L’importo della pensione minima Inps per il 2017 è fissato in via provvisoria a 501,89 euro per 13 mensilità, pari a 6.524,57 euro l’anno. Chi riceve una pensione inferiore a questa soglia (considerata il “minimo vitale”) può ottenere la cosiddetta “integrazione al trattamento minimo”, ovvero un incremento dell’assegno mensile fino a 501,89 euro. Ma non tutte le pensioni sotto il minimo Inps possono beneficiare di questa prestazione: in alcuni casi l’integrazione è esclusa, in altri solo parziale. Dipende dal reddito complessivo del pensionato e dalla sua situazione familiare. Vediamo come funziona.
PENSIONE MINIMA: L’INTEGRAZIONE PER CHI NON È SPOSATO
– Chi non è sposato, oppure risulta legalmente separato o divorziato, ha diritto all’integrazione completa se il suo reddito personale (che comprende tutte le entrate) non supera i 6.525 euro annui.
– Se il reddito personale è compreso fra 6.525 e 13.050 euro l’anno, l’integrazione è parziale. Per calcolarla è necessario sottrarre il reddito personale alla soglia massima e dividere il risultato per il numero di mensilità (13). Ad esempio, nel caso in cui il reddito personale sia di 10.000 euro annui, l’operazione è la seguente: (13.050 – 10.000) / 13 = 235. Il risultato è l’importo dell’integrazione che si somma alla pensione.
– Nessuna integrazione, infine, se il reddito personale è superiore a 13.050 euro l’anno.
PENSIONE MINIMA: L’INTEGRAZIONE PER CHI È SPOSATO
– Chi è sposato ottiene l’integrazione completa se il suo reddito personale sommato a quello del coniuge non supera i 13.050 euro annui.
– Se il reddito della coppia è compreso fra 13.050 e 26.099 euro, l’integrazione è parziale. Per calcolarla bisogna confrontare due valori: da una parte la differenza fra il limite massimo per il reddito personale (13.050 euro) e il reddito personale effettivo del pensionato; dall’altra la differenza fra limite massimo per il reddito di coppia (26.099 euro) e il reddito effettivo della coppia. L’importo più basso è quello che viene messo in pagamento.
– L’integrazione invece non viene concessa se il reddito cumulato della coppia è superiore a 26.099 euro l’anno.
Chi è sposato, inoltre, deve tenere presente che per avere diritto all’integrazione (totale o parziale) è necessario rispettare sia il limite di reddito personale sia quello coppia. In altri termini, se il reddito della coppia non supera i 26.099 euro ma il reddito personale eccede quota 13.050 euro, il pensionato è escluso da qualsiasi integrazione.
ATTENZIONE ALL’ANNO DI PENSIONAMENTO
Tutte queste norme sono valide per chi è andato in pensione dal 1995 in poi. Per i trattamenti iniziati prima del 1994, invece, si applica solo la restrizione relativa al reddito personale e non quella sul reddito della coppia. Infine, per chi si è ritirato dal lavoro proprio nel 1994 valgono sia il limite personale sia quello di coppia, ma quest’ultimo con un tetto leggermente più alto, pari a cinque volte il minimo Inps (32.623 euro anziché 26.099).
I REDDITI CHE NON CONTANO
Il reddito di cui tenere conto ai fini del diritto all’integrazione è quello assoggettabile all’Irpef. Sono esclusi:
– il reddito della casa di abitazione;
– i trattamenti di fine rapporto (Tfr), incluse eventuali anticipazioni;
– l’importo della pensione da integrare;
– i redditi esenti da Irpef (pensioni di guerra, rendite Inail, pensioni agli invalidi civili);
– le competenze arretrate sottoposte a tassazione separata.
PENSIONE MINIMA: NESSUNA INTEGRAZIONE CON IL METODO CONTRIBUTIVO
L’integrazione al minimo non è prevista per le pensioni calcolate interamente con il metodo contributivo. Rientrano in questa categoria, fra gli altri, i trattamenti dei lavoratori che hanno iniziato a versare contributi dopo il primo gennaio 1996.
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VORREI SAPERE SE PER REDDITO PERSONALE SI INTENDE IL NETTO O IL LORDO?INOLTRE NELL'OPERAZIONE CHE VOI INDICATE DI FARE BISOGNA SOTTRARRE 10000 AL REDDITO MASSIMO MA COMPRESA LA TREDICESIMA NON è COSI? GRAZIE TANTE DANIELA SERRA
Vorrei sapere, io ricevo la pensione di vecchiaia al netto 1.557,64 Euro. Cuanto sará l'aumento del 2018. Grazie.