo questa spesa sulle entrate, l`incidenza aumenta al 57,32%. Un valore più alto di quello raggiunto dalla Svezia, considerata la patria del welfare”.
L’incidenza rispetto al Pil, considerando anche altre funzioni sociali e le spese di funzionamento degli enti che gestiscono welfare, arriva al 29,26%, uno dei valori più alti d’Europa.