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Pensionati, Inps: speranza di vita a 88 anni per gli uomini, 92 per le donne

Ecco i risultati dello studio “La mortalità dei percettori di rendita in Italia”, presentato oggi a Roma per l’Inps dal Consiglio Nazionale e dall’Ordine Nazionale degli Attuari – La longevità di chi percepisce una rendita pensionistica resterà superiore alla media generale dell’intera popolazione.

Pensionati, Inps: speranza di vita a 88 anni per gli uomini, 92 per le donne

Da qui al 2040 la speranza di vita dei pensionati di 65 anni si allungherà sino a 88 anni per gli uomini e 92 anni per le donne, con un sensibile incremento rispetto al dato attuale (84 anni per gli uomini e 88 per le donne). La longevità di chi percepisce una rendita pensionistica resterà superiore alla media generale dell’intera popolazione. Sono questi i dati più significativi emersi dallo studio “La mortalità dei percettori di rendita in Italia”, presentato oggi a Roma dal Consiglio Nazionale e dall’Ordine Nazionale degli Attuari, che stabilisce una sorta di pietra miliare per tutto il sistema previdenziale e assicurativo.

Alla presentazione, avvenuta nella Sala Mancini presso la Direzione Generale dell’Inps, sono intervenuti il Direttore Generale dell’Inps Mauro Nori, il presidente del Consiglio Nazionale Attuari Giampaolo Crenca, e per l’Ordine degli Attuari Luigi Di Falco, Massimiliano Menzietti, Piero Cocevar e Carlo Conforti.

Dai dati Istat 2012 emerge che la speranza di vita alla nascita si è allungata a 79 anni per gli uomini e a 84,1 per le donne, un dato che fa dell’Italia uno dei primi Paesi al mondo per longevità della popolazione. Ma l’Italia, anche a causa dell’allungamento della vita media, tende all’invecchiamento. Il fenomeno incide sull’economia e sul welfare, basti pensare alla riforma delle pensioni e al cosiddetto sistema contributivo: i requisiti stessi per il pensionamento e i coefficienti per il calcolo delle rendite sono determinati proprio in funzione dell’evoluzione della speranza di vita, e anche da questo tipo di previsioni e di stime dipende l’equilibrio di lungo periodo di Istituti ed Enti previdenziali.

Anche per quanto riguarda la previdenza complementare, destinata a una notevole crescita, poter disporre di dati attendibili sulla base demografica sarà sempre più importante. E allo stesso modo per tutte le forme assicurative si potrebbero migliorare i processi di risk management e determinare con maggiore equilibrio costi e prestazioni. In particolare diventa fondamentale, a questo scopo, conoscere le speranze di vita attuali e future di chi percepisce pensioni e rendite, e verificare quanto si discostano dalla tendenza media dell’intera popolazione. Lo studio del Consiglio Nazionale e dell’Ordine degli Attuari risponde in pieno a questa esigenza.

Nello studio viene analizzata l’evoluzione della speranza di vita nel periodo 1980-2009 per dipendenti pubblici e privati, lavoratori autonomi, medici, avvocati e lavoratori dello spettacolo e dello sport.

Per avere un’indicazione dell’ampiezza dei dati, il numero di posizioni oggetto di rilevazione e di analisi è risultato nell’ultimo anno, il 2009, pari a quasi 10 milioni di unità, ossia più di tre quarti della popolazione dai 65 anni in su, per oltre 142 miliardi di euro di pensioni e rendite annue erogate.

Dai dati dello studio emerge che negli ultimi 30 anni la speranza di vita a 65 anni dei percettori di rendite si è allungata mediamente dell’1% annuo, attestandosi nel 2009 a circa 84 anni per gli uomini e a circa 88 per le donne.

Lo studio riporta anche le previsioni sulla mortalità dei percettori di rendite di vecchiaia per il periodo 2010-2040. Le previsioni sono state effettuate su alcuni collettivi (in particolare dipendenti privati, lavoratori autonomi e il totale dei due), individuati in virtù della maggiore numerosità, disponibilità di dati storici e regolarità dei dati rilevati. I diversi modelli di proiezione adottati, sia di tipo stocastico che deterministico, confermano in via generale l’incremento delle longevità dei percettori di rendite pensionistiche anche nel periodo di previsione, con valori che si mantengono più elevati rispetto alla popolazione generale e che si attestano nel 2040 a circa 88 anni per gli uomini e a circa 92 per le donne.

Prima esistevano rilevazioni e previsioni soltanto sulla popolazione in generale, con un’unica distinzione tra maschi e femmine. “Lo studio che la professione attuariale oggi mette a disposizione del Paese – ha sottolineato il presidente del Consiglio Nazionale Attuari Giampaolo Crenca – ha una valenza scientifica, professionale e operativa dal momento che fornisce informazioni e dati preziosissimi sull’evoluzione della mortalità dei percettori di rendita in Italia, utili al Governo e agli operatori di mercato per le politiche e le scelte in campo previdenziale”.

Gli attuari propongono un’istituzionalizzazione dello studio, e si dichiarano disposti a portarlo avanti con tutti gli enti interessati. “Proponiamo che lo studio – ha affermato Giampaolo Crenca – venga sistematicamente e periodicamente aggiornato per diventare un avvenimento ricorrente nel settore previdenziale, riconosciuto dal Governo, allargandone ancora i partecipanti e coinvolgendo anche istituzioni quali la Ragioneria Generale dello Stato e l’Istat che già operano con ricerche e proiezioni nel più vasto settore delle previsioni demografiche della popolazione generale. Come attuari offriamo la nostra piena disponibilità a collaborare con spirito di servizio verso il Paese ed in coerenza con il valore sociale delle professioni”.

Allo studio hanno aderito enti e organizzazioni che operano in ambito previdenziale (Ania, Assofondipensione, Assoprevidenza, Cassa Forense, Enpals, Enpam, Inail, Inpdap e Inps) fornendo dati e informazioni nonché partecipando attivamente mediante propri collaboratori. Ai lavori hanno partecipato anche rappresentanti dell’Ordine degli Attuari, e vi hanno assistito rappresentanti della Covip e dell’Isvap.

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