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Pensioni 2024: taglio rivalutazione, no a Quota 41 o aumento minime. Ecco come pensa di far cassa il governo Meloni

FIRSTonline

Per finanziare la legge di Bilancio il governo pensa di far cassa sulle pensioni, di nuovo. Come è noto il ministero dell’Economia e delle Finanze è alla ricerca di soluzioni per recuperare risorse così da mantenere alcune promesse elettorali. Ma tra queste non ci sono le pensioni. Anzi, diventa sempre più concreta la possibilità di una rivalutazione parziale, rispetto all’inflazione, dell’assegno previdenziale per il 2024. E così sfuma per milioni di italiani il sogno di Quota 41 o l’aumento delle pensioni minime.

Ne ha parlato La Repubblica ricordando l’ultimo taglio, nel 2022, quando il meccanismo che adegua gli importi delle pensioni al costo della vita, permise di recuperare 10 miliardi in tre anni, ben 37 miliardi nel decennio. Per il prossimo anno, se fosse effettuata questa misura, si prevedrebbe un possibile recupero che ammonta al 5,7%.

Il governo Meloni a caccia di 25-30 miliardi

Quest’anno però c’è molta carne sul fuoco: si punta da una finanziaria da 25-30 miliardi, ma il deficit non arriva neanche a un quinto della cifra. La premier Meloni ha già confermato il taglio del cuneo fiscale per il 2024, una misura che richiederà da sola dagli 8 ai 10 miliardi di euro. C’è poi la riforma fiscale, per non parlare del caro energia e del caro benzina per i quali si valutano nuovi bonus per le famiglie più povere. Ma il tempo scorre velocemente: manca un mese alla Nadef, la nota che aggiorna il quadro macroeconomico, poi, a ottobre sarà definito il documento programmatico di bilancio da inviare a Bruxelles. Già l’anno scorso il Governo Meloni ha cambiato metodo di calcolo, sostituendo gli scaglioni (ripristinato dal governo Draghi) al meno favorevole sistema per fasce (noto come “metodo Letta”). E cosa possiamo aspettarci nel 2024?

Pensioni: come cambieranno nel 2024?

Nel 2024 si dovrebbe recuperare l’inflazione del 2023, che attualmente (ma i dati sono quelli del Def di aprile) è prevista intorno al 5,7%. Se il governo non dovesse cambiare regole, verrebbe confermata la suddivisione in sei fasce. Se invece decidesse di intervenire, ad esempio aggiungendo altre fasce oppure abbassando la percentuale di rivalutazione, riuscirebbe a trovare qualche risorsa in più per finanziare la manovra, ma penalizzando ancor di più qualche pensionato. Tutto dipenderà da quanto il ministero dell’Economia e la Ragioneria riusciranno a racimolare da altri fondi non spesi dai ministeri o dal taglio dei bonus fiscali. O, ancora, dalle possibili privatizzazioni, con un nuovo round di cessione di partecipazioni dello Stato non strategiche annunciate a sorpresa dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti a margine dal primo Cdm dopo la pausa estiva.

Ma perché il governo fa cassa sulle pensioni? La logica è molto semplice. O si tagliano gli stipendi o le pensioni. Se si dovesse agire sui lavoratori attivi l’effetto sarebbe immediato con risultati visibili in busta paga. Storia diversa per la rivalutazione delle pensioni: ce ne si accorge meno, perché non c’è una flessione evidente ma solo un aumento meno alto del previsto. Quindi non si toglie qualcosa di dato.

Pensioni: il taglio all’indicizzazione è incostituzionale?

I tagli alle rivalutazioni delle pensioni potrebbe avere un effetto boomerang sul governo. Perché la Corte Costituzionale potrebbe valutare il meccanismo incostituzionale. Già in passato, con la sentenza n. 234 del 2020, la Corte Costituzionale ha specificato che la revisione delle fasce di rivalutazione non è legittima quando è “reiterata”, contestando così tutte quelle misure “intese a paralizzare il meccanismo di adeguamento”. Perché impedire ad una platea di pensionati di recuperare parte dell’inflazione significa penalizzarla in modo permanente, in quanto il taglio di un anno riduce l’importo della pensione che l’anno successivo sarà sottoposta a rivalutazione.

A tal proposito, va ricordato che negli ultimi 5 anni solamente con il governo guidato da Mario Draghi (2022) è stata attuata una rivalutazione piena, come disciplinata dalla legge n. 448 del 1998, ed è per questo motivo che Uil pensioni ha avviato cause pilota contro il taglio della rivalutazione delle pensioni, contando di ottenere al più presto un parere favorevole della Corte Costituzionale. Motivo per cui, la strada del taglio alla rivalutazione sarà percorsa solo come ultima spiaggia.

Pensioni: Quota 41 una promessa infranta in partenza

Al contrario la Lega di Matteo Salvini non ha mai abbandonato l’idea di implementare la riforma anti-Fornero attraverso il meccanismo di Quota 41. Anche se sembrava già una partita persa in partenza. L’uscita dal lavoro uguale per tutti a prescindere dall’età anagrafica con 41 anni di contributi resta un miraggio e il segretario della Lega e ministro delle Infrastrutture e trasporti ha finalmente capito che al momento non può insistere. A spazzare via ogni dubbio ancora il ministro Giorgetti. “L’ammontare della manovra dipenderà anche da fattori di tipo europeo. A metà mese discuteremo, forse troveremo un accordo forse no, sulle nuove regole di bilancio Ue”. Per ora sembra sempre più probabile la proroga di un anno dell’attuale Quota 103 (41 anni di contributi e 62 anni di età) o di estendere l’Ape Social ad altre categorie come lavoratori usuranti e donne. Quel che è certo è che ancora una volta, le promesse elettorali delle destre sulle pensioni si scontrano con la realtà.

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