Da quest’anno chi vuole andare in pensione anticipata ha una possibilità in più: la Rita, rendita integrativa temporanea anticipata. Non è per tutti, ma solo per chi ha passato anni a mettere da parte risparmi in un fondo pensione complementare. Il meccanismo di base è semplice: ogni mese si incassa un anticipo del capitale accumulato con la previdenza integrativa, che funziona da reddito-ponte fino alla maturazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia.
È evidente che in realtà non stiamo parlando di una vera pensione anticipata, perché non è previsto alcuno sconto sull’età pensionabile né sugli anni di contributi necessari a ritirarsi dal lavoro. Come nell’Ape volontario, il contribuente paga l’anticipo con i propri soldi. Ma si tratta comunque di uno strumento introdotto per aumentare la flessibilità in uscita, aggirando i paletti della legge Fornero, e in alcuni casi può essere conveniente. Vediamo come funziona.
1) L’ANTICIPO
Con la Rita si può lasciare il lavoro fino a 5 anni prima di maturare i requisiti per la pensione di vecchiaia. L’anticipo massimo sale a 10 anni per chi è disoccupato da più di due anni. Da questo punto di vista la convenienza è maggiore rispetto all’Ape (sia social sia volontario), che permette di uscire dal lavoro fino 3 anni e 7 mesi prima del tempo.
2) I REQUISITI PER ACCEDERE ALLA RITA
Possono accedere alla Rita tutti i lavoratori dipendenti, pubblici e privati. Considerate le regole sull’anticipo massimo, i requisiti anagrafici sono i seguenti:
- Per chi ha smesso di lavorare da meno di due anni, l’età minima richiesta è di 61 anni e 7 mesi, che saliranno a 62 dal primo gennaio 2019. In questo caso servono anche 20 anni di contributi versati nei regimi obbligatori di appartenenza.
- Per chi è disoccupato da più di due anni, l’età minima è di 56 anni e 7 mesi, che diventeranno 57 dal 2019.
In entrambi i casi è necessario anche aver effettuato versamenti al fondo pensione per almeno 5 anni.
Al contrario di quanto accade con l’Ape, non è possibile incassare la Rita e continuare a lavorare.
3) L’AGEVOLAZIONE FISCALE
Il regime fiscale è agevolato. Alla Rita si applicherà una ritenuta del 15%, che scende dello 0,30% per ogni anno di partecipazione al fondo oltre il 15esimo, fino a un minimo del 9%.
L’aliquota compresa fra il 9 e il 15% vale anche per i soldi versati nel fondo pensione prima del 2007: non scatta cioè la tassazione separata o ordinaria a partire dal 23% prevista per il Tfr e per la previdenza complementare.
Tuttavia, ai fini dell’applicazione dell’aliquota ridotta, gli anni di iscrizione alla previdenza complementare prima del 2007 sono computati fino a un massimo di 15.
4) ATTENZIONE AI COSTI
I costi non sono fissi. Il contribuente potrà scegliere se utilizzare tutto o parte del montante accumulato con la previdenza integrativa, a seconda della rendita che intende incassare. In ogni caso, chi aspira a un assegno uguale o simile all’ultimo stipendio sarà costretto a spendere molto.
Secondo la società di consulenza Aon Hewitt, in media servono otto anni di versamenti al fondo previdenziale per pagarsi un anno di pensione anticipata con la Rita. Il conto sale a 16 e 22 anni di iscrizione per finanziare anticipi di due e tre anni.
Insomma, la Rita “brucia” facilmente il capitale accumulato con la previdenza integrativa. In questo modo riduce in modo significativo, o addirittura azzera, la pensione di scorta che il contribuente riceverà quando avrà maturato i requisiti per il trattamento di vecchiaia. In altri termini, la Rita contrasta con le finalità della previdenza integrativa, il cui scopo è appunto integrare la pensione pubblica, che spesso da sola non basta.
5) DOMANDA E CUMULABILITÀ
La domanda non va presentata all’Inps, ma al proprio fondo pensione, l’ente che erogherà il denaro.
Infine, la Rita è cumulabile sia con l’Ape volontario sia con l’Ape social. In teoria, un disoccupato potrebbe chiedere un prestito inferiore con l’Ape volontario e compensare la riduzione chiedendo allo stesso tempo anche la Rita.