La Commissione europea è pronta ad aprire una nuova procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia. Stavolta non si parla di conti pubblici, ma delle norme in materia di pensioni. Nel mirino di Bruxelles ci sono le differenze fra uomini e donne negli di anni di contributi necessari per ottenere il pensionamento anticipato.
Al momento l’Unione europea ha deciso di mettere in mora il nostro Paese, un primo passo verso la procedura d’infrazione, che presto sarà seguito dall’invio al Governo italiano di una lettera in cui vengono spiegate nel dettaglio le contestazioni, chiedendo delucidazioni entro un ragionevole lasso di tempo (in genere un paio di mesi).
Sul banco degli imputati è la legge 214 del 2011, che fissa gli anni minimi di contribuzione per ottenere la pensione anticipata stabilendo una differenza di genere: 41 anni e 3 mesi per le donne, 42 anni e 3 mesi per gli uomini.
Secondo i tecnici del commissario europeo alla giustizia, Viviane Reding, la norma – che dovrebbe entrare in vigore da gennaio 2014 – è in contrasto con l’articolo 157 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, che stabilisce la parità di trattamento fra uomini e donne.
Già nel 2010 – dopo la sentenza di condanna pronunciata dalla Corte di giustizia Ue – la Commissione europea si era espressa contro l’Italia in materia di pensioni, imponendo al nostro Paese di equiparare l’età pensionabile tra uomini e donne nell’ambito della Pubblica amministrazione. La questione era stata risolta dal Governo con la riforma che, dal 2012, portò l’età pensionabile delle donne a 65 anni.