Per chi punta alla pensione anticipata, una delle novità più importanti del 2017 è l’Ape, acronimo di Anticipo pensionistico. La nuova disciplina sarà operativa in via sperimentale dal prossimo primo maggio al 31 dicembre 2018 e potranno beneficiarne i lavoratori pubblici o privati nati fra il 1951 e il 1953. In sostanza, sarà possibile ritirarsi dal lavoro all’età di 63 anni, ma solo se si matureranno i requisiti per la pensione di vecchiaia entro i successivi 3 anni e 7 mesi.
Introdotta con l’ultima legge di Bilancio, l’Ape si articola in due tipologie: volontaria e social. Vediamo come funzionano.
PENSIONE ANTICIPATA: L’APE VOLONTARIA
L’Ape volontaria consente di ricevere un assegno mensile a copertura del periodo che intercorre fra il ritiro dal lavoro e la maturazione dei requisiti pensionistici. La durata minima è sei mesi.
I soldi, su cui non si paga l’Irpef, vengono erogati in 12 mensilità dall’Inps, ma arrivano da un prestito bancario assicurato che dovrà essere restituito con tanto d’interessi nei primi vent’anni di pensionamento effettivo.
Il rimborso avverrà in 13 rate annue attraverso un taglio dell’assegno previdenziale: la decurtazione massima sarà del 5% per ogni anno d’anticipo (ma in media oscillerà tra il 4,6 e il 4,7%), compresi gli interessi bancari e il premio dell’assicurazione. La polizza è obbligatoria e serve a tutelare l’istituto di credito e gli eredi dal rischio che il sottoscrittore muoia prima di aver saldato il debito.
In realtà, quindi, l’Ape volontaria non è una vera pensione anticipata, perché non si riducono i requisiti pensionistici. Si tratta piuttosto di un anticipo finanziario il cui costo – tutt’altro che basso – viene solo in parte compensato da un credito d’imposta pari al 2,5% dell’importo pagato per interessi bancari e premio assicurativo.
I requisiti per accedere all’Ape volontaria sono quattro:
1) età non inferiore a 63 anni;
2) almeno 20 anni di contributi versati;
3) maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia entro tre anni e 7 mesi;
4) futura pensione, al netto della rata per restituire l’Ape, non inferiore a 1,4 volte il trattamento minimo Inps (cioè 702,65 euro al mese, visto che la pensione più bassa percepibile è pari a 6.524,57 euro l’anno).
Al contrario di quanto previsto per l’Ape social, per poter accedere all’Ape volontaria non è obbligatorio smettere di lavorare. Tuttavia, la domanda di Ape va presentata obbligatoriamente insieme a quella per la pensione di vecchiaia.
PENSIONE ANTICIPATA: L’APE SOCIAL
La seconda tipologia è l’Ape social, interamente a carico dello Stato. Fatto salvo il requisito anagrafico (63 anni), questo nuovo strumento di welfare è accessibile solo a quattro categorie di persone:
1) disoccupati senza ammortizzatori sociali e con almeno 30 anni di contributi;
2) disabili con una riduzione della capacità lavorativa di almeno il 74% e con almeno 30 anni di contributi;
3) persone con almeno 30 anni di contributi che assistono da almeno sei mesi il coniuge o un parente di primo grado convivente con disabilità;
4) lavoratori che svolgono “attività gravose” da almeno 6 anni consecutivi e con almeno 36 anni di contributi (professioni infermieristiche e ostetriche; insegnanti d’asilo; badanti; facchini; addetti allo spostamento delle merci; operatori ecologici, raccoglitori e separatori di rifiuti, personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia; operai dell’industria estrattiva, dell’edilizia e della manutenzione degli edifici; conduttori di gru e di macchinari mobili per la perforazione delle costruzioni; autisti di camion e mezzi pesanti; conduttori di treni e personale viaggiante; conciatori di pelli e pellicce).
Per beneficiare dell’anticipo pensionistico a costo zero, inoltre, non si può superare un tetto di reddito da lavoro pari a 8mila euro l’anno, né percepire indennità di disoccupazione.
Quanto all’assegno che si riceve con l’Ape social, non è soggetto a rivalutazione ed è erogato su 12 mensilità. Il suo importo è pari a quello della rata mensile della pensione calcolata al momento dell’accesso all’Ape social, ma non può in alcun caso superare il limite massimo di 1.500 euro al mese.
Infine, il beneficio dell’indennità è riconosciuto, a domanda, entro i limiti annuali di spesa previsti dalla manovra: 300 milioni di euro per l’anno 2017; 609 milioni di euro per l’anno 2018; 647 milioni di euro per l’anno 2019; 462 milioni di euro per l’anno 2020; 280 milioni di euro per l’anno 2021; 83 milioni di euro per l’anno 2022; 8 milioni di euro per l’anno 2023.