Il bonus Poletti, come l’ha voluto battezzare Matteo Renzi, è al centro dell’attenzione politica e non solo. E stamane, dopo il via libera del consiglio dei ministri a rimborsi che varieranno tra 280 e 750 euro a partire dal primo agosto, è arrivato il via libera europeo. La Commissione «accoglie con favore l’impegno del governo di mantenere i target di bilancio inseriti nella legge di stabilità 2015», e sulla base del decreto legge sui rimborsi ai pensionati dopo la sentenza della Consulta «lascia invariato il giudizio sul programma di stabilità, basato sulle stime economiche di primavera». La nota di Bruxelles ha in pratica “promosso” il bonus Poletti, riservandosi di esprimere un giudizio definitivo solo dopo che il testo ufficiale del decreto sarà disponibile.
Il governo incassa e rilancia. Come aveva già fatto al termine del consiglio dei ministri, il premier torna a parlare di flessibilità in uscita. Questa volta a “Porta a Porta”: «L’impegno del governo è chiaro ed è: liberiamo dalla Fornero quella parte di popolazione che accettando una piccola riduzione può andare in pensione con un po’ più di flessibilità. L’Inps deve dare a tutti la libertà di scelta». Matteo Renzi spiega: «Nella legge di stabilità stiamo studiando un meccanismo non per cancellare la Fornero ma per dare della libertà in più se accetti di prendere un po’ meno, quei 30 euro: liberiamo dalla Fornero quella parte di popolazione italiana che, accettando una piccola riduzione, può andare in pensione con un pochino in più di flessibilità».
Sempre di pensioni si è parlato oggi in commissione Affari sociali di Montecitorio: “La priorità oggi per il Paese è adottare misure di contrasto alla povertà, che è aumentata di un terzo tra i più poveri”, ha affermato il presidente dell’Inps Tito Boeri, ascoltato ieri in audizione.
Boeri è tornato sul tema delle pensioni, risolto ieri dal Consiglio dei ministri con un decreto legge che mira a rimborsare almeno in parte 3,7 milioni di pensionati (quelli con un assegno mensile lordo inferiore ai 3.200 euro al mese), dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimo il blocco dell’adeguamento all’inflazione deciso a fine 2011 dal governo Monti. L’operazione costerà 2,18 miliardi contro i 18 stimati per una restituzione piena degli arretrati maturati in questi anni. “Se il governo avesse impiegato 18 miliardi, il costo della sentenza della Consulta, per adeguare le pensioni – ha aggiunto Boeri – la possibilità di adottare misure di contrasto alla povertà sarebbe stata molto più difficile”.
Boeri ha anche sottolineato l’altra novità, varata dal decreto, dei pagamenti al primo del mese per tutte le pensioni erogate dall’Inps: “Abbiamo strappato l’accordo a banche e Poste italiane: lo spostamento di date produrrà per l’Istituto un aggravio in termini di interessi di circa 4 miliardi che verrà però completamente compensato con una riduzione dei costi per i bonifici contrattati con istituti di credito e Poste”. Un’operazione a costo zero che però aiuterà quei 150mila pensionati, sui due milioni di interessati, che ricevono piccole somme e per le quali dieci giorni di anticipo possono fare la differenza.
A sindacati che protestano, con vari gradi di sfumature e giudicano insufficienti i rimborsi decisi dal governo, l’ex commissario per la Spending review Carlo Cottarelli (ora rientrato al Fondo monetario) ha ricordato che il costo delle pensioni in Italia è “forse il più elevato fra i paesi avanzati ed è pari al 16,5% PIL”.
Restano da chiarire però altri punti, sui quali interverrà domani sera il ministro Pier Carlo Padoan alla Camera. Innanzitutto c’è il tema delle rivalutazioni per le pensioni superiori a tre volte il trattamento minimo, che scatterà dal 1° settembre di quest’anno e sarà proporzionale, cioè decrescerà con l’aumentare degli importi pensionistici fino a sei volte il trattamento minimo. Un nuovo regime di rivalutazione, più generoso di quello in vigore dal 2014 scatterà poi dal 1° gennaio 2016. Rivalutazioni che non potranno non tener conto del fatto che il “bonus Poletti” del 1° agosto, un una tantum per gli arretrati del periodo 2012-2014, corrisponde – a seconda delle fasce di pensione – a percentuali tra il 4 e il 25% della somma effettivamene dovuta: i pensionati con assegno tra 1.500 e 2.000 percepiranno 750 euro invece di 3.000 (25%); nella fascia che avrà un bonus di 465 euro (2.000-2.500 lordi) la percentuale è del 10%; mentre scende al 4% il rimborso della fascia fino a 3.200 euro al mese, che avrà appena 278 euro. Oltre quella fascia, come noto, restano ancora a secco circa 650mila pensionati.
Secondo il numero uno dell’Inps, dunque, “tutte le risorse oggi disponibili devono andare alle fasce povere”. In particolare le proposte che arriveranno dall’Istituto “parleranno principalmente di assistenza oltre che di previdenza, e in particolare dei nuovi poveri: la fascia dei 55-65 anni, di coloro che se perdono il lavoro poi non lo ritrovano. È un’emergenza sociale molto grave”.
“Nei sei anni della crisi – ha proseguito – le persone povere sono aumentate da 11 a 15 milioni. La percentuale delle famiglie al di sotto della soglia di povertà è salita dal 18 al 25%, quindi è aumentata di un terzo. L’aumento – ha anche ricordato l’economista – non era affatto inevitabile, in altri Paesi con crisi comparabili questo incremento non c’è stato”.
Il presidente Inps ha fatto anche il punto sull’avvio dell’operazione “bonus bébé”: l’Inps “ha ricevuto 15mila domande per l’erogazione dell’assegno mensile da 80 euro”.